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1910

267.

Salvemini a Carlo Piacei

Molfetta, 14 luglio 1910

Carissimo,

mando questa lettera all'Abetone, dove m'immagino siate a quest'ora.

E spero che stiate tutti bene. Qui è un caldo sciroccale, umido, afoso,

snervante. Ne ho ancora per una decina di giorni: poi prendo il volo pel

"sacro monte."

Ti mandai

il

terzo articolo.'

L'Avanti!

continua a non capire. Ma non

ho voglia di continuare. Se fosse inverno, sarebbe il caso. Ma con questo

caldo, non mi sento di pigliarmela... calda. Mi hanno detto e scritto pa–

recchi amici che intendono intervenire nella polemica per sostenere le mie

idee. Lascerò che si scalmanino oramai gli altri. Se son rose, fioriranno.

Io

continuerò a mandarti i documenti piu interessanti di questa polemica, se

vuoi continuare a seguirla. Ma m'immagino, che lasciate le solitudini per

te non amene di San Marcello e dei luoghi circonvicini, e ritornato cit–

tadino e mondano, avrai altro pel capo.

Lessi l'articolo interessantissimo dello Sturani.

2

Lo

sforzo dei braccianti

per la conquista della terra è meraviglioso. Tu dovresti essere incantato da

quello spettacolo di "prepotenza" proletaria, come la chiama lo Sturani.

Io

ci vedo una gran debolezza: l'aiuto dello stato.

Se

quello slancio av–

venisse

con le sole forze

dei braccianti, e questi trovassero modo

senza

aiuti esterni

di espropriare tutti i proprietari e mezzadri, ·e di organizzare

in provincia di Ravenna una produzione agricola cooperativa, sarebbe que–

sto un fatto di straordinaria importanza, il quale ci direbbe forse che siamo

agli inizi di una nuova fase nella storia della proprietà fondiaria. Sarebbe

la seconda espropriazione fondiaria compiuta dai coltivatori, dopo quella

meravigliosa compiuta a danno della nobiltà feudale dai contadini medie–

vali. Il guaio è che ad aiutare i braccianti romagnoli è intervenuto finora

sempre lo stato coi lavori pubblici. Il giorno in cui lo stato non desse

piu lavori pubblici, la resistenza dei braccianti sarebbe fiaccata, e i proprie–

tari ritornerebbero padroni del campo. E siccome i lavori pubblici in pro–

vincia di Ravenna sono esauriti, i ravennati manovrano ora per assicurarsi il

monopolio dei lavori pubblici meridionali. Avendo quest'appoggio, cioè

potendo scioperare e boicottare liberamente a Ravenna con la sicurezza di

impiegare gli scioperanti nei lavori pubblici meridionali per mezzo secolo,

267. CPI. Sull'originale, v1cmo alla data,

è

scritto: "Presa della BastigliaI" Ri–

sponde ad una lettera di Piacei, dell'8 luglio

1910,

conservata in AS. La risposta di

Piacei

è

del

16

luglio

1910.

1

Cfr. doc.- n. 261, nota n. 4.

2

Cfr. doc. n. 270, nota n. 2.

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