Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 12 - 30 dicembre 1895

RIVISTA DI .POLITIECSACIENZSOECIALI Direttore Dr NAPOLEONE COLAJANNI Deputato al Parlamenlo ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. 12. Abbonamentopostale Roma30 Decembre1895 SOMMARIO : Ancora l'Africa, La Rioista - Il sistema positivo socialista, Enrico La Loggia - Antisemitismo, Fraceseo Mo,·- mina - Aggiotaggio, Dr·. N. Colajanni - La funzione sociale del diritto civile, G. D"Aguanno - Recensioni. .ANCORA L'AFRICA Le nubi addensatesi negli ultimi giorni sull'orizzonte politico e minaccianti tempeste non possono distorre per un istante solo l'attenzione degli Italiani dall'Africa maledetta. Questa è la palla di ferro attaccata da governanti disonesti o inetti al piede della patria nostra, che non sa ritrovare quel coraggio vero che occorre per liberarsi da un peso che ne esaurisce le forze e ne inceppa i movimenti. L'ecatombe di Amba Alagi non fu seguita dagli sfoghi della retorica verbosa, che caratterizzarono quella di Dogali; per6, si fece sentire la solita nota bugiarda e pericolosa: quella dell'onore della bandiera. Non discutiamo il valore infrinseco di questo motivo invocato da quanti vogliono spingere i popoli alla guerra e che pur troppo è sempre riuscito a far conseguire l'intento ; ma dato e non concesso che tale pretesto sia giusto e giustificabile non si può negare che quando si voglia rivendicare questo preteso onore della bandiera occorre anzitutto conoscere cèi lo mise a repentaglio. Si rivendichi pure; ma non si lascino impu_ niti i colpevoli che la bandieva esposero a subire affronti e gravi e immeritati. Si può comprendere sino ad un certo punto il desider:o della rivincita, dato il modo come viene inteso e sfruttato oggi il patriotismo; ma riesce assolutamente incomprensibile che si affidi l'incarico di rivendicare l'onore della bandiera a chi ha la colpa di non averlo saputo difendere e custodir&. In questo caso non si tratta di semplice impunità, sempre scandalosa ed esiziale; ma di quaL che cosa di peggio. Questa cieca fiducia. in chi è stato causa di un disastro, dagli interessati, dai colpevoli, nella stessa Camera dei deputati si tentò giustificare 1·omanamente, ma la difesa fu tale una aberrazione politica morale e intellettuale che potè soltanto essere tollerata nel Parlamento italiano. Ma ci furono veramente dei colpevoli negli ultimi avvenimenti africani 1 È facile assegnare la responsabilità ai protagonisti del triste dramma di cui il paese ha pagato e pagherà le spese col sangue e coll'oro dei suoi figli, poichè è facile dimostrare che la imprudenza e impreveggenza dell'on. Crispi e del generale Barattieri furono senza pari, e rasentarono la follia e la delinquenza, e furono aggravate della provocazione da parte del1' on. Crispi che sognò e sogna la costituzione di un impero africano. Nè questa accusa nuove da persone leggere e ignoranti i retroscena della politica ; essa venne più volte ripetuta nella stampa e nel Parlamento e venne di recente formulata con precisione da chi conosce la storia dell'Eritrea. È il generale Gandolfi, infatti, che due mesi or sono ha scritto essere stata la politica dell'on. Crispi in Africa la sola p1·ecisa e conseguente ed essere stata politica ùnperia le (1). • Intendiamoci: precisa e conseguente in quanto allo scopo e tanto piì1 biasimevole per la sproporzione coi mezzi di cui si poteva disporre e che furono adoperati per ragguingerlo. Della imprudenza e della impreveggenza di chi comandava a Roma ed a Massaua, tra breve si dirà; intanto é bene assodare da chi sì partì la provocazione. La provocazione partì sempre dall'Italia, che non contenta di avere brigantescamente occupato Massaua nel 1885 violò il trattato Hewett per riuscire a Dogali; che adulterò l'art. 17 del trattato di Uccialli per venire alla definitiva rottura col Negus; che non rispettò la linea del Mareb ed occupò il Tigrè per condurci ad Amba Alagi. Si dirà e si disse da ministri incoscienti e imprudenti che che i Bat Agos, i Ras Mangascià, cospiravano ai nostri dalllli e ch'era in noi il diritto e il doYere di punire questi singolari 1·ibelli ('I) La nostra politica africana.· 'l'imori e speranze di un ex funzionario Ei·itreo. Imola 1895. p. 13 e 14.

