

Carteggio
al minimo i danni locali dell'impresa, fermandoci ai punti piu adatti della
costa, non inoltrandoci se non dopo avere sul serio studiato il paese, ri–
fiutando ogni prestito o spesa che dissangui l'Italia per arricchire la Tri–
politania, i tripolini lavoreranno per spingerci all'interno. Il successoprimo li
inorgoglirà. E continueranno a mentire ricchezze che non esistono. E vice–
versa noi dobbiamo parlare e dire la verità:
1)
affinché in caso di insuccesso
appaiano bene le responsabilità, 2) affinché in caso di successo militare e
diplomatico
il
paese stabilisca
a ragion veduta
il suo programma d'azione
laggiu.
Bisogna parlare
subito,
mentre si combatte, per preparare gli animi.
Le
idee non s'improvvisano dalla sera alla mattina. Se la falsificazione del
carteggio Crispi l'avessimo scoperta e dimostrata venti giorni or sono,
oggi non
ci
sentiremmo continuamente citare nelle discussioni private l'au–
torità del Rohlfs. Se diciamo "finché si guerreggia, dobbiamo tacere," non
parleremo mai; perché si guerreggerà per un pezzo. Dopo i turchi verranno i
senussi e gli arabi, contro i quali andremo a dar di cozzo, se lasceremo che
i giornalisti continuino senza controllo a far credere che il paese è favolosa–
mente ricco e che pericoli non ce ne sono. Ci s'è messo, ora, anche Bo–
nomelli! L'impresa ha potuto iniziarsi, perché tutti hanno taciuto. Non si
fermerà, al momento opportuno, se tutti continueranno a tacere sol per–
ché "il dado è tratto."
Bada: io non dico che la
Voce
debba prender posizione. Dico: lasciate
che prenda posizione io, sotto la mia responsabilità. E se alcuno fra voi
crede che io abbia torto, mi combatta sulla
Voce.
Discuteremo: studiere–
mo. Quel che non posso inghiottire, è che io debba tacere: cioè debba
rendermi complice silenzioso delle falsificazioni altrui.
Se ci fosse un altro gruppo, a cui potessi unirmi, io parlerei su un
altro giornale, sotto la mia responsabilità personale. Ma non esiste giornale
che io reputi degno che io ci scriva su. La
Voce
era il solo giornale, in cui
mi sentissi a mio agio. Ma oggi una parte degli amici della
Voce
trova
che io devo tacere su ciò che credo piu urgente dire: essi trovano piu
opportuno occuparsi dei cipressi di San Guido che di Tripoli.
Io
taccio;
ma taccio del tutto.
E con questo arrivo al problema piu generale.
La crisi tripolina non è che il momento saliente della cns1 gene–
rale della
Voce.
Si, tu hai ragione: i gruppi della
Voce
non sono due,
sono dieci, sono venti:
siamo tutti persone in margine dei gruppi.
Ma que–
sta vigilia d'armi non può essere eterna. Sentiamo tutti, dopo tre anni di scher–
maglie, il bisogno di conchiudere, di fissare un'azione, di essere un gruppo.
Questa è una crisi. Occorrerà che a un certo punto alcuni di noi si divi–
dano dagli altri. Anzilotti dice: fissiamo due, tre idee, ed agiamo. Molti di–
ciamo cosf. Altri pensano che si debba continuare come nei tre anni passa–
ti; non vogliono classificarsi; trovano che la politica non merita le loro cure;
essi vogliono ricercare solo una morale letteraria e filosofica: un articolo cri–
tico del
Marzocco,
fatto a base di soffietti e di adulazioni, li invita di
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