Ferdinando Ranalli - Sopra un disegno di Raffaele Sanzio rapppresentante la deposizione ...

RAPPRESENTANTE COJ,ORI'fO UA INCERTO AUTORI' DI FEIWINANDO RAN.\LLl UO~IA 'l' l l' O CO R t\ l' l A S .\ L\' l l' t: C l 13:;7 .

MAZ 0700 00166 MAZ :j801

J l Marchese G. Melchiorri dotto e gentile amatore delle buone arti volle che la sua Ape entrasse nelle camere del Ch. Sig. Luigi Vescovali, e si posasse in un vaghissimo fiore, che propriamente spuntò ne] giardino del massimo dei pittori; e perchè un disegno di Raffaele non restasse oscuro, si educò e crebbe colJa speziosità dei colori per opera di un assai valente dipintore. Del quale non sapremmo dire con certezza il nome e la patria, sebene diverse ragioni potrebbono farcelo conoscere per Francesco Ruviale , di paese spagnuolo , e detto il Polidorino dal felice imitare il suo maestro che fù Polidoro da Caravaggio. Diversi Biografi (fra i quali il Domenichi) , attestano che il Ruviale si travagl ìasse alla pittura di molti quadri ' · i cui suggetti erano tolti dai disegni di Raffaello , e che assai lodevolmente riuscisse in così fatto lavoro ; il quale fu poi specialissimo studio di lui ,

§-( 4 )~ assai tenero della gloria dell'Urbinate. Ma non sarebbe per ciò a conchiudere che il suo pennello siasi potuto anche adoperare in questo disegno se la impressione delle sigle FilA in .Gne del quadro non si acconciasse agevolmente al nome di Francesco Ruviale ( tenendo l'A per indicazion de11a patria , come se fosse Aragonese ) ; al che pure si accordano l'indicazione dell'an. M. D. XXVI. posta do· po le tre lettere FRA ed il monogramma , il quale vedesi chiaramente comporsi dei primi elementi del suo nome. II. Circa poi la validità del disegno , come uscito dal1e mani di Haffaello , pare non doversene muovere alcun dubbio conservandosi peravventura l'originale nel real museo di Napoli ed avendo impresse le solite lettere V. I. significanti Urbinas invenit , come osservasi in molte stampe di :Marcantonio d'invenzione del Sanzio: E quì non sarà inutile assapere che la gran mente dell' Urbinate a chiunque la richiedeva aprivasi generosamente , e con mirabile agevolezza soccorreva alla povertà di certe fantasie non potenti che a ben condurre Ie altrui invenzioni ; Onde spesso ci occorre vedere alcuni suoi disegni o pensieri messi giù in carta perchè da altri si operassero in tela. E questo nobilissimo desiderio di crescere il patri-

D{ 5}Q monio delle arti, appianando agl'_ingegni mezzani la via di far cose durabili , era degno di quel raro spirito, il quale, disperando ogni invidia , pareva come sciolto da qualunque umana viltà. Così un tale esempio si rinnovasse a' dì nostri fra gli artisti! i quali perpetua e spesso ingiusta gara di opinioni e d' interessi mantiene divisi ed ansiosi di nuocersi l'un l' altro ; tal che i meno robusti per levarsi con forze proprie, senza l' ajuto de' piu eccellenti , o nulla fanno o di sconcezze empiono le loro opere , e i valenti, oltrechè si rimangono in molto scarso numero, ricusano vilmente quell'altissimo , ed immortal onore de· passati, di fondare { cioè ) ed istituire diverse scuole , le quali, senza che l'una ripugnasse all' altra , avessono a gareg·· giare per distinguersi ciascuna in qualche special magistero dell'arte. Così a' Veneziani fu vanto di perfetto colorire , ai lombardi di squisito ombreggiare , ai bolognesi d'inventare e comporre con sapienza, ai fiorentini di ottimo disegnare e delineare con verità , e schiettezza , ai Uomani ( che è proprio la scuola di Raffaele ) fu gloria di riunire in uno quelle virtù che negli altri distintamente primeggiavano ; quindi è che ciascuna scuola ricorda il carattere suo proprio , e porta m se un'impronta di special perfezione.

