Table of Contents Table of Contents
Previous Page  19 / 126 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 19 / 126 Next Page
Page Background

Fabririo a Waterloo

esprime

il

senso della sua avventura, il

quale non può consistere né nei sogni

a occhi aperti di Fabrizio, né nella bana–

lità degli incidenti in cui si frantuma

l'evento storico, né tantomeno in un sup–

posto significato complessivo dell'evento

medesimo,

il

quale non è sperimentato

né sperimentabile da nessuno, giacché

tutti, da Napoleone all'ultimo soldato, ne

sono parte, e tutti, quale che sia l'impor–

tanza della parte che vi recitano, ne sono

travolti e trascesi.

Quello che importa, dunque, e che so–

lo è vero in senso proprio, è l'incontro

e lo scontro fra l'animo dell'individuo

e la violenza dell'evento; la quale, co–

munque, non si offrirà mai all'esperienza

altro che come incidente più o meno as–

surdo:

il

cadavere apparso di colpo at–

traverso la strada, le zolle di terra che

una forza invisibile fa sprizzare in alto,

il cavaliere vestito di blu abbattuto da un

colpo di fucile tirato alla cieca, sono

simboli di quest'assurdità intrinseca del–

l'evento quale realmente si manifesta al–

l'individuo che vi partecipa .

In

questa

assurdità si rivela, quasi crudelmente tra–

fissa dall'occhio fermo del romanziere, la

sola realtà che veramente interessi Sten–

dhal:

«

Questo dono scomodo, padre di

tante e cosl ridicole azioni, che si chiama

anima» .

Questo è il fatto che egli vuol

mettere in risalto sullo sfondo, più che

ostile, indifferente della vita reale, la quale

è

sempre soltanto

«

vita quotidiana ».

Che si tratti di battaglie o di vita or–

dinaria, la differenza non

è

grande : lo

scarto fra gli slanci dell'anima e la real–

tà comune - il mondo quafe gli uomini

tutti insieme lo fanno - rimane lo stes–

so. La vita reale è sempre vita quotidia –

na, sedimento fatale del gioco degli in–

teressi, dei calcoli utilitari (fondati su

quella visione lucida della trama sociale

che distingue il barone de la Mole o il

conte Mosca), del filisteismo e degli or–

pelli di cui il filisteismo si addobba. Di

questo è fatta la realtà, nemica di ogni

moto spontaneo. Ma senza questo, il mon–

do non sarebbe che favola inconsistente.

19

L'ironia stendhaliana è fondata sulla co–

scienza attiva - sempre sveglia e mai

romanticamente indulgente - di tale fat–

to. Essa, dunque, opera continuamente a

doppio taglio: non risparmia la sponta–

neità e l'ingenuità, destinate come sono

alla sconfitta appena vengano a confronto

con la vita reale; ma neppure perdona al–

le finzioni mondane e alla mondana sag–

gezza, che non si ottengono se non a

prezzo della rinuncia a ogni spontaneità

di sentire e d'agire, cioè insomma ven–

dendo la propria anima (non senza l'il–

lusione di poter giocare con la vita un

doppio gioco

il

quale tuttavia non può

trovare dignità che in una fine tragica,

come nel caso di

J

ulien Sorel).

Q

u

A N T

o alla battaglia di Waterloo

e alla sua importanza storica, abbia–

mo un documento di ciò che Stendhal

pensasse del grande evento che mise fine

alla carriera di Napoleone in una nota da

lui aggiunta al testo della

Chartreuse:

«

Pensate a quello che saremmo oggi noi

tutti se Napoleone avesse vinto a Water–

loo! Non avremmo liberali da temere,

è vero: l'Imperatore avrebbe dato una

seconda edizione della monarchia, e avreb–

be potuto darle una tal sembianza

d'uti–

lità

che essa avrebbe benissimo potuto

continuare per un secolo; ma oggi i so–

vrani delle antiche famiglie non potreb–

bero regnare se non dopo aver sposato

le figlie dei marescialli dell'Imp eratore,

parecchi dei quali stanno attualmente ri–

velando che razza di mediocri essi fos–

sero...

»

Siamo qui molto lontani dal mito di

Napoleone portatore della Rivoluzione at–

traverso l'Europa , il Napoleone eroe del–

l'antifili steismo nel quale credono i gio–

vani eroi di Stendhal , e aveva creduto

a suo tempo Stendhal medesimo. Siamo

anzi al polo opposto: a un Napoleone che,

se avesse vinto a Waterloo e potuto quin–

di ristabilire fermamente le sue fortune ,

avrebbe fatto proliferare in tutta Euro–

pa delle monarchie alla Louis Philippe,

il re borghese per antomasia, così disprez-