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mo atteggiamento

di

coere nza che gli restava,

il

rifiuto di partecipare alla serata dedicata–

gli dalla Mostra.

Il fatto

è

che, obbiettivamente, la conre–

st>azione non aveva un motivo solido. A par–

te la que stione generale della riforma dello

sta tuto, la Mostra cinematograf ica di questo

anno non poteva essere contestata da sinistra

senza andare incontro al fallimento. La Mo–

stra in sé era

già

una contestazione, spinta

fino all'est remo, del cinema indu strial e. I

film ital iani scelti dalla dire zione erano di ci–

neasti appartenenti all'assoc iazione schierata–

si contro, adducendo un argomento, giusta–

mente considerato

«

sofistico

»

e

«

disperata–

mente astra tto

»

da Guido Pio vene, che l'in–

dirizzo estetico e politico della Mostra costi–

tuiva un alibi del

«

capitalismo

»

e della

«borghes ia». Un alibi? Ma se i rappresen–

tami del capitalismo e della borghesia nel ci–

nema, cioè la Federazione internazionale dei

produttor i, aveva dato la scomunica alla Mo–

srra e proibito a tutti

i

propri aderent i di por–

tare film a Venezia ... Una delle principali ri–

chieste dei contestatori

è

che gli enti di Sta–

to nel cinema dovrebbero metter si al servi–

zio di un cinema cultural e e non di svago, in

altre parole che

il

danaro pubblico venga usa–

to a fini di elevazione educat iva dello spetta–

tore, costri ngendolo a uno sforzo int ellettua –

le di compr ensio ne della realtà e quindi di sé

di fronte ad essa.

Io

non credo che lo Stato ,

attraverso

i

suoi funzionari , abbia suff iciente

libertà e capacità di fare questo; ma ad ogni

modo, se lo

fa

un'istituzione qualificata come

la Mostra di Venezia che

è

finanziata dallo

Stato,

è

incoerente e assurd o porv isi contro,

dete rmin ando tra l'altro una situazione di

ambiguità che nel prossimo avvenire potreb–

be diventare improdurriva per i contestatori

di oggi .

IN REALTÀ

è mancata alla contestazione

forza d'urro e di persuasione. Non ha trova to

alJeanze. Tutti hanno visto che si dibatteva

nel vuoto nominalistico. Soprattutto gli stra–

nieri non comprendevano che cosa si volesse.

Piovene, presidente delJa giuria, osservatore

attento, scrisse sulla

Stampa

dopo la chiusu–

ra della Mostra che appunto gli stranier i, in

generale, « non capivano come si volesse

spuntare uno strumen to così utile , per scopi

Girw

Visentini

irreaJisti e inattuali; trovavano Ja contesta–

zione, come si era presentata, verbosa, pre–

suntuosa e personalistica; si dichiaravano in–

capaci di entrare nei misteri e nelle contorsio –

ni delJa politica italian a. E non possiamo cer–

to dire che non fossero stati cercati e indot–

trinat i uno ad uno ....

».

È

esattamente quel–

lo che abbiamo udito , Enzo Forcella e io, al

dibatt ito sul tema « Cinema e politic a

»,

do–

ve essi furono lasciati soli a parlare tra di

loro e che per questo non giunse a conclusio–

ne, ment re pot eva essere la sede opportuna

d'una discussione utile e chiarificante sui

motivi stess i che, almeno sul piano teorico,

ispiravano la contestazione.

Ora,

se quella di giugno per la Bienna–

le d'arte e l'altra di agosto per la Mostra

del cine ma, si somig liavano nella medesim a

impotenza , differ ivano però, come s'è visto,

nella sostanza da contestare . La contestazio–

ne di giugno ha trascurato di includere nella

protes1a il fattore qualificante della Biennale

come istituto «borghese» e «cap italistico»,

e cioè l'arte che vi era espos ta e che è comp le–

tame nte integrata al

«

sistema

»

che si vuol

rovesciare . Al.l'industria culturale repressiva,

da cui questo tipo d'arte si presta ad essere

manovrato e manipolato, non

è

sta ta mossa

alcuna critica né este tica né politica . Div ersa

la

condizione in cui si presentava la Mostra

del cinema. Qui le opere che la qualificavano

erano invece

il

contrario del conformi smo e si

accordavano quasi perfettamente con le idee

dei contestator i, anzi erano in parte ope re

degli stessi contestatori. Pret ender e quindi

l'occupaz ione e l'autogestione de.Ila Mostra

non aveva senso. Anche nell'ipotesi che l'oc–

cupazio ne fosse riuscita, che cosa si sarebbe

dimosrrato, un esempio di « democrazia di–

retta>>? Può darsi , ma su una scelta di opere

fatta dall'autorità contestata. L'effetto non

sarebbe stato proba nte.

Una cosa sola si è dimostrata , che le con–

testazio ni veneziane sono state condotte con–

fusamente , ambiguamente e irra zionalment e.

Nessu na ha tenuto conto della realtà oggetti–

va, e prove che si sia voluto mettere

i.I

dico

nelle questioni serie cd essenziali, a mio pa–

rere, mancano. Il futuro della Biennale ci di–

rà sotto quale aspetto saranno sta te utili.

GtNO VISENTtNt