Table of Contents Table of Contents
Previous Page  18 / 126 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 18 / 126 Next Page
Page Background

18

vallo. Forse ha realmente ucciso un ne–

mico. Ma quello che di fatto accade at–

torno a lui è lo sfacelo del glorioso eser–

cito napoleonico: « Sembrano montoni in

fuga... ». E alla fuga si aggiunge l'ammu–

tinamento. Alla fine, la sola battaglia, o

piuttosto rissa, che Fabrizio avrà avuto

da sostenere sarà stata quella contro set–

te ussari francesi che si rifiutano di fer–

marsi al ponte dove il soldato meno

soldato, e al tempo stesso più entusiasta,

che sia mai stato creato da fantasia di

romanziere era stato messo di fazione

per impedirne il passaggio ai fuggiaschi.

Q

u

E

s

T A

è

la ,battaglia di Waterloo,

l'evento che mise fine allo stupefa–

cente passaggio di Napoleone Bonaparte

sulla scena della Storia, quale Stendhal' ce

la mostra attraverso gli occhi di Fabrizio

del Dongo nei capitoli secondo, terzo e

quarto della

Chartreuse de Parme.

È

il contrario - il negativo, si vor–

rebbe dire - di una battaglia vista nel

suo insieme e animata, per cosl dire, da

un soffio unico: è una battaglia che non

esiste, che si dissolve con completa na–

turalezza non solo in una moltitudine di

episodi in apparenza incoerenti ma di cui

forse una volontà geniale o una miste–

riosa Provvidenza tirano le fila, ma -

molto più naturalmente e paradossalmen–

te - nel seguito sconnesso degli incon–

tri, degli impulsi e delle impressioni del–

l'eroe . Fabrizio è un adolescente rapito

in un sogno di gloria e di storia che cer–

ca a ogni istante di trasformare in mo–

menti d'epopea gli incidenti uno per uno

non solo prosaici, ma incongrui, se non

addirittura folli nella loro completa man–

canza di nesso, in cui si frantuma la sua

avventura. Sicché, alla fine, Fabrizio si

riconosce vinto: « Capl per la prima vol–

ta che s'era sbagliato in tutto ciò che gli

era accaduto da due mesi in qua» .

Napoleone - l'eroe dei bollettini del–

la Grande Armata di cui si era nutrito

Fabrizio e, prima di lui, Julien Sorel -

non esiste: non esiste l'epopea, e non

esiste neppure la Storia. Esistono i casi

Nicola Chiaromonte

singoli, esistono gli individui, esistono

le più fugaci impressioni dell'animo; ed

esiste anche - e questo

è

molto impor–

tante - l'epopea napoleonica, ma sol–

tanto quale è sognata da un animo gio–

vanile. Fuori di questo, ci sono i

«

fatti»,

ossia la vivacità delle cose e delle per–

sone ammortita e sistemata nella serietà

dell'ordine sociale.

Questo , Stendhal ce lo fa sentire nel

modo più diretto possibile: nell'ingenui–

tà di Fabrizio, che

è

l'ingenuità di Can–

dide, in fondo, e parente, comunque, sia

dell'ingenuità di Tom Jones sia di quella

di Nicola Rostov, nonché del Cherubino

di Mozart. Tale ingenuità, il romanziere

la mette di continuo , e con continua iro–

nia, a confronto con la realtà nuda e cru–

da degli uomini, delle cose e delle circo–

stanze. La grazia del racconto sta nel fatto

che il narratore ci dà i moti dell'animo di

Fabrizio come sogni inconsistenti, illusio–

ni, ingenuità, inganni, e gli incidenti for–

tunosi in cui si spezzetta (ma di cui pure

è fatta) una battaglia, come la so!'a real–

tà incontrovertibile; e tuttavia, d'altro

canto, egli ci conduce irresistibilmente

dalla parte dei sogni, dei rapimenti, del–

le illusioni, e persino del ridicolo, del suo

eroe. Sicché noi non possiamo fare a

meno di considerare questi - le peripe–

zie dell'animo di un adolescente - come

la verità vera. Infatti, è in quegli ingan–

ni, in quelle illusioni e delusioni, in quel–

l'invincibile e risibile candore che sta

il significato della storia raccontata da

Stendhal.

Il resto - la battaglia

di

Waterloo,

l'epopea napoleonica vista da lontano e

raffigurata nel suo insieme come in un

quadro di David o di Gros -

è

realtà

irremovibile, certo; ma, per massic–

cia che sia, del tutto insignificante , se

non menzognera: né vera né falsa, che

è peggio. Il che, peraltro, non rende me–

no ingannevoli gli inganni di Fabrizio.

Ma la verità vera, quella che sola inte–

ressa e incanta il lettore, sono, per cosl

dire, le «arie» cantate dall'animo del

giovane eroe. Giacché è in esse che si