178 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI e traditori, che difendevano la propria libertà. Ebbene, se possiamo mutare il valore delle parole e parlare in nome del diritto e della m raie politica noi che siamo i violatori dell'una e dell'altra in Africa, non possiamo e non dobbiamo negare - dato il criterio punico adottato - di esserci rivelati inabili sino alla iinbecillità. :-ìon discuteremo se all'Italia conveniva e convenga assicurarsi il pi·otettorato armato quale lo vagheggia il Generale Gandolfi e se esso sia agernlo a stabilirsi ; ma certo è che i nostri governanti si chiarirono inetti, privi di un programma chiaro - checchè ne dica lo stesso Generale Gandolfi, - pazzamente imprudenti e impreviggenti. In quanto al programma si poteva seguire la politica tigrina, e si poteva preferire quella Scioana. Ma c'è voluta tutta la inabilità dell' on. Crispi e dei suoi predecessori, come dimostrò Ferdinando Martini, nel suscitare le giuste diffidenze dei tigrini e degli scioani e nel riunire contro di noi quei nemici, che avrebbero dornto combattersi tra loro a nostro benefizio. La inettitudine diplomatica non è stata superata che dalla imprudenza ed imprevidenza. militare. I nemici probabili o dichiarati che avevamo di fronte erano numerosi, forti e bellicosi. Se tutta la storia - dai tempi di Roma, alla s; edizione inglese, alla sh'age degli egiziani - tali non li avesse dimostrati, la nostra esperienza doveva bastare l er renderci avrertiti dei pericoli gravi ai quali andavamo incontro stuzzicandoli e provocandoli; e la qualità e quantità dei nemici ci erano tanto note, che vennero esaltate dallo stesso gene1·ale Barattieri nel discorso di Breno - di cui fu fatto cenno nel numero precedente della Rivista -- e forse furono anche esagerate per accrescere il merito delle vittorie ottenute e di quelle che si confidava di ottenere. Se i nemici agguerriti e numerosi accrescevano le difficoltà solite delle spedizioni coloniali perchè affrontarli con tanta pemu·ia di uomini, di armi, di munizioni, di denari ? E su chi cade la responsabilità dell' averli affrontati in siffatte condizioni d'inferiorità? Che il Generale Barattieri in un primo tempo, - nel periodo che avrebbe dovuto essere di preparazione e fu di disorganizzazione - abbia ritenuti indispensabili ben altri mezzi, che non quelli fornitigli, per condurre a bene l' impresa affidatagli, risulta <lai documenti ufficiali, dal libro verde pubblicato dallo stesso governo centrale. Doj:O, il Bai·attie1·i venne in Italia e si ebbero i suoi tl'ionfi gastronomici teatrali. Non c' erano gli stenografi quando si sfabilì il pian 1 di guerra tra lui e i ministri ; ma, quali che siano stati gli accordi, tutti rimangono responsabili degli avvenimenti di Africa. Ridusse il Barattieri le sue pretese ? E i ministri hanno la colpa inperdonabile di avere affidato l' onore della bandiera a chi con tanta leggerezza mutava le sue previsioni e 1 suoi calcoli in affare di tanto momento. Le mantenne ? E non può trovare scusa il generale Barattieri che accettò <li condurre a termine una impresa con mezzi da lui riconosciuti inadeguati al fine da raggiungere: la conquista definitiva del Tigrè e la sua avversione alla colonia eritrea. Che questo era l'obbiettivo, se al ..ro non vi fosse basterebbe a 1 roval"lo l' aneddoto dell' Almanacco di Gotha, cho da solo in altri tempi e in altri paesi avrebbe schiacciato sotto il pe.so del ridicolo qualu11queministro e qualunque ministero. Nel caso in cui il Barattieri abbia insistito nelle sue prime richieste, non c'è chi non veda di quanto si accresca la responsabilità del ministero. Come si sieno passate le cose nei segreti colloquii tra Barattieri e i ministri forse non si saprà mai perchè il Barattieri può non essere in grado di difendersi vittoriosamente ' e nella parola di un Presidente del Consiglio che a volta a volta dice e disdice, accusa e difende, esalta goffamente il Barattieri e vilmente lo rinnega, e rinnegandolo lo lascia al suo posto, nella parola di un uomo siffatto, non si può contare. Esso non ha altra missione che di revocare un Battirelli pur di conservare il potere. Altro che onore della bandiera! Comunque siano andate le cose, la responsabilità politica del governo, a parte quella militare del 13aratieri, rimane enorme; poichè - ammesso pure che il governatore della Eritrea, sedotto da Sonnino, abbia rinunziato alle sue precedenti richieste certo rinunziando pure di condurre Menelih prigioniero in Italia! - non c'era bisogno di essere uomini tecnici e competenti africanisti per convincersi che c'era grande sproporzione tra i mezzi ed il fine propostosi dal ministero e che si andava incontro a pericoli gravi ed a disinganni amari. Su questo c'era una concordia di avvisi unica piu che rara. Il governo fu ripetutamente avvertito e della inevitabilità di una lotta col Negus e della sua imminenza Nessun dubb:o quanto alla prima: la lotta venne resa probabile dalla sola nostra presenza a Massaua; il nostro avanzare continuo non poteva che renderla certa e doveva rit1,nersi inevitabile e imminente quando furono note le nostre mire sul Tigrè. Menelih col buon senso e colla schiettezza, che riscontrossi nelle lettere di Re Giovanni, scrive a Re Umberto: se io mi chiamo Re dei Re di Etiopia è perche ho aggiunto il Tigt·e al mi"o regno-