§o( 6 ){1 III. Il quadro che intendiamo qu l discorrere porge a vedere il momento che la sanguinente spoglia del Salvatore vien diposta dc1la Croce. Suggetto di maravigliosa pietà, e veramente degno di una religione che deriva dal cielo il suo regnare: Laonde reputeremo uffizio santissimo della Chiesa che mantiene viva all'adorazione dei fedeli quell' augusta ed affettuosa ceremonia , e col decoro delle imagini apre nobilissimo arringo alle arti belle perchè dell'opera loro adornino splendidamente la maestà del Culto, che è grandissima parte di esempio a11a felice istituzione delle civili e morali virtù. Di quanta dolcezza infatti e divota riverenza non empiono la mente ed il cuore i dipinti di Lionar· do , di Andrea del Sarto, e dello stesso Angiolo di Urbino? chi porse loro suggetti che meglio sollevas· sero il pensiero a11e idee Ji un bello eterno, e celestiale se non la religione , che uscita dalla rozzezza delle prime età perchè ( avanzando i secoli nella civiltà e gentilezza ) non paresse vile e spregiabile allo svariato intendere Je' popoli s'inalzò anch'essa alla dignità dei tempi, e si coprì di quelle de· gne e lucidissime vesti che pur le convenivano siccome a figliuola eletta del Cielo . Oh! così la brevità , alla quale è forza che io o~bedisca , non mel vietasse , come volentieri parlerei di questo bene ,

g)-( 7 )<f e per entro mi allargherei a quella adorabile quantità di subbietti, che la religione mercè dell' ingegno e delle sante cure di romani pontefici , diede alJe arti: ma di questo, che è pur uno de' più teneri , non devo passarmi , poichè esso vagheggiarono, e dipinsero i più famosi nell'arte. IV. Pietosissima tutta è l' istoria de' patimenti, che per trentatrè anni la terrena vita di Cristo acutamente aspreggiarono. E i tradimenti , e i vituperi , e gli scherni, e i flagelli, e le battiture , e le angoscie, e le spine , e i tormenti dell 'asprissima e durissima croce sono lacrimevole materia deJJa quale tanto adorabilmente si giovarono le buone arti : ma la pietà da lunga e tormentosa passione alimentata giunge come al suo colmo quando lo scarnificato corpo del Salvatore ( poichè avevano i giudei disbrama ta ogni voglia di crudeltà , sì che incominciavano i duri petti a commoversi ) vien tolto dall' indegno patibolo per essere chiuso nel sepolcro. Parve in quel momento che il dispetto e la rabbia di quegli empj e crudeli e malvagi cuo- :d sfumasse in un terribile ed uni-versale sbigottimento! Non credo che la piltura possa d' altronde figurare una scena di maggior tenerezza e divozio- .uc. Però non tulli colsero l' istesso momento, nè #

~( 8 )<§ da tutti uscì egual composizione. Altri imaginò trat· ta giù della Croce la spoglia del Nazareno , ed accolta nelle braccia della trangosciata Madr~;; : altri figurolla nell'atto di essere iovoltolata entro candido lino. Piacque a molti , e tra questi allo stesso Raffaello, dipin_gerla portata a chiudere nel sepolcro con le divote Marie in gravissima ambascia atteggiate. In questo disegno il Saozio diè vita ad un pensiero novello; dal quale si pare comporsi meglio a maestà l'insieme del quadro, in cui veggonsi incarnati più oggetti di affettuosa rimembranza. v. Tostochè il mansuetissimo Gesù diede l' estre- . mo fiato , trassero dalla Giudea i due pietosissimi discepoli Nicodemo e Gioseffo d' Arimatea , ed a Pilato richiesero il corpo del tlivino maestro per dargli pronta sepoltura. Non dissentì a quest' uffizio di estrema pietà l'iniquo e vilissimo giudice, che già vedeva empiule le disordinatissime volontà e crudeli desideri de' suoi cittadini. Ora volgiti al quadro. Vedi il feral monte, sulla cui cima sta ancora i nalzato il segno dell' umana redenzione. L' aere da spessi nugoli interrotto e qu~si gemebondo annunzia essere il luogo dove il Signore dell'universo consumò il calice di amarissima passione. Aguzza gli occhi a qualche distanza nell'indietro della scena. Ti apparirà come

