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Tre occasioni editoriali

leopardiano dà già il fatto per avvenuto, la

terra senza vita, mentre

«

le stelle e

i

pia–

neti non mancano

di

nascere e

di

tramontare

e non han preso le gramaglie

». «

Forma e

distruggi a tuo talento - dice la natura in

Juliette:

-

in ogni modo si leverà

il

sole

1

e

tutti i globi che ho sospeso e dirigo

nello

spazio conserveranno

il

loro corso

».

Certi

accostamenti suonano anche

più

precisi.

«

scolorò

le stelle umana cura

»

esclama Bruto

minore; e Sade:

«

L'espèce entière s'anéan–

tirait, que ni l'air n'en serait moins pur, ni

l'astre moin

brilJant,

ni la marche de l'univers

moins exacte

»;

e

il

tono

di

lamentazione

interiore, e

di

scandalo, diremmo che sia qua–

si identico quando Bruto vede la luna sor–

gere sull'Italia in rovina, placida come al–

lorché illuminava i memorandi allori di Roma;

e quando, su un'orgia immonda di cadaveri

di sperma e di sterco, Juliette vede spuntare

l'alba:

«

L'astro del giorno, lungi dallo stu–

pirsi dei nostri eccessi, mai si era, credo, le–

vato più

bello

dal giorno che rischiarava il

mondo».

Senza la sincerità di quella protesta, Sade

non sarebbe, lo ha ben chiarito Brega nel

ricco saggio premesso all'Antologia sadiana

di

Feltrinelli,

a un livello molto più alto

degli innumerevoli pornografi di cui pullula

il

Settecento francese:

il

che non è, come ap–

pare a qualsiasi più severa lettura. Ma per

riprendere e concludere la nostra modesta

scorsa, ci pare ancora che

il

grido di Bruto

contro

1a

stolta virtù sia abbastanza vicino ( in–

tendendo sempre quanto al tono, che in de–

finitiva solo conta in simili accostamenti) al

lamento di Léonore, la sfortunata eroina di

Aline et Valcour,

una più allegra e meno

perseguitata Justine :

«

Douce vertu, est-ce

la peine d'encenser tes autels?

»;

e addirit–

tura, il fulmine che nelle tre redazioni di

]tistine

colpisce la virtuosa sorella della infa–

me Juliette quasi castigo della natura, ci pare

intriso dell'amarezza leopardiana:

«

Quando

esulta / per l'aere il nembo, e quando /

il tuon rapido spingi, / ne' giusti e pii la

sacra fiamma stringi?

»

E c'è poi lo strano fascino dei vulcani,

l·reature di violenza cieca e spettaco lare:

il

vulcano della

«

Ginestra

»

e, certo meno

si–

gnificante, dei

Paralipomeni;

e il vulcano di

Sade, presso cui e in cui Juliette e la sua com–

plice Lady Clairwil compiono gli atti più

osceni e uno dei più cerebrali delitti, ecci–

tate dalla vicinanza del fuoco sterminatore;

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e c'è poi l'amore per le tempeste (anche Ju–

liette, come Saffo, avverte l'eccitamento del

mondo sconvolto:

«

Noi per le balze e le

profonde valli / natar giova tra' nembi

»),

in cui solo una semplificazione professorale

potrebbe vedere nient'altro che una generica

aura preromantica.

Leopardi ignorava certo anche il nome di

Sade. Ma, oltre le coincidenze che abbiamo

sottolineato, avevano in comune un pessi–

mismo che investiva i rapporti con la na–

tura e con gli altri uomini , un pessimismo

che nel secolo dell'Enciclopedia dà un suono

a parte, come di un filosofare largamente con–

taminato con l'esperienza dolorosa del vive–

re: e per esemp io c'è un pensiero di Leopar–

di, celeberrimo, che potrebbe benissimo ser–

vir da epigrafe all'opera intera di Sade:

«

Di–

co che il mondo

è

una lega di birbanti contro

gli uomini da bene, e di vili contro i gene–

rosi

»,

pensiero che prosegue con il trionfo

dei birbanti e l'avvilimento dei buoni: le pro–

sperità del vizio e le sventure della virtù.

Ché se Leopardi

è

entrato assai presto nel

Pantheon dei classici, e Sade continua a leg–

gersi clandest inamente o, per dirla col Var–

chi,

«

alJa sfuggiasca », la radice comune dei

due, e di Foscolo, non è negabile; la teoria

della gloria e dell'amore come illusioni be–

nefiche portò poi Leopardi e Foscolo su di–

verso terreno, mentre Sade esasperò la de–

nuncia delle conseguenze della premessa ini–

ziale, come dire le malefatte della materia

e della sua meccanica. Ne viene che l'esaltazio–

ne lirica, cosi alta in quei nostri due,

è

invece

rara e per cosi dire malvista e malaccolta in

Sade; ma

è

anche frutto di quella fedeltà a

un principio che il culto per Sade si sia

fatto, ai nostri giorni contestanti autorità

e glorie, quasi uno stato patologico , una co–

struzione irriducibile, una sorta di follia

li–

bresca a cui lo

spiricillum sadianum

conferi–

sce talvolta l'apparenza del vizio. Ma che è

in ogni modo vizio nobile, vizio filosofico.

Senza pillola: un caso esemplare

«

L'AMORE

è una grande e bella azione,

quando ci si ponga ragionevolmente Io scopo

di procreare un nostro simile ». Una frase

si direbbe, uscita fresca dalla

Humanae Vitae.

Invece si può leggerla a pagina 68 del volu–

me VI del

Monsieur Nicolas

di Restif de la

Bretonne, la più straordinaria narrazione del-