

Carteggio
torno alla "coltura," a quella maledetta coltura irreale e inattuale, che è
stata la rovina d'Italia.
È
evidente che non è possibile andare piu a lungo insieme. Occorre
intenderci, e caso mai, dividerci.
Venendo al sodo, ti dirò molto pragmatisticamente come vedo le
cose.
Io
ti mando con questa stessa posta un articolo sulla
Terra promessa
di Piazza; e poi spero di mandarti d'altro su Torre
5
;
e poi... non si sa.
Se tu credi di mettere da parte questi articoli, perché pieni di cor–
bellerie, io non ho nulla da ridire. Se invece di pubblicare essi, pubblichi
- fin che dura lo stato attuale - articoli per la conquista tripolina, poco
male: quel che occorre è che il problema sia sentito e discusso come il
problema unico vero di oggi. E in tutti e due i casi io continuerò a colla–
borare alla
Voce.
Ma se, invece di pubblicare articoli su Tripoli, la
Voce
fa della "col–
tura" semplice, pubblicando articoli su qualche vecchio ignoto generale am–
brosiniano, o magari sul suffragio universale o sulla questione meridio–
nale - che
oggi
sono letteratura - io ti prego di considerarmi come
uscito dal gruppo degli "amici della
Voce."
Continueremo a rimanere ami–
ci personali. Ma non potremo piu collaborare a un'opera comune. E ti
pregherei, in questo caso, di non pubblicare nulla dei manoscritti miei
che tu hai, e di rinviarmeli.
Ho pensato ventiquattro ore prima di scrivere questa lettera. Oramai
io non ho piu nulla di comune col Partito socialista; e non aspetto che
un'occasione dignitosa per staccarmene ufficialmente. Pensavo di trovare
nella
Voce
un gruppo di uomini, che mi facessero obbligo di continuare
a lavorare per gli altri, mostrandomi la possibilità e perciò il dovere di un
lavoro associato, cioè del solo lavoro oggi utile.
Se
dovrò riconoscere
che neanche gli uomini della
Voce
appartengono a quel tipo umano, a
cui posso associarmi, o che fra essi noi siamo troppo pochi per potere
agire con speranza di utilità pratica, io mi ritirerò a vita privata. Cer–
cherò di essere utile al paese con la produzione scientifica. Finché ho spe–
ranza di essere piu utile altrimenti, devo rimanere al mio posto, a qualunque
patto, sacrificando le mie preferenze personali. Se la possibilità di un'azione
politica e morale efficace mi vien meno, e io mi sento solo, ·allora na–
sce in me un nuovo dovere: non sperperare quel po' di forza che ho in fa–
tiche vane, rinchiudendomi nella cerchia dei doveri individuali, e cercare
di compiere piu intensamente l'opera scientifica, da cui l'attività politica
continuamente mi distrae.
Va da sé che se pubblichi altri miei articoli tripolini, sei padrone
di mettere la mia firma o quella della
Vace.
Ti prego di non pubblicare niente altro, finché non sia chiarita la
po–
sizione.
5
Cfr. G.
SALVEMINI,
Come si fabbrica una "terra promessa,"
in
!'"Unità" dell'8 giugno
1912,
p.
103,
ora
in
SALVEMINI,
Come siamo andati in Libia,
pp.
183-187.
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