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI · 179 La politica sleale, e spavalda e imprudente ciel governo italiano confermò il Negus nei suoi sospetti e forse gli fece intravedere la possibilità cli una riscossa che potesse terminare col ricacciarci verso il mare. Il generale Ganclolfi conchiudendo il suo studio giustamente osserva che la politica sudanese nata nel 1890 e ripresa con Crispi « mise contro di noi ad un tempo i dervisci e gli abissini e ci gett6, contro Yoler nostro, nella politica di vendetta e di conquista a qualunque costo. « Incominciata questa politica nell'ottobre, ci « troviamo già sul terreno delle soste e delle in- « certezze; squilibrati prima per l'eccentricità di « Cassala, ci troviamo ora piì1 squilibrati che mai " dalla eccentricità ancor maggiore ·di Antalo, per « cui si pensa, se attaccati, di ridu1·ci ad Acli- « grat, come dopo la presa di Cassala si pensò di « raderla al suolo per ridursi a Cheren. (p. 41). Edoardo Scarfoglio, ardente e logico africanista, che nella nostra politica coloniale non aveva visto che assurdita, incoerenze e villa alla sua volta dopo aver fatto una critica acuta e serrata della nostra azione dimostra che le vittorie di Coatit e Senafè aumentarono, non diminuirono i nostri pericoli e alla fine di Ottobre scriveva: « noi non « abbiamo fatto che accostarci di cencinquanta: « chilometri al nemico. La maggiore vicinanza ag- « grava il pericolo e c'impone imperiosamente la « scelta fra l'attaccarlo subito e sgominarlo o au- « mentare i nostri mezzi di difesa in proporzione « dell'accresciuto territorio per fronteggiarlo. » (Le nostre cose in Afr·ica) (1). Le previsioni e gli avvertimenti alla vigilia di Amba Alagi non furono meno chiari e ripetuti. Che dopo Debra Ailat fosse previsto l'attacco degli Scioani risulta dalle stesse disposizioni prese da Barattieri nell'occupare Makallè e dalle considerazioni fatte dalla Tribuna (8 novembre) alle lettere mandate da Mercatelli e nelle quali si esponeva il programma concordato tra il generale e il Governo: cioè di abbanclonai·e - dopo aver distrutto incendiato tutto - il paese occupato cli fronte a forze sove1·chianti per andare ad aspettare il nemico tra Adigrat e Adaga-Amus. Dunque in Ottobre era previsto, dai Comando Militare in Africa e dai più solerti e autorevoli cor- (I) Lo Scarfoglio pubblicò nel ltfattino di Napoli una ser·e di articoli notevoli ~ulla politica africana. In uno recentissimo (N. 357) asrnda rigorosamente la grande responsabilità del Generale Barattieri. Lo stesso Scarfoglio cli'è un fi'ancofobo ben noto, nel citato opuscolo dà addosso a quelli italiani cue guaiscono pt>rcbè :\lenelib è armato di buoni fucili e ciel fotto ne fanno la colpa ai francesi, dimostrando che il vero colpevole in quanto all'armamento degli abissini è il governo italiano (p. 47 e 53) rispondenti dei giornali, il caso dell'attacco scioano con forze soverchianti. Lo stesso Mercatelli, non ostante il suo ottimismo e i calcoli sbagliati sulla defezione e sulla rivolta di vai ii ras contro il Negus Neghesti, nei primi di Ottobre scriveva: « tuttavia il Negus può sempre portare in Tigrè « dai trenta ai quamntamila ·buoni fucili e le « sue avanguanlie non clistano più cli una set- « timana da Ras Mangascia . .... » E in data del 27 Novembre tornava a scrivere allarmatissimo: « Noi non dovremmo trascurare la nostra preparazione, sempre lenta per poca larghezza di mezzi. « A questa lentezza ed insufficienrn ho piìt volte accennato nelle mie lettere. E se il pericolo è quale veramente si annunzia, la posizione nostra può divenire non lieta. Mancano uomini e perfino fucili; mancano vive1·i ed approvvigionam,enti cli ogni maniera. « Non bisogna prendere le cose con troppa leggerezza. Ricordiamoci che a Coatit solo un vero miracolo ci pote salva1°e. Pensiamo che una avanzata del Negus può operarsi con forze considerevoli, e che queste forze saranno anche più da temersi se è vero che al campo di Menelih (come ormai non pare dubbio) è arrivato come v'ho detto Maconnen dall'Harrar, con non meno di dodici mila fucili. « In tale situazione, e con queste probabilità una seria minaccia sul nostro fianco destro operata dalle truppe dell'Amhara, del Goggiam e del Semien sarebbe di una gravità straordinaria. » ;I/on è evidente, dunque, che si contava sui miracoli per la difesa della nostra bandiera in Africa? Che cosa si voleva di piì1 per mettere in sull' avviso e costringere ai procedimenti rapidi ed efficaci qualunque governo che non fosse stato quello cieli'on. Crispi, che si è chiarito, come disse un giornale di Roma, ubbriaco o delinquente ? Dove erano i pronti battaglioni le veloci navi clonchisciottescamente strombazzati dal ministro alcoolizzato? Eppure c' è dell'altro a carico del1' uomo, nelle cui mani il voto del Parlamento ha lasciato le sorti della cosa pubblica; senza ricordare che la stampa inglese e francese parlò sin dal mese di ottobre dello avanzarsi minaccioso del Re dello Scioa e dei suoi Ras, e pur mettendo in dubbio lo avvertimento che a qualche membro del governo sia venuto in tempo da parte di un rappresentante di nazione estera, noi possiamo assicurare che un generale che è stato in Africa ha eletto, molto tempo prima di Amba Alagi, ali' on. Crispi : vi chieda o non 1:i chieda r-infor-::;i l generale Ba1Yttlieri voi clovele mandarglieli!

