

Carteggio
di galera; e il Turati
fece bene a sostituire le mie invettive con parole
anodine.
Ella scrive: "se gli italiani volessero potrebbero imporr~ alla monar–
chia il loro volere; e anche in repubblica, se gli italiani non son capaci
d'imporre
la loro volontà di esser liberi, i colpi di stato sarebbero possi–
bili."
Lo
stesso ragionamento
fanno Turati e Colajanni. Ma, dico io, la
questione non sta qui; essa
è
ben diversa.'
La questione
è:
dato che gli italiani abbiano la volontà di esser li–
beri -
e questa volontà si va formando con una velocità consolantis–
sima -
potranno essi soddisfare
con sicurezza
questa volontà colla mo–
narchia sabauda? A questa domanda
io rispondo: no perché la monar–
chia, anche se domani dovesse essere obbligata a rispettarci, cederebbe pel
momento, ma starebbe sempre pronta a toglierci quel che ha ceduto, pro–
vocando magari degli incidenti utili a tale scopo. Gli assassint di Milano
promossi per distruggere le concessioni fatte dopo Abba Garima, stanno H
a dimostrarlo.
Ammesso che questo sia vero, ne consegue che tutte
le forze,
le
quali vanno elaborandosi nel paese, noi dobbiamo organizzarle
in modo
che non vadano a sciuparsi in una nuova prova costituzionale; ma il gior–
no, che saranno prevalenti, conquistino
lo stato e si assicurino le retro–
vie dalla reazione, che, finché ci sarà la monarchia e l'esercito organizzato co–
me
è
ora, non saranno mai difese da ogni sorpresa.
Ora
Le
faccio una domanda sfacciata.
Io
ho stampato un volume di pur–
troppo quattrocentoquaranta pagine, dedicandolo al Piacei che non so quan–
to mi sarà obbligato del dono di un tanto macigno.' Non tutto merita di es–
sere letto; appena un centinaio di pagine hanno una certa importanza.
Io
sa–
rei tanto contento di aver su esse il Suo giudizio e specialmente le Sue criti–
che. Ma purtroppo l'edizione appartiene all'Istituto Superiore e io non posso
donargliene una copia, perché me ne sono toccate appena venticinque. Posso
per altro prestargliela. Dunque Ella dovrebbe dirmi se
è
disposto, con co–
modo, ad annoiarsi
leggendo la mia bazoffia o meglio le parti di essa,
che io contrassegnerò, e dandomene un giudizio.
La
Sua lettera dovrebbe
anche servire a dirmi se il lavoro
è
tale da poter essere mandato al Pare–
to, con speranza che egli se ne interessasse e ne parlasse seriamente -
bene o male poco importa -
in qualche rivista come il
Giornale degli
Economisti,
la
Riforma Sociale
o altri; nel qual caso arriverei nientemeno
fino a mandarne al Pareto in dono una copia con una Sua presentazione.
Come vede, sono molto sfacciato; ma Ella
è
tanto gentile e condi–
scendente con me, che autorizza ogni mio ardire.
2
La lettera di Papafava, che qui non si pubblica, conservata in AS,
è
del 15 agosto 1899.
3
La prima edizione di
Magnati e popolani
(su cui vedi doc. n. 42, nota n. 1), recava
infatti questa dedica: "A Carlo Piacei in segno di amicizia."
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