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«
Non dormi?» gli domandò a un trat–
to il compagno. E lui si volse, intuì. Pro–
nunciò qualche suono sommesso.
«
E chi
ti capisce! ». Nel girarsi, avevano solle–
vato di nuovo la polvere e qualche filo
di paglia, che ora volava nel buio e pun–
geva il viso. Il guardia fece:
«
Ma di'
un po': è vero o ci marci?
E,
se
è
vero,
come stanno le cose, chi sei? Che ti ri–
cordi? ». Rimase pensoso senza poter ve–
dere lo sconosciuto in quell'oscurità; ma
aveva gli occhi assorti, fissi. Il soldato
sillabò ancora suoni misteriosi, come una
lingua cifrata, ma cercando di farsi ca–
pire con maggiore impegno, quasi acco–
rato. I suoi singulti, quella specie di la–
mentazione arcaica, rimasero però senza
risposta. Segul un lungo silenzio. Il
guardia con uno scrollone girò definiti–
vamente le spalle, e s'addormentò. Respi–
rava leggero, come un soffio nell'aria.
S'addormentò anche il soldato igno–
to, e nel sonno rivide frammenti e
flashes
di una vicenda molto confusa. Qua erano
esplosioni, là case spezzate, e volti, grida,
terre tignose, gente in fuga. C'era molto
fumo. C'erano alberi lunghi e stecchiti,
neri, che diventavano sempre più lunghi
e salivano sul pendio d'una montagna.
Più si saliva e più questa diventava lu–
cida come se fosse di metallo. Faceva un
terribile caldo.
Il ragazzo si voltò un paio di volte nel
pagliericcio, con violenza, poi si svegliò.
Stava gridando qualche cosa, o credeva.
Ma che cosa, a chi? Aveva la bocca ti–
rata e aspra. Dall'usciòlo del sottoscala
filtrava già la luce della mattina.
F
u
IL
GENERALE,
quell"- mat–
tina, a rendersi conto per primo della
realtà che era dietro il mistero dell'ospi–
te indecifrabile. Escluso a sua volta un
caso di afasia da emozione o da paura,
esclusa sulla base dei rapporti dei subal–
terni, e dopo attento personale esame,
la mistificazione, il generale non ebbe più
sospetti: lo sconosciuto era l'unico su–
perstite di una piccola comunità di remo–
te e imprecisabili origini che viveva come
Sergio Surchi
in un'isola su un costone del versante sud
della montagna e che era stata decimata
- uomini validi, vecchi, donne, ragaz–
zi - durante uno scontro fra i due eser–
citi avvenuto da quelle parti. La scoper–
ta lasciò sbigottiti e muti tutti gli uf–
ficiali del Comando. Nessuno ci aveva
pensato prima, tanto irrilevante era quel–
la minoranza attestata da tempi immemo–
.tabili su uno sperone di sasso e che da
sempre aveva vissuto come fuori del mon–
do, estranea a tutti e a tutto.
«
Aveva una
sua lingua - aggiunse il generale ac–
carezzandosi la punta di barba rossa che
gli copriva
il
mento - ma era una lingua
anch'essa di incerta estrazione, che non
assomigliava a nessuna parlata dei paesi
vicini. Perfino la scrittura era diversa».
Ora intervenne un colonnello di alta
statura:
«
La strage fu totale - disse -
e quando cercammo qualche superstite
fra le poche migliaia di unità dell'intera
popolazione non trovammo che corpi
sfracellati o ammassi di membra disgrega–
te. La battaglia fu molto violenta in quel
punto , e i bombardamenti aerei intensis–
simi da entrambe le parti . Impossibile il
conto delle vittime. Non una casa rima–
sta in piedi. Una popolazione, si pensò,
eliminata ».
La breve cronaca sembrava una lapide
funeraria. Anche più pungente la curio–
sità circondò da allora il militare trovato
solo su un prato, ultimo rappresentante
dunque d'una stirpe, di una storia. Il gio–
vane fu accompagnato nella stanza del
generale; si cercò di fargli capire che si
era capito. Ma lui conrinuava a guar–
dare con spalancati, fissi occhi, che ora
cominciavano a essere stanchi. Dapprima
non afferrò; poi, a poco a poco, sembrò
avere intulto: annuiva col capo, si ac–
calorava, faceva gesti inquieti con le ma–
ni, le mani gli tremavano. Però da quella
sua bocca uscivano, ancora, borborigmi
assolutamente inintelligibili, quasi gemi–
ti, grida e lamenti repressi in un subbu–
glio di suoni opachi.
Il generale, il colonnello, il capitano,
il
tenente,
il
medico si riunirono per pren-