180 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI E ci sembra che basti per provare che di tutto ciò che di sinistro è accaduto in Africa i responsabili senza scusa e senza attenuanti son l' on. Crispi e il generale Barattieri ; essi divideranno la responsabilità per lo avvenire, col Parlamento che ha fatto getto della propria dignità sostenendo un governo eh' era indegno di essere tenuto un sol giorno al suo posto; che si è imbarcato in una impresa sproporzionata ai mezzi assegnati e che ha votato l' ordine del giorno Torrigiani colla sicurezza di non vederlo rispettato dal ministro e colla sola decisa intenzione d'ingannare il paese sui sacrifizi di uomini e di denaro occorrenti per rivendicare l' onore della bandiera. (1) Purtroppo temiamo che non ci mancherà la occasione di ritornare sulla condotta del Parlamento, che è soltanto degna di fare il pajo con quelle del .governo. Intanto rimane bene accertato che ai colpevoli dc' precedenti disastri e della politica di espansione venne affidato il compito di ripararli e di fare una politica di raccoglimento. Giammai si vide tanta leggerezza e tanta incoscienza in una assemblea legislativa ! LA RIVISTA. ILSISTEPMOASITIVO SOCIALISTA (ContinuazionP e fine) 3.0 Gli avversarii del socialismo non indicano con precisione le ragioni per le quali la produttiviti colletti va del nuovo regime dovrebbe riuscire inferiore a quella dell'odierno; mentre invece le osservazioni più pregiudicate e le induzioni più rigorose portano a ritenere infondata la loro tesi. Certo la rilevazione del fabbisogno sociale sarebbe pii, lenta di quella che è oggi, perchè non automatica : donde necessità di uno stock maggiore di beni corrispondenti ed eventuali dispersioni di energia. Ma, decorsi i primi a.uni, e coll'aiuto di una statistica ben compilata, osso fabbisogno si rileverebbe con più grande precisione, e le imprese e le speculazioni sbagliato o i fallimenti e le conseguenti distruzioni di ricchezza, che si debbono alla mancanza di una sapiente direzione economico-sociale, che vede le oscillazioni del fabbisogno collettivo e ne segue le correnti, sarebbero in gran parte e per sempre eliminate. Si accenna alla deficienza di pungoli a un lavoro intenso nei lavoratori manuali impiegati nei pubLlici servizii. Ma oggi si hanno servizii pubblici che si disimpegnano con maggiore economia di <Juanta ne (!) Sul valore dell'ordine del giorno forrigiani col quale si accordavano i 20milioni chiesti dal governo e nello stesso Lempòsi consigliava la politica di raccoglimento, quella non mai seguita dall' On. Crispi, è significante questa circostanza: ùi Lrti generali dei)utat1 uno, Afan de Rivera parlò e voLòcontro; un altr<>, D.11 Verme si astenne; il il terzo, Car,inzi, si assentò dalla Camera. potrebbero offrire se affidati alla speculazione privata: così la posta, il telegrafo, le ferrovie (1). Gli impiegati lavorano regolarmente, perchè temono le pun;zioni, temono i licenziamenti, temono che siano ritardate le promozioni di grado o di classe, stanno sotto un continuo controllo. Gli stessi pungoli agendo nella società nuova, è legittima la induzione che i risultati non dovrebbero essere diversi per lo accrescersi di un pubblico servizio. In sostanza, l'attuale sistema economico è un assieme di piccoli sistemi i quali si basano sul lavoro di salariati non partecipanti in alcun modo all'utile delle intraprese. Pure cotali salariati lavorano con sufficiente intensità. Per qual ragione questi lavoratori manuali, elevati a grado di stipendiati dallo Stato, e sotto una non meno oculata sorveglianza, non spiegJ.erebbero un' attiviià idonea, quando il profitto dell'intrapresa dovesse riversarsi nelle .casse dell'ente collettivo, anzichè pelle tasche di privati a loro estranei, ed essi inoltre' vi avessero una speciale parteci1,azione? Non lavorano for·se abbastanza intensamente oggi nella monopolizzata produzione dei tabacchi, pur senza avervi alcun interesse a un maggiore reddito netto? Certamente non in· tutti i luoghi e per tutti i rami di produzione sarebbe immediatamente istituibile la lavorazione unitaria per conto e ad opera dello stato e in alcuni luoghi e per talune industrie riuscirebbe meno proficua della odierna ; ma in altri chi non vede che i grandi capitali di cui si potrebbe dispor• re, e perciò le grandi opere di bonificazione, d' irrigazione, di drenaggi, di diboscamento, la estesa e tecnica concimazione, i sistemi razionali, meccanici e chimici applicati all'agricoltura, consentirebbero un ·reddito netto di gran lunga superiore a quello che oggi si ricava? Che il reddito agricolo sia suscettibile di grandi accrescimenti, riesce evidente a chi conosca le classiche opere del Libig, dell' Hamm, del Perels, e confronti le statistiche agricole delle varie regioni di EurJpa, e ricordi gli enormi improvvisi