

94
una compagna,
è
una donna non comune. Se
è
comune (come
fu
Jeanne Duval) , l'infer–
no che
gli
procura
è
eccezionale. In caso di
etere
femmina (raro) , l'animale generalmen –
te incomprensibile - la matrice -
è
un uc–
cello o un serpente favoloso, sempre mala–
to, inadatto alla sua funzione, preg nante di
isterico.
L'automobile , automa utile , in questa
grandezza ,
è
un dono dell'Abbonito inaccet–
tabile . Satana offra agli
altri
questo suo do–
no : riservi, a noi, altro. Noi non
li
possiamo,
quei gesti che tutti compiono senza affatto
pensarci. Pensandoci, la mano a noi cade.
Qualcuno di noi sedette nelle carrozze dei
re. La nostra morte ha commosso tiranni
(Luigi XIV a Boileau per Racine, Stalin alla
vedova di Bulgakov). Noi non la possiamo,
questa brutalità del tempo che chiude il ric–
co c il povero nella stessa gabbia veloce. La
nostra simpatia per gli alberi tagliati, per le
piazze merav igliose trasfor mate in parcheggi
asfaltati , per le montagne scalate dalle auto–
strade ,
è
una prigione dogmatica. Vadano
pure in auto i falsi chierici ,
i
preti , le mona–
che, i cardinali ,
i
pastori, i patriarchi , tutti
quelli che accettano la profaAazione della
natura per fini util itari: noi non ci andiamo.
Nessun antico scrittore
è
immaginabile in
quei gesti volgari. Nessun moderno, dei buo–
ni: la timidità soave di un Kafka, la gran
bontà hidalgica di un Machado. La morte di
Camus , distrutto in una macchina ai duecen –
to orari, non
è
un esempio imitabile. Così
non può rischiare un
e/ere,
quest'essere uni–
co, di morire .
AMO
il piccolo popolo mattire, di stra–
vaganti , di letterati , di refrattar i, di scomo–
di (quasi tutti, per me, sconosciuti) in cui
•mi muovo e sono. Odio il popolo che l'op–
prime. A Roma, città dominata dagli auto–
mobilisti più malvagi, dai motociclisti più
perversi , ho imparato quest'odio. Esco da
certi bagni di moltitudine automobilistica
mortalmente prostrato. Vedere le loro facce
mi degrada , muovermi tra i loro automi, di–
speratamente , mi avvilisce a sangue. La per–
cezione dei miasmi umani
è
già così doloro–
sa e forte che basterebbe alla sofferen za in–
cessante del percettore, senza aggiunta di gas
tossici e rumori prodotti da migliaia di mo–
tor i accatastati, immobili nel crepusco lo at-
Guido Ceronetti
territo. Beato chi ebbe , per meditare sull'of–
ferta del proprio sangue alla nott e umana ,
un bell'orto pieno di ulivi, tra compagni che
russavano in pace.
Urlo , mi dimeno , grido la mia offesa e la
mia paura. La bestia premuta dai cani, nel–
la solitudine tragica delle strisce , getta il suo
mugollo affannato. Ecco le facce deformate
dall'an sia di correre , le dita contratte su cui
posa l'angelo Abaddò n il suo artiglio di ra–
pace. Al sicuro, per poco, su un da lzo, aspet–
to con ferocia uno scontro. Immagino un
potere magico nel mio occhio capace di dis–
solvere nell'aria quello strepito infame, tutti
gli automi coi loro disperati abitatori:
li
guardere i e non sarebbero più. Il coltello,
la pistola , la chiave inglese, i calci, i pugni,
sono le armi abitual i, per i suoi regolamenti
di conti interni, del popolo oppr essore . Per
ogni vitt ima nostra che cade, la vergine
ramnusia falcia venti di loro. I loro giorni
di vacanza sono giorni di strage. I padri uc–
cidono i figli, i mariti le mogli, i fratelli le
sorelle, gli amanti le amanti , i vecchi i
giovani ,
i
giovani i bambin i: ciascuno uccide
ciascuno , col pretesto di una gita. Parto no
aggrovigliati per una merenda cattiva in una
città lontana: la Morte ne fa una grande frit–
tata coi ventri digiuni. Le pasque e i ferra–
gosti sono fosse comuni.
Ma questo non
è
che l'inizio. La corsa al–
l'automa
è
irrefrenabile. I mercati getteran–
no sugli asfalti altr i milioni di macchine,
tri–
lioni di autom i. Allora le attuali magre stra gi
diventeranno enormemente grasse. Non ci
sarà un chilometro di bitume senza un me–
tro di sangue. Non ci sarà un metro di asfal–
to
senza qualch e centimetro di sangue . Tut–
tavia diminuirà , con l'ingrandir si e norma–
lizzarsi la distruzione , l'effetto prodotto. Non
avremo più sociologi meravig liati, moralisti
in scandalo . Una
fila
ininterrotta di auto–
mobilisti morti sulle strade non farà più
ef.
fetta di un intero quar tiere scompar so nelle
stufe merculiari durante la grande epidemia
venerea o di un bubbonico
in
tempo di bub–
bonica , o di qualche schiavo crocifisso sulle
vie consolari. E noi non ne avremo consola–
zione. Noi che non abbiamo voluto essere
come loro saremo estinti, le mani pure. Noi
non rideremo e non piangeremo più .
Gurno
CERONETTI