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La bilancia del Cremlino

una perdita di fiducia nei mezzi politici

e ideologici di persuasione, una usura mo–

rale che sarebbe errato considerare un

semplice ritorno allo stalinismo, un neosta–

linismo. Il breznevismo è peggiore dello

stalinismo. Stalin, malgrado tutti i suoi

crimini, aveva del genio. Il breznevismo

è la repressione senza il carisma, nel

grigiore.

Le conseguenzeimmediate dell'interven–

to sono quelle che era logico aspettar–

si: il popolo più russofilo d'Europa - a

parte i bulgari e i militanti del partito

comunista francese - è divenuto russo–

fobo e sovietofobo e lo sarà per genera–

zioni. Tito ha perso le ultime illusioni che

ancora conservava circa le possibilità di

coesistenza e le concezioni pluralistiche dei

successori di Kruscev. La Romania cerca

febbrilmente di proteggersi dall'« aiuto

fraterno e internazionalista » che il Crem–

lino, inquieto di fronte al fermento nazio–

nalista e revisionista della sua vicina

sudoccidentale, sarebbe tentato di offrir–

le. I partiti comunisti occidentali sono

profondamente colpiti; la conferenza in–

ternazionale prevista per novembre proba–

bilmente non avrà luogo; Fide! Castro

ha approvato la violazione della sovrani–

tà del popolo cecoslovacco, proclamando

che « la sovranità deve cedere di fronte

all'interesse più importante dei diritti

[sic]

del movimento rivoluzionario mon–

diale », ma ha aggiunto, con una strabi–

liante dialettica, che l'Unione Sovietica

non è meno attaccata dal

virus

revisioni–

sta (cioè dalle riforme di Liberman) di

quanto non sia la Cecoslovacchiadi Dub–

cek. La Cina e l'Albania, pur prendendo

le loro distanze dai « revisionisti » di Pra–

ga, denunciano l'intervento sovietico co–

me un « crimine perpetrato dai rinnegati

revisionisti sovietici, da tempo degenerati

in social-imperialisti e in social-fascisti»

(dichiarazione fotta da Ghu En-lai il 23

agosto).

I sovietici pagano a caro prezzo la loro

mancanza di informazioni e di senso psi–

cologico, l'impreparazione del loro inter–

vento in Cecoslovacchia. Quest'ultimo sa

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di realismo socialista nella sua espressio–

ne più primitiva. Si era pubblicato un ap–

pello di sostegno ali'« aiuto» con la con–

vinzione di trovare immediatamente i

fir.

matari; invece, ecco gli attori previsti per

i ruoli di Kadar, di Miinnich, di Marosan:

Kolder, Indra , Bilak, eccoli svignarsela tut–

ti, uno dopo l'altro. Si era sicuri di po–

ter indurre

il

vecchio Svoboda, « eroe del–

l'Unione Sovietica» , a trovare un accomo–

damento. Ma ci si era dimenticati che

questo soldato comunista è anche un pa–

triota ceco,

il

cui primo atto , dopo la sua

elezione alla presidenza, era stato quello

di andare a raccogliersi sulle tombe dei

due Masaryk, il che non era affatto un

gesto teatrale. I dirigenti sovietici, indub–

biamente valutando col metro di se stes–

si, ritengono che la dignità sia una finzio–

ne e che si possano fabbricare a volontà

degli Hacha con uomini che aspirano a

ritrovare la grandezza e la purezza di un

Giovanni Huss, di un Masaryk. Dopo aver

fatto fiasco con Svoboda, con Dubcek,

con Smrkovsky, tentano ancora con Gu–

stav Husak, ma con risultati non meno

deludenti. Volevano dividere e hanno in–

vece unito. Hanno provocato, prima con

le loro pressioni, poi con il loro colpo

di forza, una resistenza tanto grandiosa

e sublime - sebbene non violenta e di–

sarmata - quanto quella degli inglesi con–

tro la minaccia nazista nel 1940.

Un successo i sovietici hanno, comun–

que, riportato. Essi hanno fatto sentire,

una volta di più, la solitudine dell'Euro–

pa. Hanno potuto invadere una delle na–

zioni più progredite, più evolute del no–

stro continente, con disprezzo del buon

senso e dei più elementari diritti, senza

sollevare da parte nostra altro che lamen–

tevoli proteste di principio, spiegazioni

imbarazzate, paragoni storici più o meno

calzanti. La grandezza e la coesione di cui

dà esempio, nella prova che attraversa , il

popolo cecoslovacco mette ancora più in

evidenza la nostra impotenza e l'anacroni–

smo delle nostre discordie e divisioni.

FRANçms FEJTO