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Gustavo Herling

Il

ponte

(Dalle cronache della nostra città)

Q

u

Es T

o il racconto di Kafka

«

Il

ponte»

(Die Briicke):

«

Ero rigido

e freddo, ero un ponte, gettato sopra un

abisso. Da questa parte erano conficcate

le punte dei piedi, dall'altra le mani,

avevo i denti piantati in un'ar gilla fria–

bile. Le falde della mia giacca svolazza–

vano ai miei fianchi. Giù nel profondo

rumoreggiava il gelido torrente dove guiz–

zano le trote. Nessun turista veniva a

smarrirsi in quelle alture impervie,

il

ponte non era ancora segnato sulle carte.

Cosl giacevo e aspettavo; dovevo aspe!•

tare. Una volta gettato, un ponte non può

smettere di essere ponte senza precipi–

tare... Un giorno d'estate, verso sera

(fosse la prima, fosse la millesima, non

saprei dire: i miei pensieri erano un guaz–

zabuglio), verso sera, quando più cupo

scrosciava il torrente , ecco che udii un

passo umano!

"A

me, a me! Stenditi,

ponte, mettiti all'ordine, trave senza spal–

letta, sorreggi colui che ti è affidato . Com–

pensa insensibilmente l'incertezza del suo

passo, ma se poi vacilla fatti conoscere

e lancialo sulla terra come un Dio mon–

tano! " ... Egli venne, mi percosse con la

punta ferrata del suo bastone, poi sol–

levò le falde del mio abito e me le de–

pose in ordine sul dorso. Infilò la punta

del bastone nei miei capelli folti e ve

la mantenne a lungo; probabilmente egli

si guardava d'intorno con aria feroce. Poi ,

d'un tratto (io stavo appunto seguendolo

trasognato per monti e valli), saltò a piedi

giunti nel mezzo del mio corpo. Rabbri–

vidii per l'atroce dolore, del tutto incon–

scio. Chi era? Un fanciullo? Un sogno?

Un grassatore? Un suicida? Un tentatore?

Un distruttore? E mi volsi per vederlo.

Il ponte che si volta! Non ero ancora vol–

tato e già precipitavo, precipitavo ed ero

già dilaniato e infilzato dai ciottoli aguzzi

che mi avevano sempre fissato pacifica–

mente attraverso l'acqua scrosciante».

II

N

E L L A

s u

A

Cronaca giornaliera

delle Provincie napoletane,

De Ster–

lich annota il 3 giugno 1869 :

«

Napoli.

Suicidio. Un giovine si

è

gittato dal Pon–

te della Sanità ». Sei giorni dopo, il 9

giugno:

«

Napoli. Suicidio. Anche oggi un

uomo precipitato dal Ponte della Sanità.

Grande oramai in Napoli

è

la frequenza

del suicidarsi; e il Ponte della Sanità è

quello che molti scelgono a ciò. Non

è

che di suicidi non ve ne siano stati in

Napoli, ma non tanti come da vario tem–

po.

Io

credo che dal mese di marzo, don–

de ho cominciato la mia

Cronaca,

ne ho

notati

fin

oggi meglio che dieci. Questo

Ponte da che venne innalzato

fu

tenuto

come il luogo più adatto per chi, mosso

da una estrema disperazione, ha risoluto

di procurarsi la morte: sl che viene pre–

ferito da tutti quelli che vogliono irremis–

sibilmente morire. I quali, usciti dalle

proprie case, vanno fin là, senza mutar