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1910

da qualche parte ed attaccar battaglia subito. Il momento è opportuno.

Tu chiama a raccolta qualcuno; muoviti, se t'è possibile; dividi il lavoro

come meglio puoi, confida sull'imprevisto e sugli aiuti della fortuna, ser–

viti di me come meglio io possa, ma (non occorre subito) scrivimi af–

fidandomi qualche mandato preciso ed avvertendomi che la battaglia ri–

comincia.

Io,

ad ogni modo, comincerò qui il fuoco, anche da solo. Son

certo che ne andrò con la testa rotta. Ma sento che bisogna fare cosi.

I miei

ti

sono grati del ricordo, io t'abbraccio.

274.

Salvemini a Giustino Fortunato

Firenze,

29

ottobre

1910

Carissimo,

ti sarei molto grato se tu facessi per me

il

sacrificio di scrivere

al Bissolati. Ho bisogno di un intermediario, che al momento opportuno

possa attestare della correttezza scrupolosa e disinteressata della mia con–

dotta.

Se tu vai a Roma presto, puoi attendere a parlargli. Ma carta canta.

E ad ogni modo vorrei non perdere tempo. Se la mia proposta gli per–

viene quando il Luzzatti si sia già definitivamente e pubblicamente im–

pegnato sull'art. 100, essa non servirà piu a nessuno.

Se la mia lettera ha nella forma qualcosa di acre, mandane al Bis–

solati una copia, dopo averne soppresso tutto quanto ,possa personalmente

urtarlo; purché resti ben chiara l'idea che non ritorno all'assalto per riattac–

care un'amicizia finita, ma semplicemente per dimostrare che la fine di

quest'amicizia non è imputabile a me.

Anche se non ci fosse altro, il discorso fatto dal Bissolati a Mi–

lano, in cui il Bissolati mi imputava di volermene uscire pel rotto della cuf–

fia, cioè di fare il gesuita, basterebbe a rompere i ponti dietro a me.

Oramai quel che è fatto, è fatto.

Cerchiamo solo di evitare che al danno di vedere finita una amic1z1a

personale, non si unisca per il paese il danno che sia resa impossibile la

collaborazione fra uomini che possono in qualche caso intendersi.

La politica, mio caro, mi fa schifo. E occorre che io abbia in me

un grande spirito di sacrificio e un grande affetto alla mia povera terra,

se non me ne ritiro sdegnato.

Specialmente la falsificazione sistematica che si perpetra del mio pen–

siero e delle mie intenzioni, mi dà un senso di nausea orrendo. E la ne-

274. CF.'

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