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il sindacato parla di unanimità, di conquiste, di vittorie che poi l'operaio

non riscontra nella realtà. Invece i l membro di C.I. è un operaio che

lavora nella fabbrica come loro, che se si sciopera corre i loro stessi

rischi, che si batte per obiettivi aziendali di cui ben si comprende la

portata.

Ma non c'è solo questo: avere abbandonato il sindacato rivela anche

negli operai una mentalità accomodatrice, una tendenza al compromesso.

L'operaio sa che i sindacati al tavolo delle trattative fanno un gioco alto,

pretendono molto e se non l'ottengono dichiarano lo sciopero, magari

a oltranza; scioperando si perdono giornate di paga e si corrono rischi;

un gioco alto se va bene va molto bene, se va male va molto male. I l

gioco della propria C.I. è invece un gioco più modesto, ma più sicuro;

un compromesso abbastanza soddisfaciente è quasi assicurato.

Questa prima assemblea comunque diede mandato alla propria C.I.

di incontrarsi con la direziolne per saggiore i l terreno e rendersi conto

se era disposta o no a trattare. Frattanto per dimostrare alla parte padro-

nale la inutilità dei suoi tentativi di dilazione l'incontro con la C. I . e

come esempio della decisione con la quale avrebbero condotto la ver-

tenza, gli operai fanno una giornata di sciopero e si astengono in massa

dal lavoro straordinario. Malgrado cité la direzione continua a guadagnare

tempo.

Viene convocata quindi per i l giorno 19 luglio una seconda Assem-

blea di fabbrica che, se si fosse tenuta, avrebbe probabilmente dichia-

rato lo sciopero a oltranza fintantochè la direzione non si fosse decisa

a trattare. Ma proprio alle 18 di quel giorno, quando all'uscita degli

operai dalla fabbrica si sarebbe dovuta tenere l'assemblea, la direzione

convoca la C.I. per discutere le richieste (questo scherzetto della dire-

zione si ripeterà altre volte nel corso della vertenza).

La seconda assemblea si tiene quindi i l giorno dopo. Inizia con

la relazione della Cd. sulle prime trattative: l a direzione si è impe-

gnata su poco, ha dato disposte vaghe, ha fatto promesse a lunga sca-

denza, ha decisamente risposto di no a varie richieste adducendo che

non sarebbero di carattere aziendale, ma nazionale. I risultati di questo

primo incontro vengono pesantemente attaccati dal sindacalista della

CISL; secondo costui i l fermo atteggiamento padronale dipende proprio

dal cedimento degli operai che non hanno preteso che il sindacato stesse

al tavolo delle trattative; esclude che accettato questo ricatto padronale

le trattative possano andare a buon fine. I l sindacalista della CGIL insi-

ste perchè si assuma una posizione ferma e si cerchi di concludere la

vertenza in breve, prima dell'inizio della campagna. L'assemblea non si

esprime molto, l a parola è quasi sempre a i sindacalisti e a i membri

di C.I.; comunque tende a negare la fretta, ridimensiona l'incontro tra

C.I. e direzione che aveva solo un valore esplorativo e rinnova la pro-

pria fiducia alla C.I. Qualora questa non sapesse trattare con successo

con la direzione si sarebbe cambiato metodo.

LA TERZA ASSEMBLEA DI FABBRICA

In seguito la C.I. incontra varie volte la direzione per discutere di

una richiesta particolare, l'applicazione integrale delle qualifiche, riven-

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