~( 9 ). in pauroso silenzio sepolta la ingrata Città di Gerusalemme. lngratissima veramente! Che non fece il tuo Dio per impedire che non avessi a rovinare ! tu il flagellavi barbaramente ed egli volto al cielo chiedeva il perdono alle tue crudeltà; con voce di forsennata il gridavi il volevi morto , ed egli con amorosissima prece implorava dal padre la tua salute. Oh! cl1e terribile cosa ]a ostinazione ! Bisogna dire che ti cogliesse sazietà de' benefizii ricevuti , e ti nascesse disperata brama di vedere in te sfrenarsi lo sdegno dei cieli! VI. Ma i nostri sguardi richiama l'arbore della Croce, sotto le cui braccia poggiano da terra due scale: nel sommo, e nel mezzo di esse quattro persone in diverso atteggiamento intese a schiodare, e diporre il corpo di Gesù. Il quale col braccio sinistro penzolone vedesi in mezzo come abbandonato e riverso al suo dilettissimo Giovanni , che · su per la scala (nel lato destro del quadro) sospingendosi protende con grande ansia le mani per ah· bracciarlo. Quanto affetto quanta graziosa carità spirano dal volto del fedelissimo discepolo , che fa della sua fronte puntello al sacratissimo capo del Nazarcno , e vorrebbe tutto recarselo nel petto , e giù tirarlo dell'infame patibolo! Ma al buon Giuseppe d' Arimatea , che poggia superiormente sul canto

~( 10 ){3 destro della Croce, resta ancora di sconficcare l'altra mano. Non è a dire con quanto cara divozione il piacevolissimo vecchio si sforza di trarne colle tanaglie il ben calcato chiavello, e come 1a sua pastura e movenza si equilibri all'altra estremità della Croce: dove il suo compagno Nicodemo co' piedi soffermi al sommo della scala, sospendesi a metà del corpo col tergo assai ricurvo e prolungato per aggiungere colle mani a sorreggere ne' fianchi il corpo divino: al che non basterebbe il solo sostegno di Giovanni, e di un' altro divoto che nel mezzo della scala (nel Jato manco del quadro) ac· coglie nelle mani e sostenta i sacrati piedi. VII. Di questo divoto non saprei dire chi abbia voluto figurare il Pittore : al volto al vestire sembra ebreo. Vi sarà chi voglia giudicarlo persona che stia quì inutilmente , massime che l' istoria non ci parla che de' soli Giuseppe d' Arimatea e Nicodemo? Ame pare che alla maestà e piramidale equilibrio del quadro molto giovi la figura di quel divoto: parmi altresì che non disconvenga alla dignità islorica, non essendo vietato ai pittori, come ai poeti, d' imaginare tullo quello che serve temperatarnente ad accrescere l'interesse del fatto , e trarne miglior frutto pe' riguardanti. Non ci dice l' Evangelio che S. Giovanni accor·

g).( 11 )~ resse alla diposizione della Croce; eppure chi non vorrebbe vedercelo, chi non gradisce che il più fedele ed amoroso discepolo si levi anelante per accoglie· re il primo nelle sue braccia la cara spoglia del suo maestro come in atto di sclamare : a me a me questo corpo sacratissimo .... io colle mie mani laverò queste piaghe .... lasciate che sulla mia fronte si riposi l'adorato capo da pungentissime spine trasfis· so .... lasciate che al mio stringa il suo seno iniquamente lanciato, e da percosse e lividori intenebrato tutto quanto .. . . Oh! mio Gesù: quale ti riveggio, quanto mutato da quello che tra le palme e i tripudii entrò in Gerosolima. Come è squallido e tutto pesto e sozzato di sputi il tuo volto .... come la tua virginissima e beata carne è tutta divelta, battuta, sprazzata a rihocco di sangue •... Tanto dovea costarti la redenzione dell'uomo, tanto il desiderio di scamparlo da morte! me lo dicono sì queste braccia che tenesti lungamente distese agli estremi della Croce ·aspettando l'infelice che traviò .. . Lungi che tu l'avessi discacciato, lungi che tu avessi disvoluto la sua conversione.. ! Sarehbeti stato men grave tornare in Croce a morire e tutto il prezioso sangue rifondere che vedere un solo, lungi dai tuoi occhi , andar perduto : chè solo si fosse mostro pentito! come fu del huon Ladrone, lo avresti teco menato a salvamento. O clementissimo Gesù , chi potrebbe ricamhiarti di

