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La taverna di

cui

si parla è per il passan–

te frettoloso invisibile dalla strada. Prima

dell'inizio del Ponte, dalla parte del pro–

lungamento di Via Toledo, alcuni scalini

portano in basso a un piccolo giardino, do–

ve sulla pendice, o piuttosto sui margini

del dirupo, venne alzata subito dopo la

guerra una casetta di legno. Dietro i cespu–

gli ed una mesta aiuola di fiori si innalza

un graticolato che quasi continua

il

pa–

rapetto esterno del Ponte . Due rudimen–

tali camerette, con affitti sulle pareti ri–

tratti di stelle del cinema ritagliati dai

giornali e cromolitografie con vedute pa–

noramiche di Napoli, costituiscòno tutto

l'edificio.

In

una si trova un vecchio,

raramente usato tavolo da biliardo. Nella

seconda si beve il vino più a buon mer–

cato, più acre ed acido dei dintorni di Na–

poli, che al bagliore delle deboli lampa–

de assume una tinta di sangue nero e dà

subito alla testa. Qui viene la gente po–

vera del quartiere: soprattutto facchini e

venditori ambulanti di poco conto, che

spendono le ore serali davanti a un litro

di vino e a pezzetti di formaggio, a trip–

pa venduta sulle bancarelle di strada, op–

pure a tortelli col riso fritti nell'olio. Dal–

le botti d'angolo emana un odore di muf–

fa confuso con

il

puzzo della frittura , del–

lo sporco, del sudore e delle orinate tra i

cespugli del giardino. Il clamore delle

grida, delle baruffe e dei canti ubriachi

si accresce senza posa, ma soltanto a mez–

zanotte esplode con rabbiosa violenza.

Le

porte allora si aprono e si richiudono

con fragore, e nello stretto viottolo e sui

gradini si vedono del1e ombre chine,

congiunte per le braccia a due o a tre,

avanzare con cautela, brancolando lungo

la strada come nel quadro di Breughel.

VII

U

se Iv

A

di solito per ultimo, allora

veramente ubriaco. Ci si era sem–

pre stupiti della sua resistenza al vino:

era capace di bere un bicchiere dopo l'al–

tro, sino al fondo della sua tasca di men–

dicante, lentamente e con quella tenacia

Gustavo Herling

con cui era solito osservare per giorni in–

teri le strade dal suo nido sul Ponte. Du–

rante queste ore serali al tavolo parlava

di rado e, se non veniva importunato, mai.

Quello che diceva, era perloppiù un an–

nuire con delle mezze parole, come im–

plorasse di non tormentarlo con uno sfor–

zo a lui superiore. Del resto non lo in–

fastidivano, Io lasciavano di solito in pa–

ce, vedendo in lui col passare degli anni

nulla più che un pezzo del misero am–

mobigliamento della taverna. E lui se ne

stava seduto nel suo angolo, e sui suoi

occhi dilatati si formava a misura del bere

un velo sempre più spesso e oscuro. Pa–

reva aspettare di continuo, pareva soltan–

to aspettare con pazienza, quasi fosse

creato esclusivamente per attendere. For–

se il suo Creatore sapeva che cosa.

L'aria fresca, battendogli contro all'u–

scita, rivelava gli effetti del vino a lungo

ritardati. Era quello il momento in cui

la sua malinconia scompariva senza lascia–

re traccia. Sl, si animava di notte, come

lo stesso Ponte e come l'animale dal quale

aveva preso

il

suo soprannome ! Correva a

zig-zag verso

il

Museo Nazionale, legge–

ro, libero, sorridente, quasi felice, ora

toccando con movimenti scivolati il sel–

ciato della strada, ora volando in alto in

uno sbattere delle braccia impennate. Poi

rallentava

il

passo, stanco e ansimante. Si

apriva davanti a lui l'ampia, spopolata a

quell'ora Via Foria.

Dicevano che vi si affrettasse verso Pog–

gioreale, e che dormisse al cimitero, dove

i più sontuosi sepolcri di famiglia pro–

curano alle volte a chi non ha casa un

tetto sopra la testa.

In

seguito nacque la

leggenda che egli aiutasse i becchini nella

cernita delle salme. La nostra città è an–

che minacciata dall'asfissia della morte:

da quando si è cessato di seppellire i mor–

ti nei sotterranei delle chiese, si svolge

di notte a Poggioreale un febbrile lavoro

di esumazione per verificare quali delle

spoglie meritino ancora un nome ed un

ritaglio della terra tanto preziosa, e quali

siano maturate per l'annientamento de–

finitivo nella fossa comune.