

umana: ma non bisogna dimenticare che la maggior parte degli scrittori
di questa tendenza sono gli stessi uomini che hanno firmato i l « mani-
festo dei 121 ». Mi sembra molto più interessante in questo caso cercare
di capire perchè questi scrittori assumano un'atteggiamento radicale in
campo politico mentre nel campo della letteratura si sforzano di mo-
strare l'oggetto come una visione che non impegni l'uomo. Anche questo
è un'atteggiamento radicale, di un radicalismo del tutto opposto di quello
espresso nella politica, e non è escluso che fra i due atteggiamenti v i
sia un rapporto.
D.:
Insomma lei rimprovera al « nouveau roman » un'atteggiamento
di pura contemplatività e sostanzialmente intel lettual istico e mist i f ica-
torio che r i f i uta u n a descrizione davvero completa d i c i d che esiste.
R.: SI. I l « nouveau roman » trascura di descrivere quel che esiste
e non si vede. D'altra parte, persino nella sfera dello sguardo c'è un'infi-
nità di cose che esistono in quanto sono implicite in ciò che si vede e
delle quali non si tiene conto. Lo sguardo è una dimensione che com-
prende in fondo tutte le altre. Husserl ha detto che l'uomo è fuori, nel
monda e che ogni atteggiamento all'interno del mondo, ogni maniera
in cui è connesso al mondo, coinvolge le altre. In altri termini, lo sguardo
non è un certo modo di tenere le cose a distanza: comporta, d'accordo,
di vederle dove sono, ma anche il coglierle con l'infinità di caratteri che
ne costituiscono il peso, la densità, la minacciosità, l'energia che sprigio-
nano, i rapporti attraverso cui le evitiamo e le utilizziamo: tut to no
appartiene al mondo « esterno » e ci caratterizza in quanto siamo dentro,
non fuori di questo mondo esterno. Dunque la selezione, nell'universo
medesimo dello sguardo, delle cose che sono definite propriamente come
«viste » è la mutilazione, oltrechè dell'uomo, dello stesso campo visivo.
D.:
S i
può
di re dunque che i romanzieri del lo sguardo non sono
tali sino in fondo?
R.: Appunto. Occultano quello che non vedono al modo stesso in
cui, se ci si limitasse a ridurre un libro alle parole lette, si perderebbe
tutto: perchè, l'essenziale, i n un libro è quel che nori è detto o quel
che è detto fra le righe o ciò che è suggerito e va al di là delle parole.
Ed è questo appunto, per una specie di volontaria astrazione, che lo
sguardo sopprime ( ) Anche al t r i romanzi, non appartenenti al la
scuola dello sguardo, come per esempio quelli della Sarraute, non ci mo-
strano veri rapporti fra persone, cioè rapporti che implichino vere lotte,
vere contraddizioni, veri inserimenti in contrasti concreti: i l loro mondo
conoscibile, ma microscopico, è costituito da quei sentimenti vaghi e leg-
geri, subito apparsi e subito disciolti che per esempio uniscono in un
salotto persone ora un po' irritate, ora un po' lusingate, ora un po'
respinte, ora un po attratte dal vicino.