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NE
dell'am–
L
biente narurale e socialecostituiva uno
dei compiti che si erano assunte le ge–
nerazioni educate nel positivismo, anche
se talvolta si manifestava qualche perples–
sità, come in Arguedas, circa l'effettiva
possibilità di inserire le collettività indi–
gene nelle comunità nazionali.
«
Se non
ci fosse una prevalenza di sangue indi–
geno - scriveva Arguedas -
il
Paese
[la Bolivia
J
avrebbe raggiunto oggi lo
stesso livello di molti popoli più favoriti
da correnti immigratorie venute dal vec–
chio continente». Tra quegli intellettua–
li vi fu anche chi, come Carlo Octavio
Bunge, e lo stesso Sarmiento, auspicava
la
«
sassonizzazione» dell'America ispa–
nica.
José Enrique Rod6 fu
il
profeta della
nuova America, che sarebbe risorta come
l'araba fenice dalle ceneri a cui
il
positi–
vismo aveva cercato di ridurla. Essa sa–
rebbe risorta non rinnegando la propria
realtà, ma come più chiara espressione
della sua storia, della sua società e della
sua umanità.
«
Non vedo quale benefi–
cio né quale utilità - scriveva Rod6 -
vi sia nel voler snarurare
il
carattere dei
popoli, il loro genio particolare per iden–
tificarli con un modello estraneo al qua–
le sacrificare l'originalità insostituibile del
loro spirito, né vedo come si possa cre–
dere ingenuamente che ciò si possa otte–
nete con processi artificiali e improvvi–
sati di imitazione». Rod6 trovava illo–
gico quel desiderio di imitazione dal mo–
mento che in ogni opera dell'uomo, sia
in quella anglosassone che in quella la–
tina, vi erano aspetti positivi e aspetti
negativi. Riferendosi agli Stati Uniti , con–
siderati come un modello da imitare, egli
scriveva:
«
Privo di profonde tradizioni
che lo orientino, quel popolo non ha sa–
puto sostiruire l'idealismo ispiratore del
passato con un'alta e disinteressata con–
cezione dell'avvenire. Esso vive in fun–
zione della realtà immediata, del pre–
sente, e pertanto subordina ogni sua at–
tività all'egoismo del benessere persona–
le e col!ettivo ». Rod6 non negava
il
va-
Riccardo Canipa
!ore dello spirito utilitaristico, ma si op–
poneva all'idea di fare di quello spirito
il
fulcro della trasformazione delle so–
cietà latino-americane. L'America latina
poteva essere grande e potente come gli
Stati Uniti, ma senza cessare di essere se
stessa. Vi erano dei valori che l'America
aveva ereditato dalla tradizione iberica
che, secondo i fautori dell'imitazione del
mode!lo anglosassone, avrebbero dovuto
essere sacrificati per essere sostituiti da
altri che non le erano congeniali. Gli
ideali positivisti, ruttavia, non riusciro–
no a far sl che l'America latina si pones–
se al passo con i popoli nei quali vedeva
un modello da seguire.
L'egoismo delle caste, dei gruppi co–
loniali, che aveva impedito all'America
latina di inserirsi nella marcia per
il
progresso, era stato sostituito da un al–
tro tipo di egoismo altrettanto negativo,
e le caste e i gruppi si erano trasformati
in oligarchie preoccupate solamente
cli
accrescere i loro privilegi. Erano scompar–
se le tirannie teocratiche, ma al loro po–
sto si erano insediate quelle che, in nome
del progresso, avevano creato un ordine
che favoriva i loro interessi.
Le
migliori
espressioni della razza ispanica, iberica
o latina erano state cancellate, non per
far posto all'uomo pratico sognato dai
romantici e dai positivisti, ma ad uomi–
ni più freddi e calcolatori, i quali si ser–
vivano di nuovi argomenti per giustifi–
care lo spietato sfruttamento compiuto
da alcuni gruppi sociali ai danni delle
nazioni. Calibano, che rappresentava l'e–
goismo materialista, soffocava Ariel,
il
simbolo della generosità latina che, mal–
grado tutti gli ostacoli, aveva saputo crea–
re dei popoli che aspiravano a raggiun–
gere traguardi non soltanto materiali.
Ariel avrebbe dovuto servirsi invece di
Calibano come di un valido strumento
per il raggiungimento dei suoi fini.
«
Il
principio fondamentale della nostra evo–
luzione - diceva Rodo -
il
nostro pro–
posito dev'essere quello di mantenere
l'integrità della nostra condizione uma–
na... Nell'intimo della nostra anima deve