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Sergio Surchi

Morte di una lingua

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o solo, in mezzo "

L

un prato, la divisa sfilacciata e lo–

gora, le mani intente a carezzare il pe–

lame dell'erba.

«

Che fai? Chi sei? ».

Non una risposta. Gli occhi chiari si al–

zarono verso i militari dell'autoblindo ,

e vi si rifletté il sole della collina. Le

ultime salmerie stavano precipitando a

valle. Il soldato si levò in piedi, si avvi–

cinò alla macchina; parve sorridere, o

fu

soltanto, ancora una volta, il riflesso

del sole.

«

Chi sei? Perché sei qui? »

Sembrava che le domande, ora quasi

gridate, non turbassero minimamente il

soldato, anzi non gli arrivassero. Ci

fu

ancora un silenzio, finché uno dei mi–

litari scese dalla macchina, osservò la

sua divisa grigia, lo scosse con una ma–

no.

«

Sali! ». E

il

ragazzo biondo

fu

spinto a bordo, sistemato alla meglio.

Anche gli altri lo osservarono, sfiorarono

quei panni consunti, con sorpresa. Non

sapevano spiegarsi.

«

Ci

diranno al co–

mando di che razza è». Ma insiste–

rono perché parlasse, perché dicesse qual–

cosa. Intanto lo frugavano per rassicu–

rarsi che non portasse armi. Niente, più

niente, tutto finito. Il sole s'affacciava

e si nascondeva tra le nuvole della col–

lina, a salutare incerto la fine della guer–

ra. Non c'era più nessuno nel vallon–

cello, e non si sentiva nulla tranne il

rotolare delle salmerie.

Si mossero, si trovarono nella polve–

re di una strada fra le ginestre. I ciuffi

delle piante sfioravano il motore e gli

uomini, e si sentiva un fruscìo lungo

come un lamento. In.fine, colpito con

ùna sberla sulla gota, il soldato accennò

a parlare. Aprl la bocca fissando gli oc–

chi, ora con qualche durezza, sui visi

degli uomini che occupavano l'autoblin–

do. Sull'uno, poi sull'altro, sull'altro . Ma

non articolò che qualche suono sconnesso,

indecifrabile.

«

E che vuole? Chi è? »

C'erano brevi sibili nel suo linguag–

gio, corte labiali rotonde, ed enne e ze–

te sospese, lunghe. Tacevano gli altri,

ora. Quel

puzzle

fonico li incuriosiva;

pensarono vagamente alle lingue di tutti

i paesi che avevano fatto la guerra, e non

sapevano identificarlo, avvicinarlo a nes–

suna. Un dialetto, dissero. Ma di quale

territorio, di che gente. Il soldato a un

certo punto si richiuse nel silenzio. Una

smorfia triste, ma inerte, si era dise–

gnata agli angoli delle sue labbra. A

poco a poco

fu

dimenticato nell'ango–

lo: la guerra aveva lasciato immagini

spettrali sulla campagna, e l'evento si

prolungava negli uomini con la sua tra–

gedia e con le sue avventure, sicché si

poteva scordare presto un episodio as–

solutamente solitario. La stessa curio–

sità dei militari sembrò spegnersi su–

bito, o per la spossatezza o per il pen–

siero proteso altrove, mentre la macchi–

na saltava sui massi della discesa.

Al Comando, un giovane tenente

squadrò

il

soldato.

Lo

fece accompagna–

re in una stanza disadorna, dove egli

sedette dietro un tavolo abbandonando