aumenti di produzione che susseguirono ai cambiamenti di sistemi agricoli (1). I numerosi piccoli sistemi, onde risulta composto l'attuale regime economico, anzi che spiegare un'attività sinergica, spiegano spesso attività contrarie che riescono in parte ad elidersi. Ora quand'anco la intensità specifica. del lavoro risultasse minore della odierna nel futuro stato socialista, molto probabil- (I) Non ostante la maigiore elevatezza di tarilTe, in Inghilterra le fel'rovie, affidate a privati, h'lnno dato nel 1892 un beneficio netto medio del 3 85 0,0; mentre nel Belgio, appartenenti allo Stato, hanno dato nel 1sn un utile netto del 4 38 qo e in GHmania nel 1891 del 4 86 OtO,VeJi r1uesta T{ivista, N. i • La socializzazione delle strade fi::rra.ie. (2) L• illustre Virgilii, nella Introduzione ad un suo libro:• Il Problem11 agrario e l'avvenire sociale•, pubblicata da questa Rivista, a~sicura che in alcuni luoghi italiani una coltura nazionale ha pnr. tato un aumento di produzione frumentaria da una media per tutto il Regno di kl. 10,46 per ettaro a kl. 26 ed anche 33.

1 I ------=-- ... RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 181 mente la differenza sarebbe ad usura compensata dalla maggiore organicità e convergenza del lavoro medesimo. Infine l'assai minor numero e minore estensione di grandi ricchezze, la più grande sincerità e semplicilà di relazioni sociali e internazionali darebbero vita a meno numerosi e meno intensi bisogni secondarii individuo-collettivi, onde lusso minore, minore lavoro impr.:>duttivo, e in conseguenza maggiore resa del lavoro nazionale nel suo insieme considerato e più grande reddito netto sociale. Nè è grave il pericolo a tal proposito accennato da alcuni pessimisti di un aumento eccessivo della. popolazione, elidente gli effetti della momentanea maggiore produttività del la.voro, poi che fra tutti i teoremi demologici questo sembra il più certo : che il benessere sia il vero antidoto psicologico della prolificazione, come , si ma._nifesta in Francia., E} dapertutto presso le classi agiate. . 4.0 L'egemonia dei migliori non rimarrebbe esclusa come dallo anzidetto implicita.menta si ricava. I sogni comunistici eguagliatori del Proudhon sono ripudiati dai collettivisti; onde la monotonia di una eguaglianza indistinta che il Bonghi intravvedeva in un eventuale regime socialista, si rivela infondato timore. Le differenze negli uffici sociali, nelle ricompense economiche e morali, nella ricchezza, negli onori, nelle cariche politiche, in una parola nella posizione soci<1.le,potrebbero essere considerevoli in quel regime come nel nostro. Mentre, d'altra parte, la possibilità effettiva, e non soltanto di nome, di giungere ai primi posti, mediante l'intelligenza, la moralità, la coltura e !'attività, r,mderebbe meno odiose tali differenze, perchè le legittimerebbe. L'evoluzione della specie ne verrebbe favorita, assai più efficacemente che non oggi, in cui il capitalismo adultera. la selezione naturale e tende a far sopravvivere il meno degno (1). 5.0 Più grave piuttosto, perché meno discusso, si presenta l'ultimo problema.. Nello accrescer,i delle funzioni di stato non si accrescerebbero i mali che oggi si osservano nello esercizio delle medesime, e, cioè, principa.lmente, da. un canto la. mancanza nei funzionarii e nei priva.ti d'interessamento a.ll'utile pubblico, il difetto di sentimento dei propri doveri verso la società, e in conseguenza la tendenza irrnfrenabile al peculato, alla concussione, alla corruzione, ai danneggiamenti di proprietà erariale, dall'altro canto la noncuranza degl' interessi privati da parte della Pubblica Amministrazione, le frequenti e non indennizzate lesioni dei diritti dei cittadini, l'antitesi profonda, irreconciliabile, crescente fra l'individuo e lo Stato? Il fondo ottimista del socialismo a tal proposito è ( t) Sul proposito nulla è da aggiung"·e agli splendidi stud'i ciel Colajanni, del Loria e del Ferri, ai quali senz"altro rimetto il lettore. certamente a repudiarsi. L'ottimismo è la negazione della praticità, quando esso si veda possibile in altro tempo che nel punto massimo secolarmente lontano dell'evoluzione morale. Oggi è così poco sviluppato il sentimento dei diritti e dei doveri verso lo Stato, come c'indicano non pure gli scandali continui nelle pubbliche amministrazioni e gli esempi di iniquità e di violenze da queste commesse, ma sovra.tutto le facili assoluzioni dei funziona.rii colpevoli da parte dei magistrati popolari e della opinione pubblica e l'acquiescenza del corpo elettorale e del popolo in genere; che è vano sperare in epoca prossima quell'alto grado di progreso morale, il quale presuppongono i socialisti nelle loro costruzioni. Se l'esistenza della collettività come ente distinto dagli individui che la compongono è intellettualmente