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La bilancia del Cremlino

ché quest'ultimo sperava, grazie al pro–

cesso di emancipazione cecoslovacco, pa–

rallelo al proprio, di uscire dal suo isola–

mento in seno al patto di Varsavia.

Infine, tutta una serie di partiti comu–

nisti europei (soprattutto il partito ita–

liano con arditezza, l'austriaco ,

il

danese

e l'inglese con fermezza,

il

francese e lo

spagnolo con sentimenti mitigati) aveva–

no espresso le loro simpatie per il

«

nuo–

vo corso » cecoslovacco, nel quale molti

di essi intravvedevano la promessa di un

proprio rinnovamento , di un ringiovani–

mento dell'idea socialista, della sostitu–

zione del

«

modello » sovietico sempre

più screditato con un modello più moder–

no, umano, socialdemocratico, applicabile

ai Paesi sviluppati. Ecco perché - con

eludevamo con sollievo il 3 agosto a Bra–

tislava - l'intervento non aveva avuto

luogo. Un solo giornalista presente a Brati–

slava, tra

i

miei conoscenti, non era stato

di questo parere:

il

corrispondente del

Nepszabadsag

di Budapest, signor F., il

quale mi disse con aria accigliata:

«

Aspet–

tate due settimane, poi si vedrà ». Si sono

invece dovuti attendere diciassette giorni.

Perché sono intervenuti

I

L

2 1

A G

o s

T

o il Cremlino ha smen–

tito con la critica delle armi tutti i

realistici ragionamenti da noi tenuti a Bra–

tislava. Ci eravamo sbagliati. Tutto

il

mondo s'era sbagliato e, in primo luogo,

i più direttamente interessati, i dirigenti

cecoslovacchi. Essi sono infatti rimasti

evidentemente tanto sorpresi dall'accadu–

to quanto il resto del mondo. Ma in che

punto l'errore si era insinuato nei nostri

calcoli? Il 28 agosto, al suo ritorno da

Mosca, dove era stato condotto amma–

nettato, Dubcek ha fatto la sua autocri–

tica. Egli ha umilmente riconosciuto di

«

aver sottovalutato l'importanza di certi

fattori esterni », di non aver misurato i

limiti posti dagli interessi strategici del–

l'URSS e dei suoi quattro alleati all'azio–

ne del partito e del governo cecoslovac–

chi. Ma di quali interessi si trattava?

11

Se si legge attentamente il lungo arti–

colo della

Pravda

del 22 agosto 1968 in–

titolato

«

La difesa del socialismo è il

supremo dovere internazionalista», si ve–

de come i sovietici giustificassero l'inter–

vento con due argomenti. In primo luogo,

essi dicono, lo sviluppo degli eventi in

Cecoslovacchia (dato il controllo eserci–

tato sugli organi d'informazione dagli ele–

menti di destra, data l'infiltrazione in se–

no allo stesso partito di revisionisti del ti–

po di

J

osef Spacek e Czeslav Cisar) non

poteva che condurre a un colpo di Stato

controrivoluzionario

che bisognava ad

ogni costo impedire.

«

D'altro canto -

aggiungevano, facendo in tal modo una

inattesa rivelazione - una

scissione

s'è

manifestata nella direzione del partito ce–

coslovacco al momento della conferenza

di Cierna. Mentre la minoranza del

Prae–

sidium

con Dubcek alla testa si pronun–

ciava su posizioni

[sic]

apertamente op–

portunistiche di destra , la maggioranza ha

adottato una linea di principio e procla–

mato la necessità di una risoluta lotta

contro le forze di destra antisocialiste ».

Tuttavia Dubcek , benché messo in mino–

ranza, ha continuato - afferma ancora la

Pravda

-

a sabotare tale lotta ed è sta–

to precisamente questo che ha indotto

«

un gruppo di membri del Comitato cen–

trale, del governo e dell'assemblea nazio–

nale», quel famoso gruppo-fantasma i cui

membri dovevano restare introvabili, a

lanciare la sua richiesta di aiuto, richiesta

ricalcata sull'appello di Kadar del 1956 e

alla quale i

«

cinque » hanno risposto con

una celerità squisitamente internaziona–

lista.

Il secondo movente indicato dalla

Prav–

da

era la tolleranza mostrata dal gruppo

di Dubcek nei riguardi delle forze nazio–

nalistiche, borghesi, antisovietiche, la cui

azione sempre più sfrontata

«

faceva sor–

gere la minaccia di una penetrazione della

Germania revanscista fino ai Carpazi »..

«

Certe personalità - affermava ancora

la

Pravda

-

desideravano orientare

la

politica estera della Cecoslovacchia verso

l'Occidente, volevano vederla rendersi più