

Fabrizio a Waterloo
che è di imporre l'osservanza delle leggi
da lui decretate al corso della Storia:
«
Bonaparte vincitore a Waterloo : la cosa
usciva dalla legge del diciannovesimo se–
colo. Un'altra serie di fatti si preparava ,
nella quale non c'era più posto per Na–
poleone. Il malvolere degli eventi s'era
annunciato da molto tempo. Il peso ecces–
sivo di quest'uomo sul destino dell'uma–
nità turbava l'equilibrio . Questo indivi–
duo, da solo, contava più del gruppo uni–
versale. Tali pletore di tutta la vitalità
umana concentrata in una sola testa, il
mondo che sale al cervello di un uomo,
un fatto simile sarebbe mortale per la
civiltà. Per l'incorruttibile equità supre–
ma, il momento d'intervenire era giunto ...
Napoleone era stato denunciato nell'in–
finito, e la sua caduta era stata decisa.
Egli era d'impaccio a Dio. Waterloo non
è
una battaglia: è il mutamento di fronte
dell'universo» .
I
L
L I N G
u
A G G I
o di Victor Hu–
go sorpassa con tale impertuvbabile
foga i limiti del ridicolo che non si riesce
a sorriderne : sotto le frasi reboanti si av–
verte troppo bene la tensione animosa del
veggente che cerca di trasmettere alle tur–
be la rivelazione ricevuta dal Dio. Certo,
nel suo discorso le idee si accavallano
e mescolano in maniera cosl confusa e
contraddittoria da scoraggiare l'analisi.
Tuttavia, in queste pagine dei
Miserabili
come nella
Légende des siècles,
il poeta
non fa che esprimere in forma concitata
e declamante la visione ottimistica della
Storia propria del suo tempo. Le contrad–
dizioni e confusioni di Hugo sono quelle
intrinseche della religione storiosofica, ma
«
esposte al popolo », per dir cosl, in–
vece di esser tenute chiuse nel linguag–
gio dei rnistagoghi.
Il significato principale della sconfitta
di Napoleone consiste infatti , per Hugo ,
nell'adempimen to della legge secondo cui,
giunte che siano le vicende dell'umani tà a
un certo punto, occorre una svolta nella
storia universale.
È
la legge, tanto abusa–
ta dipoi, della dialettica storica (
«
!'equi-
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tà suprema ») , drammatica e impassibile
insieme, la quale si serve degli indivi–
dui ai suoi scopi, ma non esita ad annien–
tarli quando essi diventano un ostacolo al
suo funzionamento . La
«
pletora della
vitalità umana concentrata in una sola
testa »,
«
il mondo che sale al cervello
di un individuo », che cosa sono se non
forme divulgate dello
«
Spirito del Mon–
do a cavallo » visto da Hegel sul campo
di battaglia di Iena? D'altra parte -
come nella visione storiosofica ed evolu–
tiva del mondo propria del secolo deci–
monono e tuttora persistente - quello
che importa a Victor Hugo non è tanto
l'individuo quanto la legge: Dio, lo Spi–
rito del Mondo, il movimento dialettico
che trascina l'umanità verso il compimen–
to dei suoi destini.
È
dunque lecito rivolgere a Victor
Hugo l'obiezione che vale per tutte le
storiosofie: chi è, che cos'è, questo Na–
poleone al tempo stesso individuo straor–
dinario e gonfiore di testa dell'umanità,
condottiero geniale e strumento ignaro
di una Volontà superiore? E che cosa so–
no le sue battaglie , le sue vittorie , le sue
sconfitte, la sua caduta, con i casi in–
finiti da cui scaturiscono e di cui sono
l'effetto , se in realtà non sono quello che
sembrano essere nell'esperienza attuale e
considerati uno per uno , ma fasi di un
processo biologico il cui termine ultimo
è un
«
mutamento di fronte dell'univer–
so », vale a dire un nuovo periodo di lot–
te, di battaglie, di vittorie e di sconfitte,
affidato a nuovi gonfiori di testa indivi–
duali?
Quando la sua storia è vista in una tal
prospettiva, l'individuo protagonista è
al tempo stesso quel determinato indivi–
duo in carne e ossa, soggetto a tutti
gli errori, a tutte le fortune e a tutti i
mali possibili, e un'idea astratta. Le
lotte, le battaglie, le rivoluzioni, il san–
gue sparso, le distruzioni, le venture e
sventure sofferte da miriadi di uomini
uno per uno e tutti insieme diventano
allora gli episodi e le comparse di una
sorta di grandioso film storico nel cui