

Gino Visentini
Le contestazioni venez1ane
1
E DUE
contestazioni veneziane, quella di
L,
giugno per la Biennale d'arte e l'altra di
agosto per la Mostra del cinema, si somiglia–
vano solo in apparenza. La realtà da conte–
stare in giugno era molto diversa da quella
di
agosto.
Ovviamente le proteste converge–
vano su un punto sostanziale: la riforma delJo
statuto del 1938. Certo, la necessità di un
nuovo statuto della Bienna le
è
fuor i discus–
sione, anche solo come fatto di dignità isti–
tuzionale e politica.
:È
indecoroso, infatti, che
a vent itré anni dalla fine della guerra l'i sti–
tuto veneziano,
di
indubbia importan za int er–
nazionale su vari piani di cultura (arti visi–
ve, cinema, teatro, musica) continui a essere
regolato dal vecchio statuto fascista. Ind eco–
roso e anacronistico. Ma un'osservazione og–
gettiva deve essere fatta . Proprio
il
suo ana–
cronismo 1o rende inoperante in una realtà
sociale e culturale molto cambiata; e perciò
non coercitivo.
QueUo che non si può dire in alcun modo
è
che le manifestazioni della Biennale ne
siano stat e impedite nei loro ordinamenti. An–
zi le due più contesta te (arti visive e cinema)
hanno dimos trat o negli ultimi anni di essers i
potute giovare d'u na libertà quasi assoluta
circa i criteri d'impostazione , le scelte cul–
tura li, i program mi operativi. Contestarl i non
significa essere costrett i a trovare la spie–
gazione degli erro ri risalendo a un corpo di
norme statutarie che
è
inerte e che appunto
nella sua inerzia può permettere tutto e
il
contrario di tutto. Sì, le strutture della Bien–
nale sono vecchie, ma esse esigono un discor–
so specif ico piuttosto che una contestazione
tumultuosa nei fatti e gener ica nelle idee. Si
tratta di dar loro un 'esistenza pratica, at–
tuale, e quindi una funzione che oggi non
hanno. Una funzione democratica , si dice da
ogni parte. Naturalmente . Ma dopo quanto
è avvenuto in giugno e in agosto non è dif–
ficile prevedere che esse saranno meno libere ,
o lasceranno minore libertà operativa di quel–
le d'oggi. Avremo probabilmente strutture
democ ratiche, cioè rappresentative, e per ciò
stesso, in certi casi, corporative. Ad esempio
nel settore cinematografico, dove associazioni
industr iali e di autor i, sindacati di tecnici e
lavoratori specializzati, costituiscono altret–
tante corporaz ioni gelose ed esigenti nella di–
fesa di grossi interessi, estra nei e spesso con–
trastanti con le esigenze dell'inform azione e
della cultura.
A parte questo, le rappresentanze democra–
tiche possono non essere le migliori o le più
efficaci allorché si tratta di decidere su ma–
terie opinab ili, su scelte qualitative . Del re–
sto, la democrazia non
è
onnipotente né infal–
libile.
È
solo un metodo che permette una
larga consultazione preventiva e che può cor–
reggere gli error i senza escludere altr i erro–
ri (dipende dai punti di vista). Non può in
ogni caso garant ire che un'esposizion e d'arte,
un festiva l del teatro, della musica, del ci–
nema siano immuni da difetti , sbagli, omis–
sioni, ingiustizie. A quanto sembra, le respon –
sabilità del loro andamento saranno affidate
non pili a singole persone che ne risponda no
direttamente , bensì a organi collegiali, vale
a dire a nessuno in partico lare. E il Comp ro–
messo verso cui insorgono oggi contestatori
violenti e critici oltranzjsti, domani uscirà in–
gigantito e non demolibile , perch é il Com–
promesso
è
una necessità soprattutto democra–
tica. Quando , col nuovo statuto, la Bienna –
le sarà spogliata delle vecchie stru tture ana–
cronistiche, eppure continuerà come adesso