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Lu igi Bàccolo

Tre occasioni editoriali

Sade e Leopardi

[

EDITORE

Einaudi

offre in quest i giornj

una duplice eccellente occasione di ripren–

dere la lettura di Leopardi da un punto di

vista un po' diverso dal consueto: cioè te–

nendo d'occhio soprattutto lo svolgersi del

suo linguaggio poetico dalle prime

Canzoni

agli ultimi

Canti,

dalle traduzioni ai

Parali–

pomeni;

e contemporaneamente la trasfor–

mazione che cerci vocaboli e certe immagini

subiscono passando da testi del Cinquecento ,

del Seicento o del Settecento alla sua opera.

Si tratta di tre volumi: 1)

Canti, Paralipo–

meni, Poesie varie

nel

IX

torno dell'einaudia–

no

«

Parnaso italiano

»

a cura di Carlo Mu–

scetta e Giuseppe Savoca; 2)

Crestomazia ita–

liana

(prosa) a cura

cli

Giulio Bollati; 3)

Cre–

stomazia italiana

(poesia) a cura di Giuseppe

Savoca. Giulio Bollati indaga la ragione sto–

rica del lavoro di antologista eseguito da Leo–

pardi per il libraio Stella nel 1827 e attra–

verso un'analisi non si potrebbe

più

sottile e

convincente rintraccia nei brani scelti di Ca–

stiglione e

di

altri classici minori

il

nascere

di una lingua poetica nuova, quella dei

Canti

di Pisa

del '28 e in genere dei grandi

Idilli.

Compito affine si

è

proposto Giuseppe $a–

voca riguardo ai brani poetici, con risultati

che, se non del tutto nuovi (né potevano

essere

L

non mancano di illustrare molti aspet–

ti dell'assimilazione linguistica che

è

parte

importante del genio poetico leopard iano,

mettendo per cosl dire allo scoperto

il

mo–

mento della creazione . Finalmente, una ac–

curatissima elencazione delle

«

concordanze

»

di vocaboli in rutti i versi (esclusi solo i

puerili), messa insieme in oltre seicento pa–

gine da Luciano Lovera e da Chiara Calvi,

fornisce una storia da stud iare e valutare a

opera del lettore, dello svolgimento del voca–

bolario poetico nell'opera leopardiana, dicia–

mo deUa coscienza semantica di Leopardi.

Esercizi di questo genere eccitano all'inda–

gine e alla scoperta , come (guardiamoci dal

rinnegare i valentuomini del passato) avve–

niva con i ricercatori di fonti e

i

grandi

comparatisti,

i

Rajna per

l'Orlando furioso,

gli Scherillo per il

Decamero11,

i Farinelli per

La

vita è sogno;

e insomma come

è

di

ogni

lavoro che, scavando in un'opera d'arte, miri

a mettere in luce legami reminiscen ze e asso–

nanze che, tutti insieme, parlano e cantano

della ricchezza infinita della poesia. Messi

su que sta strada,

ci

è

piaciuto riprendere i

versi leopardiani nella bellissima veste einau–

diana e rileggerli alternando i tomi legati in

nero, a modo di breviario, della edizione pau–

vertiana di Sade. Sade e Leopardi avevano

molta filosofia in comune, molto gusto del

filosofare

«

come una vita»; che è, superfluo

dirlo, gusto comune al secolo a cui apparte–

nevano. Certe idee-madri, o idee-generatri–

ci,

erano neU'ada: riscontri in tal senso sono

praticamente infiniti, e dunque stringono

po–

co e concludon poco. Il culto e l'odio per la

Natura, il posto del piccolo uomo nell'im–

menso universo, il viver civile e il viver pri–

mitivo , la rottura con l'antropocentrismo me–

dievale sono luoghi comuni nella filosofia

dell'epoca. Ma Sade e Leopardi

li

assumono,

ci

pare, con un sentimento simile, diverso da

quello dei filosofi puri;

li

assumono , quei

luoghi comuni,

con ira e dolore.

Cosicché

è

possibile, nei loro scritti , trovare immagini e

perfino vocaboli identici, tanto più singolari

in quanto Leopardi non conobbe mai Sade.

Ci siamo provati a rilevare qualcuna di tali

coincidenze, senza neppur sognarci di tentare

un saggio comparativo delle due filosofie,