~ 12 )-@ tanto amore, di tanta smisurata bontà! Vieni mio Dio , mio tutto , affidati alle braccia del tuo discepolo . . . . che non sarà più che da te mi divida, o dolcissimo amor mio: spargerò di preziosi unguenti queste lacere membra, comporrolle devotamente nel sepolcro, ed ivi rimaromrni finchè non verranno gli Angeli a recarsele in Paradiso .•... Chi attentamente riguardasse nel volto e nella mossa del S. Giovanni , facilmente imaginerebbe dalla bocca di lui ( lievissimamente e dolcemente dischiusa , come nelle forti passioni) sprigionarsi queste dolenti note. È pur l'estrema potenza o magisterio sommo dell'arte che dalle attitudini degli occhi, delJa bocca, del volto possa accogliersi discretamente nella imaginazione il senso di molle parole. Nella faccia del Salvatore composta a beatissima tranquillità ayvisi di un colpo che è morto non già un'uo. rno, ma un Dio. Sia pure che gli strazii J' abbiano affievolito , ed oscurato. Vi spira sempt·e il soffio della divinità fatta paziente fino alla morte per meglio tl'ionfare dei nemici dell'uomo. Io vorrei che gli artisti considerassero bene in questo esempio che i grandi maestri d'ogni età ci lasciarono, d' informare, cioè, le sembianze secondo la natura che vestono i suggetti. Chi abita e regna ne' cieli vpol rappresentarsi con una non so quale mirabile divarietà di chi vive e si travag\ia in questa misera terra. Difficoltà immensa, non vi è dubbio , in

g)o( 13 )~ che massimamente spicca l' ingegnosa filosofia delle arti. Sarebbe lunghissimo voler d iscorrere r opportuno collocamento e la nobilissima acconciatura delle pieghe di queste figure , le quali , meno il Salvatore che appar tutto ignudo , si vestono di una tunica. Darai facilmente degli occhi nel ricco am· manto di S. Giovanni, al quale saliente frettoloso per la scala , onde avvenirsi d'un tratto al suo maestro, raggruppasi bellamente per l'aria senza che si sconci con isvolaz:zi e difformità. VIII. D' infinita pietà e santità di volti e di azioni ci fu specchio la sommità del calvario : scendiamo ora alle falde ( nel disotto del quadro ) che non meno c'incontreremo in subbietti di maravigliosa tenerezza , e piangeremo al pianto delle Marie che stanno cordogliandosi intorno alla Vergine Madre , la quale accolta nel seno da una di quelle tre divote , siede come impietrata nel suo dolore. Vorrebbe rattemperarne la immensa foga la bella e pietosa Maddalena che le sta dinanzi ansiosamente prostrata, e colJa mancina le sorregge l' affievolito capo. Non è possibile ritrar con parole con quanta grazia di affettuosa doglianza gli occhi della Maddalena si .fissano nel volto scolorato di Maria ; bellissima anche nel suo trambasciamento , ma

f>( 14 )·G d' una beltà che ti sforza a lagrimare, e ti ram· memora subito di quante punte è trafitto quel cuo· re , in cui si ringorgano e rimescolano i patimenti e le angoscie del divino unigenito. IX. . Accrescono la pietà della scena le care lagrime dell'altra Maria, chè rincontro ginocchione e colle mani sotto il mento sta dogliosamente rimiran- ® la vergine , e mille affettuose cose vorrebbe par· ]ade. Oh! Madre mia , a quale stato di amara deso· ]azione sei condotta . . . . come in te il vaticinar di Simeone empissi tutto .... Come realmente sei posta sconsolata tutto dì e ripiena di amaritudine .. .. Oh ! potessi io alleggiarti l'anima di quella macina di martiri che t'opprime d'ogni parte . . . . . Ma alla devotissima donna il dolore tronca le parole di mezzo alle labbra , le quali vedi rimanersi socchiuse ed immote. Oltre la tunica si copre di nn ricco manto che <la11a metà de1la testa ( anch'essa discapigliata) verso gli omeri le scende in bell' acconcio di pieghe fino a terra , se non che il piè sinistro conservasi ignudo. Anche la Vergine, oltre la tunica, vestesi dalla cima del capo sino ai piedi ( meno il sinistro che è nudo ) di un largo manto , il quale però non impedisce che si mostrino le braccia per indicare l'estrema lassezza : Abbandonate al loro

~( 15 )~ peso cascano giù: sopra le ginocchia compiegate il mancino : sul terreno colla mano leggermente chiusa il destro. Oh! quanto caramente è pietoso quell' abbandono! Gli occhi di Maria non piaugono, sì ella dentro impietrò , ma si accasciano morbidamente, e volgono al suolo; dove ahi ! vedono sparsi i chiavelli che furono tratti dai pielli e dalla sinistra mano del Redentore, vedono il serto di spine che le sante tempia strinsero e squarciarono , vedono le strade scalpitate da' cavalli, e listate del sangue che a rivoli piobbe dalle benedette carni : da quelle carni ch'ella ingenerò e tenne chiuse nel suo ventre purissimo , che partorì e lattò con tanto amore , che riposò nel suo petto ed abbracciò sì spessamente e dolcemente. Oh ! quanto non è possibile comprendere l'acerbità delle sue pene ! Però io stimo non potersi figurare alla vista meglio che non ha f.1tto quì Raffaello, che proprio si è travagliato di concitare forti e generosi affetti di straordinaria pietà. x. Alla invenzione composizione e disegno maraviglioso risponde il colorito? Certo a molti verrà il desiderio che avesse ricevuto da Raffaele anche il colore ; ma io credo se il Sanzio avesse guardato questo dipinto non avrebbe forse lamentato il prezzo del suo lavoro, nè avrebbe trovato indegna