pe1·- cepita, e percepiti intellettualmente sono i diritti e i doveri verso la medesima, pure non ancora tale percezione è determinatrice di sentimenti corrispondenti, sufficientemente impulsivi delle azioni e inibitori di tendenze psichiche contrarie. Tuttavia anche qui taluna osservazione può attenuare l'asprezza del problema quale a prima giunta si rivela. Primieramente, questo accrescersi delle funzioni di stato può non riuscir tale quale i critici malevoli del socialismo vanno asserendo. L'attuale ordinamento burocratico finanziario, relativo agli accertamenti dei redditi imponibili, alle riscossioni delle imposte, alla contabilità delle medesime, potrebbe venir diminuito, anzi minimato. L'amministrazione della guerra anch'essa, presenterebbe meno di burocrazia e minore estensione. L'amministrazione della giustizia, più decentralizzata, e con quelle riforme le quali sarebbero per altro possibili nell'attuale ordinamento giudiziario, potrebbe avere di vantaggio sull'attuale un sistema più semplice e meno ingombrante di organi. Mentre, intanto, il decremento della delinquenza, prodotto dal cresciuto benessere medio, e il minore margine oggettivo alle contestazioni civili, attenuerebbe il lavoro di essi organi. Una più lata libertà di opinione eliminerebbe il bisogno di una poUzia politica. Il decentramento massimo possibile toglierebbe le noje d' ingranaggi molesti che cogli attriti disperdono energia sociale. Per il che il crescere necessario della bmocrazia per talun servizio pubblico sarebbe, anche in parte, compensato dalla diminuzione della medesima in altri servizii. In secondo luogo i mali anticennati hanno delle cause specifiche che non sono ineliminabili, e che anzi, prevedibilmente, sarebbero eliminate nel regime socialista. Essi tutti in sostanza si raggruppano in due categorie principali, delle quali l'una attiene ai doveri dcll' individuo verso lo Stato, l'altra ai doveri dello Stato verso l'individuo. Ora è questa seconda categoria I.i veramente fondamentale, la causa

182 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI efficiente dell'altra, e che, intanto, è talmente combattuta ogni giorno dal progresso politico e intdlettivo odierno, che se ne può legittimamente indurre la non lontana e fortunata scomparizione. Oggi nessun dovere si sente verso lo Stato, perchè al medesimo nessun dovere è imposto yerso l'individuo, nessun limite è segnato alla sua azione: gli è lecito il possibile._ L'interesse generale è dal cittadino messo in non cale, perchè la Pubblica Amministrazione pone in non cale gl'interessi dei privati. Il denaro pubblico è considerato res nullius, perchè il denaro privato è per il Fisco oggetto di continue rapine. Si è concussori, danneggiatori della proprietà erariale, perchè l'erario è spogliatore della proprietà dei cittadini. Nessuna correttezza contrattuale da parte dei privati, perchè nessunà correttezza da parte dell'Amministrazione Pubblica. Questa decreta a se stessa la propria irresponsabilità in tanti casi nei quali per diritto comune responsabile sarebbe; i cittadini fanno di tutto per porsi sotto l'egida di una irresponsabilità di fatto. I cittadini temono, odiano lo Stato, che cercano di colpire in ogni occasione, spesso anche senza ricavarne vantaggio, per l'acre voluttà d'infligg~·re un male ad un essere malefico. Le leggi vengono votate da una rappresentanza che non interpreta la volontà nazionale, e ad esse si sente estraneo, benchè forzatamente sottoposto il cittadino. Così l'ente collettivo si è ammantato e si ammanta sempre più di quei privilegi che rendevano intollerabile il dominio dei tiranni. L'olio santo versato sul capo dei re, secondo una energica frase dello Spencer, si è fatto sgocciolare sul capo del mostruoso odierno Leviathan, lo Stato. La causa causarum adunque dei mali sopra designati è costituita dalla seconda categoria di essi mali e dal sistema politico-giuridico che nè è la cagione. Se non che, come si disse, gli elementi che rappresentano le basi di un tale opprimente edificio nulla hanno d'immanente, anzi, su essi da un pezzo si è rivolto il piccone demolitore del progresso politico-intellettivo, e in alcuni luoghi, come per es. nella Svizzera, ha sostituito ai medesimi base ed edificio in gran parte nuovi. Che lo Stato nei suoi rapporti civili coi cittadini, in pari condizione dei cittadini sia posto; che e3so risponda direttamente degli atti suoi, compiti tanto jure gestionis che jure imperii e indirettamente degli atti dei suoi impiegati nello esplicamento della propria attività sia patrimoniale che giuridica, in quanto tutti lesivi di un diritto privato e di un diritto politico; che gl'interessi privati vengano seriamente e con appositi e sinceri istituti tutelati contro l'azione del potere Esecutivo; che il referendum accordi un'efficace partecipazione