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loro che, allora, prima del 20 agosto, rite–

nevano assurda l'ipotesi

di

un attacco alla

Cecoslovacchia.

Ma il clima di Praga esercitava sugge–

stioni non meno forti sulle mie convinzioni.

La Cecoslovacchia era invasa dai turisti occi–

dentali: tant i che alberghi e ristoranti, non

preparati a una tale invasione, mettevano in

luce carenze notevoli. E parecchie diecine

di

migliaia

di cecoslovacchi, un numero

re–

cord,

andavano

in

vacanza all'estero, soprat–

tutto in Austrfa e in Italia, senza che nessu–

no - e anche questo era un

record

-

ma–

nifestasse

iJ

proposito

di

non voler tornare

in patria. Anche

il

fenomeno turistico era

il

sintomo di una graduale normalizzazione

nella vita di questo Paese .

Le

frontiere non

erano

più

le

mura

di

una prigione, l'orizzonte

della Cecoslovacchia si allargava: e si intrav–

vedevano anche nuove possibilità di collabo–

razione economica con altri Paesi.

ERA L'ESTATE

più esaltante che si ,ricor–

dasse da molte generazioni, anche se

i

negozi

erano meno forniti

di

quelli di Budapest,

anche se le ragazze andavano in giro con mi–

nigonne

di

serie. Nonosta nte qualche delu–

sione che si era avuta dopo il vertice di Bra–

tislava, le speranze per ulterior i avanzate ver–

so la democrazia resistevano.

Nei giardin i della Na Prikope, nel cuore

di Praga, si raccoglievano firme per libere ele–

zioni. Centinaia di persone facevano la fila

davanti a un tavolino su cui si trovava un

registro. Filmai la scena con la mia cine–

presa e cosl posso ancora vederla oggi, seb–

bene con spirito diverso, sostituendo alla cu–

riosità di ieri una pena profonda. Student i

e operai, donne di casa, qualche persona an–

ziana. Discutevano animatamente mentre at–

tendev ano il loro turno per la firma, ma non

c'era traccia di preoccupazione sui loro volti.

Eppure proprio in quei giorni la radio aveva

annunciato che gli assembramenti nella Na

Prikope erano proibiti e che ovviamente )

a maggior ragione, era proib ito chiedere

li–

bere elezioni.

«

Non avete paura?

»

domandai a un gio–

vane che, vedendomi intento a filmare la

scena, si era avvicinato e mi aveva spiegato

gli scopi dell'iniziativa.

«

Non ci sarebbe ra-

Mario Pin zauti

gione - mi rispose con tranquillità. -

Forse verra nno qui, ci manderanno via. Ma

non ci saranno arresti, non

ci

saranno basto–

nate. Ci sarebbero stat i prima di gennaio,

oggi non sono più possibili

».

In Cecoslovacchia non c'era la democrazia .

Ma si poteva, almeno, chiedere la democra–

zia. Il comunismo sembrava aver capito che

l'unico modo per restare al potere era di ab–

bandonare

i

metodi terroristici e oppressiv i.

Nasceva una versione più accettabile del co–

munismo. E nasceva, insieme, l'equilibrio di

una Nazione, la sua capacità di aver fiducia

in se stessa e negli altri . Molti cominciavano

ad aver fiducia anche nei sovietici. E quasi

tutti, comunque, erano sicuri che

i

sovietici

non sarebbero ricorsi alla forza. ·Nel clima

della Praga fino alla sera del 20 agosto non

c'era posto per previsioni sull'attacco che,

pure, sarebbe venuto poche ore dopo. I

cittadini andarono a letto tranqui lli. Lo stes–

so fecero i turisti negli alberghi e nei

cam–

pings,

dopo aver pensato ai musei e ai mo–

numenti da vedere il giorno dopo.

Le illus ioni degli uni e degli altri furono

uccise nel sonno. Non ci fu tempo di pre–

parars i all'evento improvviso e tremendo. An–

che per questo fu ed

è

ancora difficile abi–

tuarsi alla realtà . Anche per questo, per mol–

ti, resta difficile capire .

Credo che tra

i

delitti commessi con l'inva–

sione del 21 agosto non ultimo né minore

sia quello

di

aver tradito la fiducia di un

popolo, e di avere proclamato che la ver–

sione umanitaria e relativamente democra–

tica del comunismo

è

un'utopia. A questa

versione, grazie alla Cecoslovacchia, molt i

avevano cominciato a credere: in Cecoslo–

vacchia e fuor i. Oggi dobbiamo rassegnarci

all'idea che non può esistere. Non

è

facile

perché a questa versione era legata la pro–

spettiva di un mondo in cui la pace fosse

più sicura e l'uomo ritrovasse fiducia in se

stesso e nella civiltà. Ora, dopo il 21 agosto,

siamo di nuovo nel buio. Brancoliamo alla

ricerca di una via d'uscita, almeno di uno spi–

raglio di luce. Ma sappiamo trovare - e

questo non

fa

che aumentare la nostra an–

goscia - solo i ricordi della troppo breve

estate di Praga.

MARIO

PINZAUTI