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Carteggio

paura di guastare il riformismo che non la voglia di impedire la falsificazione

del socialismo.

In

ogni modo La ringrazio della cortesia che mi ha usato risponden–

domi, e per mostrarLe la mia gratitudine mi permetto di mandarLe un mio

recente piccolo opuscolo di propaganda e La prego di aggradirlo, accettando

intanto i miei distinti e cordiali saluti.

264.

Fausto Pagliari a Salvemini

Milano, 2 luglio 1910

Caro Salvemini,

ho letto il tuo magistrale secondo articolo

sull'Avanti!

del 28 giugno'

e approvo a quattro mani la tua coraggiosa campagna rinnovatrice del par–

tito, anzi piu, propriamente, che mira a rimettere in vita il socialismo, morto,

sepolto, putrefatto e fetente.

Vedo che i socialisti autorevoli stanno organizzandoti intorno una sot–

tile campagna gesuitica e ti preparano socialisticamente il linciaggio. Ma

tu hai la schiena dura, la testa forte e la penna eroica e non ti lascerai

ridurre al silenzio da questa muta inferocita a cui tu fai l'effetto di un mo–

stro spaventevole e orrido, perché parli loro un linguaggio che non capi–

scono assolutamente piu.

È

come se ad un cristiano saltasse il ticchio di

parlare alla chiesa di Cristo! Ma chi

è

costui? Ma cosa vuole questo ere–

tico? Ma che c'entra Cristo colla chiesa? Ma perché disturbarci e impaurir–

ci, turbare

il

nostro pacifico possesso con questo fantoccio di stoppa?

Cristo

è

nella chiesa, negli orti dei monasteri, nei beni della chiesa, nel–

la politica del Vaticano, Cristo è morto e crocifisso è anche risorto or–

mai e non torna piu; ciò che resta è la chiesa e la sua bottega, il papa e la

sua politica.

Tu parli loro di princip1 in uno stile che risente ancora del grande sof–

fio profetico del marxismo. Sei un visionario ed un eretico; sei un fanta–

sma. E figurarsi come ti capiscono i Biagi da Viggiuto - senza far torto

all'ombra dell'onesto scalpellino portiano - del socialismo nostrano. Tu

li obblighi a riflettere e proponi loro dei problemi. E non c'è nulla che

inferocisca di piu gli uomini dell'obbligarli a pensare, del disturbarli nelle

loro consolidate e cristallizzate abitudini. Tu li obblighi a uscire dal tran–

quillo porto del lasciar fare per non fare nulla, per ricacciarli in mezzo alla

vita e all'azione feconda. Nell'ira furibonda dei tuoi oppositori c'è anche

un po' della interessata protesta del nostro ottimo Felisin Tecoppa, ma

264. AS.

1

Cfr. doc. n. 261, nota n. 4.

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