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svolgimento soltanto, e non in nessuna
singola scena, consiste
il
loro signifi,
cato. Sicché la storia vera degli uomini
è ridotta a essere il simbolo di se stessa.
Che cosa significa tutto ciò? La ri–
sposta di Victor Hugo è la stessa degli
storiosofi : la storia dell'umanità è sacra
e profana a un tempo, opera della vo–
lontà di ciascuno, ma anche guidata dal–
la mano di Dio e retta da una legge asco–
sa quanto razionale: la legge del Progres–
so. Progresso verso che cosa? Verso il
Progresso medesimo.
Al termine della sua rievocazione della
battaglia di Waterloo, e come ultimo
tocco del gran quadro storico da lui di–
pinto a pennellate così contrastanti , Hugo
arriva logicamente a domandarsi:
«
Fu
Waterloo un bene?
».
La risposta, come
prevedibile, è
«
sl
»
e
«
no
»
al tempo
stesso: dialettica.. Waterloo
fu
la rivin–
cita delle monarchie contro la Rivolu–
zione portata da Napoleone attraverso
l'Europa sulla bocca delle sue artiglierie,
e segnò il ritorno al principio del diritto
divino dei re; dunque
fu
un male. Ma,
d'altro canto,
«
siccome l'impero era sta–
to dispotico, la monarchia, per reazione
naturale delle cose, doveva necessariamen–
te essere liberale: con gran dispiacere dei
vincitori, da Waterloo è uscito un ordi–
ne costituzionale. Gli è che la rivoluzio–
ne non può essere veramente vinta: es–
sendo provvidenziale, riappare sempre...
» .
«
E che cos'è la Rivoluzione?
»
si do–
manda Hugo.
«
Se volete rendervene
conto, chiamatela Progresso
»
risponde.
«
E se volete rendervi conto di quel che
sia il progresso, chiamatelo Domani -
conclude il poeta -: Domani compie ir-
Nicola Chiaromonte
resistibilmente la sua opera, e la compie
a cominciare da oggi
».
L'Oggi è il Domani, il senso della
vita di oggi sta nel Domani, un Domàni
storico di cui l'oggi non è che l'oscura
cifra. La formula è oracolare, ma riassu–
me molto efficacemente quella fede ot–
timistica nella Storia - cioè nell'armonia
prestabilita fra le aspirazioni umane e il
corso degli eventi - che fa dell'esistenza
il fantasma di se stessa, rinviandone il si–
gnificato all'infinito, cioè annullandolo.
Il tumultuoso afflato dell'ottimismo vit–
torughiano rimane ben lontano da una si–
mile conclusione. Al contrario, per Victor
Hugo come per gli spiriti più generosi
del suo tempo, il Dio della Storia era un
Dio sostanzialmente ostile a ogni potere
stabilito, e dirigeva con mano infallibile
il corso deUe vicende umane verso il me–
glio. Ma, dopo di lui, l'uomo ·europeo ha
visto la propria storia precipitare verso
il peggio, non avendo contro il peggio
altro ricorso che la credenza, malgrado tut–
to, nella Storia, nella dialettica degli even–
ti, nell'efficacia dell'azione storica; ossia,
in definitiva, nella forza del più forte e
nella prosecuzione indefinita delle batta–
glie, delle conquiste e dei gonfiori di te–
sta. Al dilà non c'è nulla, tranne il mirag–
gio di un Progresso diventato d'altra par–
te bifronte , anzi molto più minaccioso che
promettente .
A questo punto, è evidente, la religio–
ne della Storia crol!a. Un Dio che non
sia Dio del Bene non è un Dio, infatti;
e una Storia che non promette il me–
glio non ha senso.
NICOLA CHIAROMONTE