

1897
28.
Salvemini a Filippo Turati
Molfetta, 19 agosto 1897
Pregiatissimo signor Turati,
ho ricevuto le quarantacinque
lire, prezzo del mio delitto, e La rin–
grazio dei quattrini e della Sua complicità nel mio misfatto; perché di qui
non si sfugge: se gl'imolesi non la perdoneranno a me che ho detto sul loro
conto tutte le atrocità, delle quali oso appena ricordarmi, non la perdone–
ranno neanche a Lei che quelle atrocità ha pubblicate, anzi
tenute a
battesimo. Cosf sarò in buona compagnia.
Le legnate a Molfetta non le ho avute, ma ho una paura maledetta
di doverle avere. Per la imprudenza
del compagno che lesse e corresse
il manoscritto, il segreto di
travet
è il segreto di pulcinella. Ho suscitato
un vespaio indescrivibile. Destri, sinistri, radicali sono furibondi; dei ma–
rinari e dei professionisti non Le parlo; i radicali han dato a intendere ai
marinari che io li ho detti tutti cornuti! Si figuri che piacere! Io faccio,
per quanto mi
è
possibile, il superuomo; ma quando vado a passeggio
sul porto, mi guardo sempre le spalle; perdio, chi può impedire a qual–
che marinaro di buttarmi
in mare e di domandar poi la scusa della pro–
vocazione grave?
A Bologna purtroppo non potrò venire; son legato qui, nuovo Pro–
meteo, sugli scogli procellosi della mia famiglia; e l'aquila, anzi le aqui–
le, che mi rodono il fegato, sono le banche e i creditori. Meno male
che hanno ancora poco da rodere; son venuto qui appunto per vendere
gli ultimi campicelli aviti, estirpare tutti
i chiodi che potrò, e gli altri
chi ha avuto avuto
[sic]
e chi ha dato ha dato; io non ammetto l'ere–
dità della proprietà, si figuri se voglio ammettere l'eredità dei debiti! Ora,
per quanto mi affretti, non mi riescirà di proletarizzarmi
prima degli
ultimi di settembre. Ancora per un altro mese, perciò, mi tocca vivere
fra
le carte bollate; e il congresso di Bologna
lo seguirò col pensie–
ro. E nel congresso, quando Lei si annoierà a sentire la discorsa dei pic–
coli borghesi, si conforti al pensiero che in quel momento un altro pic–
colo borghese scompare dalla faccia della terra; anzi nove altri piccoli
borghesi, perché -
horresco ref erens
-
noi siamo nove figliuoli.
I socialisti di Molfetta Le saranno obbligati, se Ella, a Suo comodo,
si occuperà di quel che Le scrissi nell'ultima mia lettera.'
Presenti
i
miei saluti alla signora Kuliscioff.
Come Le era venuto in mente lo stralcio? clementi numi! ma voleva
proprio che gli imolesi mi ammazzassero?
28. CT. Ed.
in
Tt<ratì,
pp. 144-145.
1
Cfr. doc. n. 26.
BibliotecaGino Bianco
61