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Carteggio

no fare a pezzi. Quando chiesi l'appello nominale su un ordine del giorno

democratico, ma antimassonico, scoppiò un tumulto diabolico. Volevano

che io ritirassi la domanda: e io duro come un macigno. Protestavano

contro i miei capricci: e io duro. Minacciavano di abbandonare il Con–

gresso in massa: e io a ripetere con un sorriso ingenuo, che tirava gli

schiaffi, che era mio diritto chiedere l'appello nominale e che nessuno po–

teva contestarmi questo diritto. Alla fine, stanchi e impauriti dal bac–

cano, sette miei seguaci mi tradirono, e ritirarono la loro firma dalla do–

manda di appello nominale.

Io

lasciai correre, perché non mi conveniva

piu tirare la corda. Avevo già preparato fra me e me un nuovo piano di

battaglia. Ed ho già cominciato a svilupparlo. Presto gli insegnanti miei

amici chiederanno che si sottomettano al

referendum

di tutta l'organizza–

zione i voti giacobini del Congresso di Napoli e l'ordine del giorno mio,

che il Congresso non osò né respingere né approvare. E su questo terreno

vinceremo noi.

L'Angelo Crespi della

Critica sociale

è

lo stesso del

Rinnovamento.

È

passato a poco a poco dal socialismo alla democrazia cristiana e al mo–

dernismo: giovane di immensa cultura e fecondissimo di articoli quasi

sempre interessanti; impossibile prevedere quale forma prenderà alla fine

il suo pensiero:

è

un mollusco fino ad ora.

Gli articoli del Volpe sulle eresie sono molto solidi, molto nuovi e

molto geniali.

Io

li ho letti con piacere e con profitto. Ma

mi

pare strano

che il

Rinnovamento

li abbia pubblicati senza nessuna riserva: sono il

frutto di un pensiero, se non ateo, certo indifferente di fronte al fatto

religioso; il Machiavelli non tratta con metodo diverso la storia del Pa–

pato. Quei giovanotti del

Rinnovamento

mi sembrano ogni giorno piu

strani: sono anch'essi molluschi. Scrissero anche a me perché collaborassi

alla rivista. Risposi che non mi sentivo di compiere questo atto di in–

sincerità e di rendere quest'omaggio alle idee cattoliche, che io rispetto, ma

che non sono le mie, neanche nel figurino modernista.

L'articolo del Ferrero in risposta alla recensione del De Francisci

mi parve ridicolo anzi che no. Non che il Ferrero dicesse delle sciocchez–

ze: ma diceva delle generalità, invece di rispondere punto per punto

alle critiche minute del De Francisci; e quelle generalità le diceva con

un'aria da padreterno, che non era fatta per conciliargli troppe simpatie.

Del resto fra il Ferrero e i suoi critici micrologi e micromani nessuna

intesa

è

possibile. Il Ferrero ha una concezione personale dei fatti che

narra; i critici si fermano a spulciare piccole inesattezze, le quali in ge–

nerale non fanno né ficcano.

È

l'eterno contrasto fra la storia e l'erudi–

zione. In questo contrasto il Ferrero offre spesso il fianco indifeso all'e–

rudizione. Ma gli eruditi non capiranno mai un corno di quanto scrive

il Ferrero, e non saranno mai capaci di dire neanche la milionesima parte

delle corbellerie che dice il Ferrero.

Qui ho trovato un caldo umido afoso odiosissimo. Meno male che

fra _la fausta eventa, e le monellerie dei bambini, e il gran da fare che

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