dei cittadini alla attività legislativa del proprio paese; che un sistema di azioni 1)opola1·i dia possibilità e facilità di controllo e d'iniziativa ai citiadini inalzandone il valore giuridico e politico, galvanizzandone il sentimento del pubblico inte1·esse, intimidendo i funzionarii inadatti o indegni, rientra nell'ambito di riforme possibili ora, più facilmente coesistibili con l'ordinamento socialista, desiderate dalla maggioranza dei giuristi, i quali assorgano alla visione del corso evolutivo del diritto, della politica e della morale sociale. Tali riforme rappresenterebbero il vero preservativo dai mali che sono propri di una estesa funzionalità di Stato, la quale se oggi riesce intollerabile, riesce tale soltanto per la viziosa costituzione degli organi onde si esplica. L'inclusione di esse riforme nel sistema positivo socialista disarmerebbe gli avversari delle armi loro più formidabili, l'attuazione di esse potrà rendere pratico, economico, simpatico il socialismo, potrà render vero il paradosso che il socialismo é il i·egime della meno opprimente burocrazia. Le consider.i,zioni anzi fatte e i presupposti e le specifiche dimostrazioni delle medesime, che non possono trovare ingresso in un articolo di rivista, portano a giudicare che il sistema positivo socialista ha in sè quanto basta per dirne non impossibile una. realizzazione non troppo lontana e pe1· dichia.ra.rne d'altro canto la. superiorità sociologica sullo odierno regime. Certamente i particolari del sistema in questa. nota accennati e in ba.se ai quali il giudizio è da.to, non sono quelli onde generalmente si riferiscono gl' innovatori, né che sarebbero oggi da loro accettati. Ma sembra a chi scrive che essi, mentre non intaccano l'elemento necessario del sistema nuovo, siano i soli che questo rendano pratico o accettabile dalla maggioranza popolare. Per la qual cosa e in linea di conclusione dell'oramai troppo lungo scritto, pare a me che vadano raccomandate àll'attenzione dei socialisti e dei loro avver3ari le proposizioni seguenti, la cui forma paradossale non è che esclusivamente preordinata ai fini di una maggior~ evidenza.: 1 ° Il socialismo sarà conserl'atore o non sarà. 2° Dovrà fondar-,i sull'egoismo. 3° Dovrà e potrà esserd il regime del mag.gior medio individualismo. 4° Dovrà essere aristocratico. 5° E libera.le. 6° E nemico della tirannide peggiore, perchè impersonale, quella. dello Stato. ENRICO LA LOGGIA. Gli abbonati sono vivamente pregati a mettersi in regola con l'amministrazione. 11 1_nigliormodo è quello di inviare una cartolma-vaglia di L. 5 al seguente indirizzo: Dr Napoleone Colajanni. Roma.

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 183 ANTISEMITISMO (Continuazione e fine) Il genio della razza. Nel vasto campo dell'istorografia scientifica la teoria antropologica delle razze fu a lungo considerata, come la teoria unicamente capace di spiegare tutta la complessa fenoqienologia della storia. Esagerando si è detto: la razza è un certo tipo primitivo invariabile, nel quale è virtualmente contenuta la intera natura fisica e morale dell'uomo; onde la razza fa. la storia di un popolo, come le varie razze fanno la storia universale dell'umanità. Oggi, dal punto di vista del trasformismo e dell'evoluzionismo sociale questa teorica delle razze va mang mano perdendo tutta quella esagerata importanza attribuitale. I caratteri psico-fisici delle razze umane non sono più considerati come il prodotto genuino, originario delJa primitiva loro costituzione, ma piuttosto come il prodotto di cause storiche e sociali, che concorrono ora a fissare, ora a modificare, 01·a a trasformare le loro attitudini. Ciò posto, da molti antropologi moderni si attribuisce erroneamente agli Ebrei, che sono i rappresentanti più puri della razza semitica, il genio particolare e caratteristico del commercio e dell'usura. Su questa pretesa originaria tendenza all'arte feneratizia, si fonda la terza forma del!' antisemitismo: l'economica. Ma le attitudini speciali dogli Ebrei al commercio, alle speculazioni bancarie, all'aggiotaggio, all'usura non sono il prodotto naturale del genio della razza semitica, ma piuttosto debbono considerar$i come una conseguenza necessaria di fattori storici e sociali, come dimostrò con molta dottrina e con prove esaurienti il nostro Cattaneo, or è più di mezzo secolo (1). « L'arte usuraia, afferma il grande pensatore italiano, non è affare di sangue, ma di educazione e di posizione, e gli Ebrei sono capaci di altri generi di bene e di altri generi di mali. » Gli Ebrei furono, in tempi remoti, un popolo di pastori. Dopo il loro esodo dall'Egitto e la successiva conquista della Palestina passarono dallo stato di pastori nomadi allo stato di agricoltori fissi. La legislazione attribuita, comunemente a Mosè, tendeva mediante le sue istituzioni