

Carteggio
4.
Salvemini a Carlo Piacei
Palermo, 27 novembre 1895
Carissimo amico,
finalmente sono arrivato al ventisettesimo faustissimo giorno del mese
e sono andato a riscuotere i miei due stipendi di ottobre e novembre
e posso iniziare la... estirpazione dei chiodi. Ho detto iniziare solamente,
non estirparli del tutto, perché quel bravo omo del Sonnino, avendo bi–
sogno di quattrini, ha imposto sugli stipendi degli impiegati di prima no–
mina una sopratassa del quindici per cento oltre quella del dieci per cento,
che si riscuote normalmente su tutti gli stipendi, per cui oggi ho avuto
la lieta novella che il mio stipendio per quest'anno sarà nientemeno di
centosedici lire al mese, e l'anno venturo diventerà di centotrentatrè
lire.
Ora, essendo qui impossibile vivere con centosedici lire al mese, ho dovuto
ritenermi cinquanta delle cento lire, che nel mio bilancio preventivo avevo
stanziato per Lei, e formare cosi una riserva, dalla quale preleverò men–
silmente la somma di quindici lire. Come vede, dunque, non ho fatto com–
plimenti; e se
Le
mando cinquanta lire, lo faccio perché posso; e spero che
ciò non Le arrecherà dispiacere. Ella veramente potrebbe dirmi, che cin–
quanta lire a quindici lire al mese basteranno -solo per tre mesi; ma, dico
io, in tre mesi avvengono tanti mutamenti nel gran seno della natura, che
può essere che uno di questi mutamenti
riesca favorevole a me; può es–
sere per esempio che io trovi una ripetizione o vinca un terno al lotto;
allora sarò ricco, sarò un borghese anch'io, e non avrò piu bisogno di ri–
serve e di altre simili noiosissime bisogne.
Uno spettacolo piu umoristico di quello delle condizioni, fatte a tutti noi
altri travetti da questa legge del Sonnino, credo sia impossibile trovarlo. Un
professore, per esempio, deve lavorare diciannove ore la settimana in iscuola;
dieci ore almeno a casa sua per correggere i compiti (se sapesse, caro Piacei,
che noia è questa! se potessi avere nelle mani Crispi, la punizione, che gli
darei per le tante sue birbonate, consisterebbe nella lettura e correzione in
una settimana di ventotto componirrienti, cinquantasei traduzioni dal lati–
no in italiano ed altrettante dall'italiano
in latino); e per tutto questo
sgobbare centosedici lire al mese, cioè una lira circa per ora di lavoro. E
questo professore, che si suppone debba educare i vostri figlioli e che,
incontrandolo per istrada, siete soliti salutare scappellandovi sino a terra,
anche ammesso che con centosedici lire si cavi i bisogni elementari e irri–
ducibili della vita, come farà a comprare qualche libro, a non apparire
nelle strade vestito come uno straccione o coperto solo dalla foglia di fico?
E che importa al signor Sonnino di questo? C'è tanta gente, che sarebbe
pronta a venire a insegnare anche con meno! Chi non si trova contento,
vada via! Un mio collega è addirittura
furibondo di questo fatto; per-
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