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1904

168.

Salvemini a Pasquale Vi/lari

Messina, 15 novembre 1904

Pregiatissimo professore,

la situazione del mio lavoro

è

questa. Essendo io impegnato per ora

nel preparare il discorso inaugurale dell'anno accademico,' non potrò ri–

tornare sull'eterno ultimo capitolo della

Rivoluzione

se non a cominciare

dal 6 dicembre. Per la fine di dicembre il manoscritto sarà compiuto.

Ora il volume dev'essere pronto a tutti i costi - anche a costo di farlo

stampare a mie spese, se nessun editore vorrà accettare questa condizione

- per gli ultimi di gennaio.

È

necessario che il volume, insieme ad

altri lavori, che ultimerò in gennaio, sia pronto per la mia promozione

a ordinario. Ciò posto, l'Hoepli ha davanti a sé due vie: o fidarsi della

mia parola, cominciando subito a stampare le prime seicento cartelle, che

hanno oramai la forma definitiva dopo che le ho buttate per aria ancora

una volta, e risparmiando a sé e a me la ressa tumultuaria del lavoro in

gennaio; oppure aspettare che io presenti sugli ultimi di dicembre il lavoro

completo in circa settecentocinquanta cartelle e stamparlo in un mese.

Io

preferisco la prima soluzione. Se Ella preferisce la seconda, badi

che essa importa questa conseguenza. Sui primi di gennaio occorrerà che

l'Hoepli si decida a stampare in un mese tutto il volume. Spera Ella che

questo avvenga?

Se

sf, io son disposto ad attendere di aver finito il volume.

Se

non lo spera, io amerei di essere sciolto prima dal mio impegno per

avere piu agio di accordarmi con un altro editore, o di fare le cose

per conto mio. Sarebbe per me assai seccante se alla fine l'Hoepli

dicesse: io stamperò il volume con comodo! Questo mi obbligherebbe

a rompere ogni trattativa. E intanto avrei perduto un mese, durante il

quale avrei potuto fare stampare i cinque sesti del volume a buone con–

dizioni.

In

conclusione. Anche in questo me ne rimetto alla Sua equità e

benevolenza.

Le sono molto grato, caro Maestro, delle parole, sebbene sieno di rim–

provero, con cui Ella chiude la Sua lettera.

2

La mia testa

è

quella che

è;

né io posso mutarla. Sono convinto che

è

mio dovere dedicare una parte

della mia attività a promuovere nelle vie che a me sembrano in coscienza

migliori il progresso del mio paese, e questo dovere mi sforzo di com–

pierlo come meglio posso. Forse sono su una falsa via. Ma finché non

mi sia convinto che la via

è

falsa, non posso seguirne un'altra. Se facessi

altrimenti, avrei certamente una carriera piu facile e piu brillante, perché

168.

cv.

' Cfr. lettera n. 172, nota n.

1.

2

Cfr. lettera n. 167.

311