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bricht e Chelest, nonché Gomulka, la cui

decadenza fisica e morale ispirerebbe pietà

se non fosse tanto malefica. L'iniziativa

della campagna di denigrazione e intimi–

dazione sferrata contro la Cecoslovacchia

di Dubcek

è

stata presa, ricordiamocelo,

a Berlino-Est, all'inizio della primavera.

Fu Kurt Hager, membro del

Politburo

del

partito comunista tedesco-orientale, a lan–

ciare per primo un attacco contro uno dei

più prossimi collaboratori di Dubcek ,

Smrkovsky. I rapporti tra Varsavia e Pra–

ga, a causa delle vive reazioni dell'opinio–

ne ceca e slovacca alla repressione delle

manifestazioni studentesche polacche e

alla purga antisemitica che la seguì, si so–

no raffreddati in un momento in cui Mo–

sca cercava ancora ostensibilmente di ade–

scare i successori di Novotny. Alla con–

ferenza di Cierna, il più aspro assalitore

di Dubcek

fu

il primo segretario del par–

tito comunista ucraino, Chelest. Questi

tre vicini della Cecoslovacchia si sentivano

più direttamente interessati , più presi di

mira dal liberalismo che andava prendendo

piede a Praga che non lo stesso Cremlino,

più minacciati dell'Ungheria e della Bul–

garia: dell'Ungheria , perché, dopo la re–

pressione degli anni 1957-'59 , Kadar vi

aveva introdotto elementi di tolleranza che

rendevano il clima politico del Paese più

sopportabile; della Bulgaria, perché gli

affari della Cecoslovacchia non la toccano

più di quanto faccia il vento di contesta–

zione che soffia ad intermittenza a Bel–

grado.

Senza dubbio il terzetto costituito da

Ulbricht , Gomulka e Chelest (quest'ul–

timo sembra sia stato atterrito non soltan–

to dalla democratizzazione ma anche dal-

1 'esempio fornito dalla Cecoslovacchia di

una vera e propria federalizzazione, esem–

pio suscettibile di risvegliare

il

latente na–

zionalismo degli ucraini) non avrebbe, da

solo, potuto determinare la decisione del–

l'inter vento. Ma aggiungendosi agli altri

fattori che spingevano verso l'azione mi–

litare , l'influen za del terzetto non ha man–

cato di avere

il

suo peso. Se ne è potuto

misurare il vigore dopo l'intervento: in

François Fejto

pratica, il tono degli articoli della stam–

pa di Berlino-Est , di Varsavia e di Kiev

è stato ancora più carico d'odio , più in–

sultante (riportando all'orecchio dei cechi

la sinistra eco del

Volkischer Beobachter

di un tempo) di quello della stampa di

Mosca. E non

è

dir poco.

In

una parola, noi abbiamo sottovalu–

tato le potenzialità fasciste, imperial-comu–

niste del regime sovietico e dei suoi simili.

E adesso?

L

INTERVENTO

militaredel1956,

per quanto tragico fosse per gli un–

gheresi, poté esser interpretato come un

incidente della destalinizzazione e della di–

stensione . Esso seguiva dappresso il XX

congresso del partito sovietico, il rifiuto

del mito staliniano, il lancio del riformi–

smo krusceviano, e veniva attuato in un

momento in cui le strutture staliniane era–

no appena intaccate ed il centrista Kruscev

si .trovava ancora alle prese con i più

conservatori tra i burocrati staliniani. Ma

è vero altresì che Kruscev e i suoi fautor i

erano già troppo impegnati nel

«

nuovo

corso

»

perché potessero, anche se aves–

sero voluto, tornare puramente e sempli–

cemente alle pratiche terroristiche stali–

niane senza rischiare di perdere le loro

posizioni. Fu per salvare le loro conce–

zioni di prudente riformismo che essi ri–

tennero di poter soffocare una ribellione

che metteva in questione la fede nella

perfettibilità del sistema comunista.

Nel 1968, la situazione è completamen–

te diversa. L'intervento si è prodotto in

pieno riflusso del riformismo sia nel–

l'URSS che in Polonia. Esso è stato diret–

to non contro una ribellione ma contro

una riforma che

è

il

prolungamento trop–

po a lungo ritardato della destalinizzazio–

ne. Vi è in questo caso, rispetto a Budapest

1956, una differenza di

qualità

-

per

usare un termine hegeliano-marxista - e

non più di quantità. L'impiego della for–

za contro la Cecoslovacchia di Dubcek ri–

vela il fondamentale pessimismo che oggi

alligna tra i dirigenti dell'impero sovietico,