Dt 16 lo@ la freschezza, ed armonia delle tinte : assai vive e gagliarde, che ti fanno ricordare cle1Ia scuola napolitana. È desiderabile però che il pennello fosse corso per la tela più franco e sicuro ; massime nelle pieghe, dove scopresi un andar soverchio minuziando come per timore che non sia finito. Il che pur veg~ giamo dei nuovi nell'arte, ai quali è forza andar lenti e misurati sulle orme del disegno; che la mano verrebbe manco al bollore della fan tasia , la quale facilmente e prontamente accoglie e finge in se la natural vaghezza e varietà de' colori. Lodahilissimo parmi la distribuzione della luce che viva e libera si diffonde gradatamente per tutto il quadro. Subito a prima vista la dirupata balza del Calvario , sulla cui cima assai spiccato il legno della Croce : le quattro fi gure intente a diporre )a spoglia divina e ciascheduna acconcia a quell' u.ffizio. Le quattro figure delle donue a piè del tronco distintissime e tondeggianti : tutto questo molto innanzi, e benissimo rilevato perchè in fondo appaja, senza che l'occhio fatichi molto , la Città di Gerusalemme: cui dalla parte opposta , più in fondo del quaùro, circondano campagne aridissime e disat·borate: qualche pianta come da folgore percossa e sfrondala sorge in un angolo di quei dirupi. Il resto è mulo silenzio e squallore estremo. Il cielo fosco e turbiuoso: l'aria crassa di maligni "Vapori e premente : tutta in somma la scena del

~(17 )~ campo con molta naturale imitazione lumeggiata e distinta. Xl. Non intendo che le mie parole bastino a far conoscere i pregi di questo quadro. Che io non artista e men che mediocre scrittore non ho potuto che appena adombrarne Ja molta e variata bellezza. Laonde ringrazio il mio dolcissimo ecl ottimo Melchiorri che mi ha procurato il piacere di parlarne per quanto la insufficienza del mio ingegno e de' miei studi il comporta.va: e se le parole mie non fossero del tutto spregievoli vorrei anche p1·egarlo che il suo nobilissimo giornale a quando a quando si adornasse di qualche lavoro poco veduto del Sanzio. Il che sinceramente piacerà a tutti, ma ne godrà maggiormente Roma , dove quel divino ingegno, all' ombra santissima del Pontificato crebbe in eccellenza di arte e salì a quell'altezza di celebrità in che il mondo non barbaro lo ammira. Non è questo nè il luogo nè il tempo : chè di buon cuore mostrerei come Roma sopra ogni altra Città è stata sempre il miglior asilo delle buone arti per una serie non interrotta di occasioni , rese felicissime dalla virtù de' sommi Pontefici .J i quali ( come io dapprincipio mi avvisava ) seppe· ro mai sempre ottenere che le arti e la religione di scambievoli uffizii si ajutassero cd afforzassero

§o( 18 )~ per forma che le une affetto ed utilità morale; l'altra dignità e venerazione ricevesse. Ma se quì Ja brevità a1la quale convien servire non mel consente, spero in un'altro lavoro che ho tra le mani mi verrà in acconcio di soddisfare largamente a questo mio desiderio senza che alcuno possa querelarmi di adulazione. Chiameremmo · -adulatore, per venire ai tempi nostri, chi dicesse che anche oggidì niun principe di Europa soccorre di tanta beneficenza alle arti quanta ne riceviamo dal Pontefice nostro , dal benignissimo e sapiente GREGORIO XVl.? E dovt: maggior numero di artisti , e di splendide ordinazioni ? dove più ricchezza (e recentissima ) ncJie Chiese e ne' Musei? Materia è questa della quale può e deve onorarsi qualunque scrittore tenga cura delle arti e della vera gloria italiana.

1!\IPRil\fATUR. Fr. DoiJI. Bottaoni S. P. A. 1\lag. IMPRIMATUR .'\.. Piatti Archicp. Trapcz. Viccsg.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==