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Il ponte

VIII

C

l E R A V A M

o

A B I T

u

A T I

a lui

durante quegli anni. Ci fermavamo

spesso accanto al suo posto e guardavamo

insieme a lui il fondo della strada di sot•

to, come se, dopo quasi un secolo, il Pon–

te si fosse messo a parlare d'improvviso

con la tetra eco del suo passato. Nelle

conversazioni tornava a volte anche il

vecchio nome - Ponte della Morte -

forgiato e usato un tempo, dopo gli in–

cidenti descritti dal cronista, sino agli ini–

zi del secolo presente, ovvero alla co–

struzione della ringhiera di ferro.

L'autunno dell'anno scorso era stato

eccezionalmente piovoso e freddo. La

pioggia ora incideva ora sprizzava senza

posa, sulla città era scesa una nuvola di

tenebre, il mare dal colore di sciacquatu–

ra in fermento era traboccato sulla pas–

seggiata, dai dintorni arrivavano notizie

di abbassamenti di alture non boscose e

di alluvioni. Nei vicoli stretti l'acqua scor–

reva come nel fondo di un torrente . I por–

toni erano pieni di gente che aspettava,

sulle soglie dei sotterranei si accendevano

piccoli focolari.

Dal Ponte non era scomparsa la figura

del mendicante. Sedeva sotto un cappuc–

cio di vecchio sacco, contratto, livido di

freddo, tremante. Avevano provato a tra–

scinarlo sino a uno dei portoni vicini, ma

invano: si era aggrappato ai pali di ferro

con una forza quale nessuno di noi avreb–

be indovinato in un corpo talmente scar–

no. E sembrava che sotto le palpebre rag–

gelate guardasse verso il basso ancora più

avidamente del solito.

Un giorno, alla fine dell'autunno , la

polizia lo portò via dal Ponte.

IX

AP

PAR

v

E

di nuovo sul Ponte all'i–

.tl.

nizio dell'inverno. Nel suo compor–

tamento si era verificato un cambiamen–

to. Indebolito evidentemente da una ma–

lattia , non si metteva più a sedere sul pa–

rapetto, ma sul marciapiede. Di giorno

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dormiva. Di sera raramente dava un'oc–

chiata alla taverna, e quando vi andava

gli bastava un bicchiere di vino. Alla chiu–

sura del locale tornava sul Ponte e si ri–

metteva a dormire, quasi sparendo nel

troppo largo cappotto. Da lontano si sa–

rebbe potuto giudicare che accanto al mu–

retto giacesse uno straccio che qualcu–

no aveva gettato via.

,L'inverno fu molto gelido, ma sereno.

La cima del vulcano impolverata di neve

scintillava allegramente nel sole, il

«

cre–

misi mediterraneo

»

delle case rassomi–

gliava del tutto al sangue coagulato dei

banchi dei macellai, le palme dei giardi–

ni municipali avevano quella stessa sfu–

matura di verde che hanno le onde lito–

ranee, per le strade e per i viottoli si at•

tendeva

il

Natale con stelle d'argento , fe–

stoni e neri barili di pesci dalla forma di

serpente, le chiese invitavano alle loro

piccole scuderie.

Ci fermavamo sempre sul Ponte , ma

adesso per guardare il volto del dormien–

te. Doveva sognare quello che aveva pro–

vato uscendo una volta ubriaco dalla ta–

verna, ché spesso sorrideva nel sogno, e

alle volte persino sussultava con le gambe

e le ali del cappotto, come un logoro pa–

gliaccio, tirato dal basso con un filo da

una mano invisibile.

X

TA

CRONACA

CITTADINA

del

L

nostro giornale precipuo,

Il

Mezzo·

giorno,

riportava

il

2 gennaio, in una no–

ta intitolata

«

La morte del Pipistrel–

lo

»:

«

I passanti che un itinerario quoti–

diano porta attraverso il Ponte della Sa–

nità conoscevano da lungo tempo un men–

dicante soprannominato comunemente Pi–

pistrello. Durante gli ultimi anni la sua

vita era stata legata giorno e notte a uno

dei punti malfamati della nostra città .

(Chi non sa di quale gloria si adornasse

un tempo questo Ponte? Una volta i no–

stri antenati erano soliti dire: Ponte del–

la Morte) . L'altrieri all'alba due poliziot–

ti hanno trovato la salma del defunto nel-