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Morte di una lingua

Il capitano non desisteva intanto dalla

sua pantomima:

«

Se-de-re. Cam-mi-na-re.

Ri-de-re...

».

Poi fece un gesto sconcio:

«

Pi-... - e sottolineò con un sorriso da

commediante compiaciuto. Tu come di–

ci, come dici, quando hai le necessità?

».

Ma

il

soldato lo guardò desolato.

«

Io

penso piuttosto a un caso patologico

»

disse alla fine l'ufficiale dalla testa lucente,

sedendosi dietro lo scrittoio, di qua una

pila di carte, di là la pistola. E prese la

sua decisione: ricovero in infermeria per

l'esame dell'ufficiale medico.

La guerra cominciava già ad essere un

avvenimento del passato, e l'infermeria

era tornata ad avere i suoi posti vuoti

dopo gli affollamenti dei lunghi mesi del

conflitto. Lo sconosciuto fu accompagna–

to lungo un tetro corridoio verniciato di

azzurrino ma scrostato e corroso, in fon–

do al quale una ringhiera s'affacciava su

un cortile senza luce. Poi fu fatto entra–

re in una stanza di mattonelle grige, fred–

da, funesta. Odori acri salivano da boc–

cette e bottiglioni, mostri di metallo e

di plastica avevano l'aspetto di ghigliot–

tine, di barelle mortuarie, di strumenti

di tortura.

«

Sali qui e distenditi

»

disse

il

medico indicando una lettiga. La voce

giungeva, buia, da dietro una maschera

di gomma; l'uomo era dentro un cami–

ce bianco, massiccio nella mole. Il ra–

gazzo biondo esitò, poi intul dal gesto,

e si buttò sull'acciaio gelido del lettuc–

cio. Molle stridenti gli soUevarono la

parte superiore del corpo; si trovò la

testa prigioniera di fauci di ferro, le brac–

cia duramente legate.

«

Guardami

»

disse

.il medico; e la orrenda maschera fu so–

pra il soldato, quasi a sfiorarlo.

Passarono alcuni minuti lunghi come

mesi. Un sentimento vago di paura co–

minciò ad assediare il prigioniero o ospi–

te. Un inafferrabile, astratto sentimento

di minaccia egli sentiva crescere intor–

no, mentre il medico lo scrutava, lo au–

scultava, lo percuoteva, lo osservava so–

prattutto in fondo agli occhi facendoglie–

li

girare ora di qua ora di là, all'insegui–

mento di un dito puntato nel vuoto, che

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diveniva enorme quando gli s'avvicina–

va. Davanti a un grande cartello bian–

co sul quale erano segnate lettere in ne–

ro, il dottore gli impose:

«

Leggi!

».

Se–

duto sullo sgabello girevole,

il

ragazzo

non intul subito e continuò a guardare

avanti assente.

«

Leggi!

»

gridò di nuovo

l'ufficiale.

Il soldato bisbigliò qualche suono cer–

cando di spiegarsi:

«

Grrr ... Zzz... Bauer–

sin... Sssn...

».

Nulla da fare: era anche

analfabeta. O conosceva, chi sa, altri al–

fabeti. Il cirillico, per esempio.

«

Non

ci sono tabelloni in alfabeto cirillico?

»

strillò

il

medico al telefono. Poi, deluso,

riattaccò

il

cornetto, e sedette dietro un

tavolino per vergare con furia qualche

parola su un foglio.

«

Per me è sanissi–

mo di mente e di corpo - disse a un aiu–

tante, e ordinò a un piantone di accom–

pagnare fuori l'intruso . - Niente afasia

»

sottolineò.

Fuori, nel corridoio, ormai s'era fat–

to completamente buio . Un cielo stel–

lato si vedeva oltre le finestre aperte

delle scale. Usciti dall'infermeria, sem–

brava di respirare un'aria profumata, più

leggera. Inconsciamente,

il

soldato si sen–

tl all'improvviso come liberato di qual–

che peso, di qualche incubo.

Dopo una magrissima cena fatta di

pane e di patate , lo fecero dormire su un

pagliericcio in un sottoscala. Accanto a

lui prese posto un militare bruno, sec–

co, gli occhi malinconici, che gli do–

veva fare la guardia. Finalmente poté

distendersi, allungare gambe e braccia, e

soprattutto estraniarsi, guardare

il

buio,

pensare. Il polverone sollevato dalla pa–

glia nel pertugio, che dapprima gli ave–

va fatto frizzare gli occhi fino a farli la–

crimare, andò scomparendo via via che

i

due giovani, sui sacconi, rimasero im–

mobili. Venne anzi

il

fresco della notte ,

e il soldato ignoto gustò quella solitu–

dine prima di prendere sonno. Non c'era

rumore alcuno, intorno, tranne uno scal–

pitare e un respirare di cavalli abbastan–

za lontani , non sapeva dire dove esat–

tamente, ma lenti e in fondo familiari.