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1895

ma appena arrivato qui, sia per la stanchezza fisica del lunghissimo viaggio

(ebbi anche un mare tutt'altro che buono), sia per i dispiaceri che avevo

provati nei quattro giorni della mia dimora a casa, sia per il brusco, troppo

brusco cambiamento d'ambiente, sia (e se Dio vuole questo sarà l'ultimo sia)

per tutte queste cose insieme, caddi in una prostrazione morale profon–

da, quale non avevo mai sofferto.

In

tale stato scrivere era per me troppo

sforzo; scrivendo avrei riempito

i fogli di geremiadi

ingiustificate, scon–

clusionate, noiose, dettatemi

forse solo dal mio caratteraccio e non dalla

verità delle cose. Pensai quindi di starmene zitto, di mangiare molta car–

ne, bere molto latte, non lavorar punto, e scrivere solo quando avessi

i

nervi un po' piu robusti e resistenti ai pensieri sgradevoli e pesanti. In

questo momento credo di essere in tali condizioni e Le scrivo. La mia

dimora

in casa mia non ha servito ad accomodar nulla per ora: pare

che per trattare gli affari sia necessario un tempo lunghissimo, che deve

passare tutto in proposte, rifiuti, finte, parate, tutta una scherma noiosis–

sima, immorale, contro cui mi rivoltai, appena vidi quanto avrei dovuto in–

canaglirmi per riescire vincitore. Venni via e lasciai l'incarico di trattare

alla mamma, che, vivendo in un ambiente di quel genere, ha una moralità

diversa dalla mia; ed oggi ho ricevuto notizie da lei. Eccole: tutta la pro–

prietà di mio padre non si può

in alcun modo salvare. La proprietà

mia (settecento lire circa di rendita) si può salvare, ed ecco come: sicco–

me, in caso di espropriazione, essa sarebbe venduta per il terzo appena

del suo valore, i creditori, che sono per circa settemila lire, sottratte dal–

l'incasso della vendita tutte

le spese di giudizio, di carte bollate (ah le

carte bollate, caro Placci, che cosa terribile sono, quale infame

le ha in–

ventate?), ricaverebbero appena un quattromila

lire, rimettendoci

il qua–

ranta per cento circa. E per questo quaranta

per cento

resterei ob–

bligato per tutta

la mia vita, io poveretto, che ho avuto la sventura di

avere avuto una

(cambio carta, perché non ne ho piu. Scusi) eredità e

di averla accettata senza il benefizio dell'inventario. Ciò posto, la mam–

ma ora sta trattando

diversi creditori, perché si contentino di perdere

solo duemila

lire anziché

tremila; se ottiene questo, verrà a transazione

con tutti,

li pagherà

a suo nome

(pare che io non possa piu entrare

in ballo: il mio destino

è

di essere proletario per tutta la dolce mia vita);

acquistare la proprietà come unica creditrice e avente diritto su di essa; e,

liberatala cosf, dare a Lei l'ipoteca per le cinquemila lire, che dovrebbero es–

sere quanto prima pagate colla vendita di parte della proprietà o, nel peggior

caso, di tutta. Questa soluzione ha due pregi:

1) pur

lasciandomi pro–

letario, mi lascia libero da ogni debito ulteriore, essendo mia madre la mia

sola creditrice; 2) fa in modo che almeno una parte di questi maledetti

poderi resti in famiglia.

La

soluzione, come vede,

è

molto

ingegnosa

e dimostra, mode–

stia a parte,

l'ingegno

di mia madre. Ma

è

morale?

Scusi, caro

Piacei, se dico certe cose a Lei; ma Ella non può neanche pensare

tutto quello che ho sofferto io fino a quando sono andato a Molfetta. Fin

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