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Utopuz

e

realtà nell' Ameri.ca latina

re all'aperto la loro personalità , spingen–

dola nell'azione, perché trovasse una mi–

sura e un limite in quella degli altri, gli

ispano-americani erano impegnati in un

processo inverso, in un'impre sa di poten–

ziamento dell'individualità, ritenuta incon–

taminabile dall'azione. I primi si misura–

vano con la realtà nelle sue diverse mani–

festazioni; i secondi con la solitudine, con

un regno dalle dimensioni incalcolabili,

nel quale la realtà si inseriva di misura.

La società sudamericana progredirà quan–

do le Repubbliche « si fonderanno sul–

l'egoismo intelligente e non sul patriot–

tismo egoista». In questo senso si può

dire che il

caudillismo

ispano-americano

non era stato altro che un aspetto del

feudalesimo spagnolo.

Gli Stati Uniti - scriveva Bilbao -

rappresentano oggi ciò che fu la Grecia

un tempo, « la rivelazione più positiva

della divinità nella filosofia, nell'arte, nel–

la politica. La nazione nordamericana ha

coniato la parola

sei/ government,

come

la Grecia ha coniato la parola

autono–

mia...

È

la nazione posseduta dal demone

del perfezionamento ». Il successo del–

l'America del Nord era dovuto , secondo

Sarmiento, a una rigida concezione raz–

ziale, che aveva lasciato

ai

margini della

società civile le genti di colore. Nell'Ame–

rica del Sud, invece, l'incontro tra euro–

pei e indigeni non aveva prodotto scon–

volgimenti profondi; anzi, ben presto le

razze si erano fuse tra loro e si erano

amalgamate. Il meticciato poteva essere

considerato uno dei più nobili traguardi

raggiunti dall'umanità .

In

tale impresa le

culture spagnola e lusitana e quelle an–

tiche precolombiane, una volta venute in

contatto tra loro, erano parse esaurire la

loro carica civile. Alejandro O. Deustua

subordinava la materia alla libertà creatri–

ce e chiamava questo principio « filosofia

della libertà disinteressata ».

Il movimento culturale che segul al se–

condo conflitto mondiale sosteneva essere

la cultura europea una tra le altre. Lo sto–

ricismo, l'esistenzialismo e le altre filoso–

fie del dopoguerra - come scriveva Zea

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- « relativizzarono la valutazione della

cultura ». Raul Prebisch diceva: « Nelle

teorie che continuano a venirci dai grandi

centri si riscontra spesso una falsa pretesa

di universalità . Spetta a noi, uomini della

periferia, contribuire a correggere tali teo–

rie ed a introdurre in esse gli elementi

dinamici necessari per accostarci alla no–

stra realtà». Emilio Uranga, dal canto suo,

sosteneva che ciò che stabilisce il valore

di una dottrina « è la sua capacità di for–

nire le basi per una descrizione sistematica

dell'esistenza umana, non di un'esistenza

umana

in

astratto, ma

di

un'esistenza urna•

na inquadrata in un

habitat

geografico, in–

serita in un quadro sociale e culturale ».

Il ruolo dei latino-americani nel concer–

to dei popoli non poteva essere quello di

semplici «ripetitori», come diceva Guil–

lermo Francovitch. A partire dal secondo

decennio di questo secolo, la preoccupa–

zione dei latino-americani è stata quella

di partecipare su un piano di eguaglianza

alla risoluzione dei grandi problemi del

mondo. Alla fine, si sono accorti di es–

sere soli, come tutti gli uomini della ter–

ra, e di attendere che altri uomini tenda–

no loro la mano. « Per la prima volta

ne!Ja nostra storia - scriveva Octavio

Paz - siamo contemporanei di tutti gli

uomini».

I

L

e o

N TE

di Keyserling definl

l'

A–

merica latina il continente del terzo

giorno della creazione.

È

un continente

che solo in parte ha perduto quella forza

d'attrazione per le avventure più audaci

dell'ingegno che l'aveva fatto identificare

con una « utopia » dell'uomo occidentale.

Esso è ancora aperto agli entusiasmi di

quanti si rifugiano nei suoi paradigmi na–

turali per escogitare formule risolutive

di problemi che angustiano la coscienza

di quei popoli abbienti che cercano di da–

re un senso alla diversità delle risorse.

È

un continente appena violato dal deside–

rio di sopraffazione di popoli di diversa

estrazione che hanno dovuto cedere al

sentimento dello spazio e del tempo. Fi–

nora

è

rimasto un atto della coscienza,