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Carteggio

ci saremmo ribellati ... contro De Felice sempre. Perché? Perché De Felice

per il suo passato confusionario, per il suo carattere, per la sua vita pri–

vata non ci è simpatico e non ci rassicura; De Felice non è uomo da

ubbidire,

vuol comandare, vuol fare a modo suo e nella votazione, men–

tre Agnini votò in un modo, si fece indurre da Cavallotti' a votare al–

trimenti. Questa è stata l'occasione perché scoppiasse il dissidio. Ed

io

sono contentissimo di essere stato uno dei primi a suscitarlo. Infatti De

Felice ha fatto un discorso a Roma, in cui l'ha rotta definitivamente con

noi. Secondo lui vi sono due specie di socialisti: gli... scienziati (e siamo

noi) che fanno bene a essere intransigenti;

e i rivoluzionari

(ed è lui)

che devono fare a modo loro; e si è dichiarato contento di essere scomu–

nicato dagli scienziati. Buon pro gli faccia.

Dunque qui non si tratta di transigenza o intransigenza

in astratto:

si tratta di un deputato, che si dice socialista, e che dichiara di non cre–

dersi obbligato a seguire la disciplina del partito. Noi

l'abbiamo messo

fuori. Lui per la sua strada, noi per la nostra. Vedremo chi si romperà

prima

le corna; se lui col suo confusionarismo e colla sua smania di

gettare masse di contadini contro i fucili e contro la galera; o noi, che

pur non

rifuggendo

da una

rivoluzione

violenta quando

il successo

fosse sicuro, sentiamo per ora il bisogno di star quieti, organizzarci

f

er–

reamente,

e non dar pretesto a reazioni con i nostri moti

inconsulti, e

preparare la rivoluzione vera e non la rivolta buona solo a far guadagnare

medaglie agli scappati da Abba Garima.

Lei dice che noi, evoluzionisti

in scienza, neghiamo

l'evoluzionismo

in politica, perché odiamo il meno peggio e amiamo

il peggio. Ricono–

sco che il modo come ci comportiamo può apparentemente dar ragione

a questo rimprovero, ma in realtà il rimprovero non è giusto. Certo tutti

dobbiamo preferire

il meno peggio al peggio; ma noi per evitare oggi

delle ripercussioni e dei dolori -

del resto non

troppo grandi

-

non

dobbiamo compromettere

il carattere,

la forza, l'avvenire del nostro par–

tito. Noi non possiamo fare come l'indiano che oggi cede l'amaca per

un pezzo di vetro e domani non saprà dove dormire. La persecuzione

non la vogliamo; ma se c'è pericolo che venga, noi non dobbiamo per

evitare la persecuzione rinunziare a una parte qualunque del nostro pro–

gramma e della nostra tattica di lotta o, se meglio Le piace, di odio di

classe. Non Le pare che io abbia ragione? Che figura per esempio farem–

mo noi, che tiriamo

la nostra forza dalla lotta di classe, se domani per

non far ritornare Crispi al governo, andassimo a predicare ai contadini

e agli operai che è necessario votare per i rudiniani?

Secondo la teo–

ria del meno peggio noi dovremmo fare proprio cosL

La

teoria nostra è

diversa: noi si va per la nostra strada e la borghesia ponga pure al go–

verno Crispi o Rudini; se con Rudin1 ci lascerà una relativa libertà, tanto

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Felice Cavalletti

(1842-1898), deputato di estrema sinistra per

le

legislature XI-XX nei

collegi di Corteolona, Piacenza, Milano e Pavia.

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