

1906
dop<>Ja sentenza_ dell~
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sezio~e de! Consiglio di stato, .che rend~ im–
p<>ssibili trasfenment1 ali mfuon dell art. 69, e dato che 11 posto d1 Pa–
via sarebbe di straordinario - il che renderebbe ridicolo l'art. 69 -
e dato che l'art. 69 non si può piu applicare che su parere favorevole
del Consiglio superiore, e dato che io non mi sogno in nessun modo di
chiedere per me l'art. 69, perché non mi sento né cosi meritevole di esso
da poterlo chiedere come un diritto, né cosi sciocco e debole da doverlo
chiedere come un atto di clemenza, evidentemente un mio trasferimento sia
a Pavia, sia a Torino, sia in qualunque altra sede
è
divenuto impossibile.
Certo la soluzione del concorso, che sarebbe facile far prevalere a
Pavia, aprirebbe una porta alle mie speranze, che ora sono prigioniere da
tutte le parti. Ma un nuovo concorso significherebbe privare il Fedele
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dei resultati del concorso di Milano. E questo in coscienza non mi sento
di poterlo chiedere, per quanto il Fedele sia stato mio competitore e vin–
citore, come non avrebbe avuto il Fedele il diritto di pretenderlo, se fosse
stato lui
il
vinto. Se la facoltà di Pavia, di sua iniziativa, sceglierà -
come è suo diritto - la via del concorso, io in fondo ne sarò lieto, per–
ché rinascerà in me la speranza di lasciare Messina; ma sento che è mio
dovere non muovere un passo solo, che possa produrre una ingiusta le–
sione degl'interessi del Fedele.
E a questa tattica di aspettazione passiva io mi sento indotto anche
dalla considerazione del fatto che non sono affatto sicuro di partecipare
a un nuovo concorso. Intorno al mio nome oramai nei concorsi si com–
batte una battaglia di tendenze, il cui resultato si conosce in precedenza
dai nomi che formano la commissione. A un concorso, che dovesse es–
sere deciso da uomini come il Cipolla, il Monticolo, il Novati o qualcosa
di simile, io non parteciperò mai piu, perché di bocciature e tentativi di
bocciature ne ho avute abbastanza, e sono piu che soddisfatto. Se, dun–
que, io mi dessi a chiedere per Pavia o per Torino il concorso, mi espor–
rei a far poi la figura del pulcinella nel caso che la commissione giudi–
catrice resultasse composta non a modo mio e disertassi il concorso. E
la leggerezza si complicherebbe con la cattiveria, perché avrei danneg–
giato il Fedele senza avere migliorate le condizioni mie.
Insomma, da qualunque lato io guardi, trovo che la situazione mia
è
di quelle, alle quali è vano chiedere miglioramenti. E dopo essermi ar–
rovellato parecchio fra me stesso nei primi mesi di quest'anno, quando la
canagliata del concorso di Milano era tuttora recente, alla fine mi sono
~on~into c~e non era il caso di prendersela tropp<>calda, e che il meglio
e d1 fare 11 musulmano e di pensare che dopo tutto mi poteva andare
anche peggio.
Le confesso, per altro, che per alcune settimane della passata pri–
mavera ho accarezzato il disegno di chiedere la nomina all'università di
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edel~ (1873-1943), professore nelle università di Torino e di Roma, ministro
tea Istruz,one dal 1925 al 1928; deputato nella XXVII legislatura, senatore dal 1928
e dal 1929 presidente dell'Istituto poligrafico dello Stato.
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