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llO

sà;

educare anzitutto

il

corpo insegnanti...

«

Ma scusi, la musica non va ascoltata con

la sensibilità?

»

mi ha domandato Anna Fre–

da, comunista castrista (ha trascorso l'estate

zappando la terra a Cuba) e professoressa di

biologia, a Napoli. Le ho risposto che la

musica si ascolta con Je orecchie .

La rassegna di musica contemporanea è

una rassegna

di

musica contemporanea, ec–

co! Ma la questione dell'analfabetismo musi–

cale va trattata

in

altra sede;

i

contestatori

invece l'hanno sollevata qui.

È

facile dire

«

no

»

al

festival

della Biennale e fare d'ogni

erba un fascio: Privilegio, Montedison, Ciga,

Cini, Ignoranza ... Ma l'ignoranza riguarda il

ministero della Pubblica Istruzione, il Con–

servatorio, le Scuole e (perché no?) gli stes–

si venti contestatori firmatari

del

documen–

to

di

protesta. Hanno detto

«

no

»,

ma era–

no isolati. Neppure uno studente al seguito

o al comando. No al

festival

che da critici

hanno criticato e da compositori onorato,

presentando le proprie fatiche in prima ese–

cuzione assoluta.

Luigi Nono ha detto anzi

il

proprio

«

no

»

individuale. Era addirittura patetico mentre

distribuiva

i

volantini

ciclostilati,

press-agent

di se stesso e solitario. Ma

«

una sola noce

nel sacco non suona

»

dicono

i

napoletani.

A lui invece sembrava, certo, che suonasse

forte. Ha voluto dire

«

no » a quel medesi–

mo festival che lo ha sempre vezzeggiato -

sette creazioni dal '59 al '66 - e nel '68 un

bel

«

no

»,

alla maniera intemperante di un

ragazzo immaturo.

SE PER LO SCIENZIATO il banco

di

prova

è

l'esperimento

pratico, per

il

musicista è

l'audizione

in luogo adatto, con una buona

acustica. Qualcuno ritiene che all'intenditore

basti leggere lo spartito a tavolino per farse–

ne un'idea esatta. Ma vi è una componente

empirica, nella realtà sonora, estranea

alld

analisi mentale. Quindi leggere non basta;

occorre ascoltare con i propri mezzi uditivi,

accantonando l'antica legge estetica del bello

e del brutto e quella umana del

gusto alla

moda;

ed è proibito origliare, proibito giu–

dicare a orecchio, in base a pregiudizi. Il ri–

torno

dell'oggetto

sulla tela, o della

melo–

dia

in musica, che cosa rappresentano? So–

lo un rigurgito di maniera; una forma ag–

giornata di spiritismo intellettuale (l'arte

non sarà più quella di prima). Se è vero

che l'attuale ricerca timbrica ha sostituito

Mya Tannenbawn

il canto spiegato dei padri, è altrettanto vero

che stiamo retrocedendo verso

il

rigido asce–

tismo dei bisavoli. Da un lato abbiamo il di–

giuno delle sonorità , nella

Musica per quar–

tetto d'archi

di Borìs Porena, e

il

cerebrali–

smo, in

Berlin '31

di Francesco Carraro; dal–

l'altro lato abbiamo la rarefatta materia di

un

Fossile

(

Pennisi), dove

il

colore di fon–

do accoglie a gocce quel disegno frammenta–

rio di Eliot che il compositore

fossilizza

di

proposito, e con puntiglio ... Prevedibili e

comode vicinanze intervallari vengono sosti–

tuite da una tenace volontà di sopravviven –

za, dimostrata dal suono privo di sostegno;

e già si avverte la mano sicura di un mae–

stro: è Petrassi. Il discorso prosegue con

il

gusto palese

di

esistere e nella contin ua pre–

sa di coscienza contemporanea. Se i

Mottet–

ti per la Passione

sono la segreta facciata bi–

blica, mai venuta meno dal

Coro dei Morti

in poi, subito l'intelletto prende

il

soprav–

vento, in linea ascendente:

Serenata, Tre per

sette, Estri;

e accanto a questi pilastri l'umo–

rista garbato dei

Nonsense

(cinque già noti,

il

sesto, neonato , una sorpresa).

E

dire che

l'americano Robert Ashley ha fatto uso di

92 ranocchie registrandone le voci per la

composizione intitolata

Frogs,

senza otte–

nere l'effetto gracchiante della palude pe–

trassiana, ricostruita con mano felice per

mezzo di astuti fonemi e di sussurri guttu–

rali rapidissimi.

Una fabbrica sonora racchiusa in testa :

questa è

l'«

ispirazione» moderna;

il

cuore,

un muscolo soggetto a trasmigrazioni da cor–

po a corpo, ormai non c'entra più. Ma le

idee del musicista passano seccamente , cal–

colatamente dal cervello alla carta, o dal cer–

veUo al nastro magnetico, o addirittura, sen–

za intermediari, com'è

il

caso del Gruppo

di Improvvisazione di Nuova Consonanza,

direttamente dal cervello allo strumento, al

cospetto del pubblico. Ciò avviene, ripeto,

senza far ricorso a punti di riferimento in–

teriori (il sentime nto) e neppure a pietre di

paragone esterne (

il

pianoforte). Ebbene,

sì: per chi lascia traccia scritta del proprio

operato , basta

il

tavolino; ma poi c'è biso–

gno del collaudo: l'esecuzione in sala da con–

certo, appunto, l'ascolto.

NoN SI FA IN TEMPOa puntJualizzare un

linguagg io, una tecnica nuova; ogni audizio–

ne smentisce la teoria precedente.

È

come

scattare l'istantanea di famiglia: a distanza