Table of Contents Table of Contents
Previous Page  12 / 126 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 12 / 126 Next Page
Page Background

vietici. Quanto all'Europa occidentale, es–

sa non costituisce un fattore di dissua–

sione per i russi. E i cecoslovacchi sa–

pevano bene di non poter contare, nel

1968, sulla Francia del generale De Gaul–

le più che, trent'anni prima, su quella di

Daladier e di Georges Bonnet... Tutta –

via i sovietici potevano prevedere che,

pur senza comportare gravi conseguen–

ze né pericoli immediati per la loro si–

curezza, un intervento militare in Ceco–

slovacchia avrebbe fatto rinascere un cli–

ma di guerra fredda in Europa, dato nuo–

vo vigore ali'« atlantismo», rinforzato

negli Stati Uniti il partito dei « falchi» ,

aumentate le probabilità di Nixon di ve–

nire eletto, e infine ritardato lo stabilirsi

di quel

modus vivendi,

di quella coopera–

zione globale sovietico-americana che i

cinesi non sono i soli a ritenere uno degli

scopi permanenti della politica sovietica.

I successori di Kruscev, mentre da un lato

si sforzano di rallentare il processo di di–

sgregazione del loro blocco e di restaura–

re il prestigio dell'URSS nel movimento

internazionale, sembrano lavorare al rag–

giungimento di questo obbiettivo con più

metodo e sobrietà dello stesso Kruscev.

Essi hanno speso molta energia e molto

inchiostro per dissipare

il

« mito della

minaccia sovietica

»

che cementava la

NATO al momento del suo apogeo. Cer–

to, nel 1956 Kruscev aveva anch'egli af–

frontato

il

rischio di riaccendere la guer–

ra fredda con

il

suo intervento in Unghe–

ria; ma aveva dovuto fare i conti con le

« forze maggiori » sopra citate ed era stato

messo in minoranza al Cremlino. Sempre

nel 1956, l'affare di Suez aveva contribui–

to anch'esso a facilitare l'op erazione in

Ungheria, facendo convergere l'atten zione

mondiale sulle posizioni strategicamente

assai più importanti del Medio Oriente.

All'inizio dell'agosto 1968, la Cecoslovac–

chia occupava invece da sola le prime pa–

gine di tutti i giornali del mondo .

5) NEL 1956, Imre Nagy era solo. Per

abbatterlo

il

governo sovietico poteva far–

si forte del mandato di tutti i Paesi so-

François Fejto

cialisti (sebbene Tito avesse storto la boc–

ca e Gomulka, per non urtare la sensi–

bilità della sua nazione, avesse dato fur–

tivamente

il

suo appoggio a Kadar e al–

l'intervento). La Cina aveva non soltan–

to sostenuto, ma addirittura reclamato

l'« aiuto fraterno» dell'esercito sovietico

per

il

« governo rivoluzionario operaio

e contadino » di Kadar e, se è vero che

molti partiti comunisti (segnatamente

quelli dell'Italia , della Francia, della Gran

Bretagna, del Belgio e dell'India) dove–

vano registrare passeggere inquietudini,

qualche crisi di coscienza e qualche defe–

zione, soprattutto da parte degli intel–

lettuali, tuttavia le falle avevano potuto

essere rapidamente chiuse e la solidarietà

degli apparati comunisti non aveva co–

nosciuto nessuna seria crisi. La situazio–

ne, in questo inizio dell'agosto 1968, era

invece totalmente diversa. Tito, per so–

stenere Dubcek contro la pressione dei

«

cinque

»

staliniani, aveva ritrovato tut–

to il suo slancio e la sua energia del 1948 ;

si trattava evidentemente, per lui, di una

faccenda personale e non ·soltanto di una

questione ideologica e di Stato: sapeva be–

ne quanto doveva a lui persona lmente

l'esperienza cecoslovacca, i cui promotori ,

come Ota Sik e Mlynar, si erano ispirati

spesso all'esempio jugoslavo, per la ri–

forma economica, per

il

progetto dei Con–

sigli operai, per la decentralizzazione, per

la democratizzazione, eccetera. Chiunque

sapeva che Tito aveva proposto a Dubcek

il

14 luglio, subito dopo la riunione di

Varsavia, di recarsi a Praga per dargli

tutto l'appoggio morale e politico di cui

poteva aver bisogno. Invece, nel 1956,

nei confronti di Nagy,

il

maresciallo era

stato molto più reticente; lo aveva soste–

nuto solo fino al momento in cui si po–

teva ragionevolmente conservare la spe–

ranza che Nagy sarebbe riuscito a padro–

neggiare l'insurrezione ed a salvaguarda–

re il regime di partito.

Contrariamente a Nagy, che contava tra

i suoi più feroci avversari i dirigenti ru–

meni, Dubcek beneficiava anche del so–

stegno della Romania di Ceausescu, giac-