

Carteggio
l'hai accentuato, e c10 mi fa temere che tu non abbia apprezzato,
nel loro giusto valore, gli argomenti che io e Prezzolini ti abbiamo fatto
presenti, per quanto si può fare per lettera.
Anzitutto fra me e te non c'è nessun disaccordo nel criterio fon–
damentale a cui
tu
t'inspiri: "dover noi, cioè, fare ad ogni istante, ciò che
· riteniamo utile ad evitare danni futuri alla nazione." Di ,piu ti dico che
io,
personalmente,
credo che la
Voce
non possa sottrarsi al dovere di agire
in tale senso, sopratutto in occasioni gravi e pericolose; e che il direttore
possa, in simile circostanza,' assumere la propria responsabilità di fronte al
gruppo degli amici, salvo a chiarire poi la propria condotta, ottenendo
una approvazione o disapprovazione in base alla quale sappià se deve re–
stare o andarsene.
Ma nel caso attuale non si tratta di una questione di princ1p10 o
di criterio fondamentale; ma soltanto di un apprezzamento della situazio–
ne che noi vediamo diversamente. Tu credi che la questione di Tripoli
sia soltanto una questione economica; e di piu che l'Italia va a Tripoli
sospintavi da una campagna di menzogne, da una montatura in malafede.
Io invece, e dall'esame completo della stampa a cominciare dai giorni che
precederono'
\'ultimatum
(frequento Vieusseux), e da riflessioni personali,
e da informazioni, ho tratto due convincimenti:
1)
che la questione
di Tripoli è oramai prevalentemente
politica,
e che il lato economico
di essa tornerà a mostrarsi solo quando la questione politica sarà stata
risolta; 2) che il governo è andato a Tripoli, niente affatto sospintpvi
dalla montatura nazionalista, poiché sapeva come stanno in realtà le
cose
(il
suo punto di vista risulta dagli articoli Mosca, ed è confermato
dal discorso di Torino); ma sospintovi da una necessità politica alla
quale non poteva sottrarsi.
t
ormai certo, infatti, che fra un anno, al
piu, la Tripolitania sarebbe stata tedesca: la qual cosa un governo ita–
liano aveva il dovere di evitare. Questo e non le chiacchiere di Piazza,
Corradini e compagni, ha deciso l'impresa.
lo ti chiedo di prendere in considerazione questa mia affermazione,
e
di giudicare se, dato ch'essa sia vera, tu ti senti di continuare ad impo–
stare la questione come hai fatto finora.
Io
non ti chiedo di credermi in
parola: tu vai a Roma; informati. E poi ne riparleremo. Ma se tu non vuoi
prendere atto di questi elementi di fatto, non devi maravigliarti che il tuo
insistere sul lato economico, o sulla montatura, ci sembri inopportuno e
non rispondente alla situazione effettiva delle cose. Ed allora tu vedi che
non si tratta di una divergenza di principio; che tu non hai contro di te la
cultura oziosa etc., etc., ma che vi è una divergenza di vedute positive;
che insomma il non parlar di Tripoli nella
Voce
non significa sfuggire
alla questione, ma soltanto prendere di fronte ad essa una posizione diversa
da quella che tu credi migliore.
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1
Amendola:
"simili circostanze."
2
Amendola:
"precedevano."