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Turista a Praga

Ma anche ai turisti come me era impos–

sibile non avvertire

il

clima particolare che

si respirava a Praga e

in

tutta la Cecoslo–

vacchia. Era

il

clima di un

Paese

che stava

trovando, dopo trent'anni di tragedia, un

suo equilibrio, fiducia in se stesso e negli al–

tri.

I

giovani che raccoglievano firme per

libere elezioni,

i

camerieri dei ristoranti, le

ragazze che andavano con

l'autostop

da Pil–

sen a Praga raramente manifestavano quel–

l'entusiasmo e quella fede nel comunismo su

cui hanno insistito certe corrispondenze gior–

nalistiche del periodo dell'invasione. Ma po–

chi dimostravano una vera e propria ostilità

verso

il

comunismo.

Lo

consideravano una

forza poliçica che non rappresentava

i

Joro

ideali ma che poteva essere accettata. L'at–

mosfera

di

resistenza passiva verso

il

regime

caratteristica di altri Paesi dell'Est (e spe–

cialmente dell'Ungheria)

qui

non esisteva

più. Il comunismo, per la prima volta nella

sua storia, era riuscito ad aprire un dialogo

con tutto un popolo, forse a iniziare (anche

se a questo proposito i sintomi erano incerti)

un rapporto di collaborazione . Di uomini

come Dubcek, Svoboda, Smrkosky non si

parlava con

i

toni e i termini apologetici

che, secondo gli inviati a Praga dei giornali

occidentali , si sentono oggi. Molti tuttavia

manifestavano verso questi dirigenti una mo–

derata fiducia. La maggioranza

dei

cecoslo–

vacchi cominciava davvero a credere che quel

poco che, in fatto di democrazia, era stato

concesso non sarebbe stato più tolto. Na–

sceva, cosl, un senso di sicurezza nell'av–

venire della nazione che, prima, non c'era

stato per trent'anni : e in questo clima anch~

ai problemi economici, che pure erano dif–

ficili e pesanti, si guardava senza eccessivi pes–

simismi.

Si guardava senza pessimismi anche all'at–

teggiamento dei sovietici. Avevano permesso

la caduta di Novotny, l'inizio del

«

nuovo

corso ». A Bratis lava avevano accettato, sia

pure a denti stretti, che la Cecoslovacchia

seguisse una sua via. E poi c'erano i prece–

dent i deUa Romania e deUa Jugoslavia. Dopo

l'Ungheria, l'Unione Sovietica non aveva più

fatto ricorso alla forza contro gli eretici.

«

Perché -

mi

disse al ristorante

Expo

un

vicino di tavolo - i russi dovrebbero cam–

biare rotta proprio per la Cecoslovacchia?

Il danno, per loro, sarebbe maggiore dei van–

taggi. Sarebbero compromessi

i

traguardi rag–

giunti col faticoso lavoro per la distensione

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portato avanti per anni. E sarebbe compro–

messa, nell'Unione Sovietica, l'espansione

in–

terna dei consumi, che

è

tra le conseguenze

della politica di distensione. Inoltre un at–

tacco alla Cecoslovacchia, anziché por fine

alle polemiche e alle divisioni nel mondo co–

munista, certamente le aumenterebbe . Spe–

cialmente per

i

partiti dell'Occidente sarebbe

difficile accettare, e fare accettare ai propri

iscritti, il ritorno all'imperialismo stalinista».

Ero pienamente d'accordo con queste argo–

mentazioni. E anche per questo ero tra co-

novità

LA NUOVA ITALIA

Le strutture logiche del pensiero esempli–

ficate nei clas~ici della filosofia.

Aperta a tutti la lezione privata di un vero

grande maestro.

LUIGI

SCABAVELLI

Critica

del capire

• Capire il nuovo

significa.to

di ogni parola

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• li punto critico in cui si coglie sul vivo

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Qiaderni di storia contemporanea redatti

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listico e limiti dell'integrazione consum istica.

La disgregazione politica della società neoco–

loniale cubana. Lettura della rivista • Che

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