e le sue prescrizioni, a concentrare l'esistenza d'Israele in Palestina da un canto, dall'altro a consacrarlo in uno stato di perfetto isolamento dai popoli circonvicini idolatri. La Palestina è la terra dei giusti, la terra d~i viventi ( Salmi), la terra straniera è polluta e profanata, e lo straniero, l'incirconciso é impuro. (Ames, V, 17, Isaia, III, 1). (I) Cattaneo - lnterdi.;;ioni lsraelitiehe, voi. IV delle Opere eclit• ed inedite, pag. 23-180. I commentatori, i dottori, i rabbi, gli interpreti della Tora (la legge) e del Talmud, considerano come apostati, adoratori delle stelle coloro che si allontanano dalla Terra Santa. Ed è per ciò, come scrive Spinoza, che nessun cittadino ebreo poteva esser condannato all'esiglio, per non esser costretto a sacrificare agli Dei stranieri ( 1). « Io sono l'Eterno che vi ho separati da tutti gli altri popoli, perchè siate miei » ( Levitico, capo XX, 24, 26). « L'ideale d'Israele, scrive il Renan, stava nel passato, in una vita che esso considerava come solamente degna dell'uomo libero, vita patriarcale ed agricola, senza grandi città, senza armata regolare, senza potere centrale, senza corte nè aristocrazia principesca, senza lusso nè commercio .... » (2). Alla vigilia della distruzione di Gerusalemme lo storico ebt·eo Gloseffo Flavio diceva: « Siccome la terra che abitiamo è lontana dal mare, non ci dedichiamo al commercio e non abbiamo nessuna comunicazione con le altre nazioni. Ci contentiamo di coltivare le nostre terre e lavoriamo principalmente a ben educare i nostri figli e a praticare la nostra religione » (3). Il legislatore ebreo aveva voluto far del suo popolo un popolo isolato all'agricoltura e al puro culto monoteistico dell'Eterno. Tale completo isolamento, entro del quale visse a lungo confinato il popolo d'Israele, legato indissolubilmente a.Jla sua terra, lo rese non solo straniero a qualsiasi commercio, ma lo rese ancora inviso a tutti i popoli circonvicini. Perchè è precisamente da questo isolamento materiale e morale, per niantenere puro il culto dell'Eterno in mezzo alle idrolatrie religiose, che trasse origine l'accusa lanciata dagli scrittori pagani contro gli Ebrei, di esser nemici del genere umano; accusa formulata nettamente persino da S. Paolo nel Capo IV 15 della prima sua lettera ai Tessalonicesi. Diodoro racconta che gli amici consigliano Antioco, all'assedio di Gerusalemme, di prender d'assalto la città e sterminare gli abitanti « perchè fra tutti i popoli erano i soli che non volessero rapporti di alleanza con le altre nazioni, che considerano come nemiche, e perchè si distinguono sopratutto per il loro odio al genere umano. » Giovenale, Svetonio e Tacito parlano dei Giudei come dei nemici dell'umanità, e Quintiliano considera Mosè come il legislatore di una banda di briganti. Roma nel suo secolare lavorio di assimilazione dei popoli, che cadevano sotto le sue conquiste; non arrivò mai ad assimilarsi gli Ebrei. Restarono i veri (1) Traetatus theologieus-politicus. Capo XV/!. (2) llistoire du Peuple cl'ls,•ael. I. IV citar VI, pag. 267 del voi. 2. (3) Contra Apio11e, I, 12.

184 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI dissidenti del mondo romano anche dopo la distruzione di Gerusalemme. « Gli Israeliti, osserva Cattaneo, erano per tradizione dei maggiori e per effetto delle loro jstituzioni dediti alla vita campestre e avversi al commercio, ai pericoli marittimi ed alle peregrinazioni d'ogni maniera. Si è notato che le leggi mosaiche tendevano a preservare gli Israeliti da ogni commistione coi popoli confinanti, i quali, come tutti idolatri, avrebbero facilmente, col consorzio delle faccende mercantili, alterata la loro credenza. Costretti per forza alla vita girovaga nelle loro prime cattività, serbarono però Eamore della loro terl'a, vi ritornarono in gran numero e •« costretti a mutar paese preferivano alla vita la morte. » (1). Da tutto ciò, mi pare, risulti chiaramente provato che gli Israeliti nell'antichità vissero al difuori del commercio ed isolati, per quanto possibile, dagli altri popoli. Il genio loro era dunque ben diverso da quello attribuito ad Israele da certi antropologi ed etnologi moderni. Quando il ferro dei conquistatori scompagin.ò la nazionalità giudaica e spezzò l'isolamento in cui la Legge aveva rinserrato il popolo d'Israele, questo, lanciato ad un tratto in mezzo alle correnti della civiltà occitanica e dotato, al pari dei popoli rinvigoriti dal clima semi-tropicale (Schaelfle) della massima capacità di acclimatazione e di adattamento, sotto la potente pressione degli avvenimenti della storia, dei fattori sociali, si trasformò in un popolo commerciante. Cattaneo enumera ed esamina partitamente, con quella precisione e quella dottrina che tanto lo distinguono fra i pensatori pii1 eminenti d'Europa, tutte le così dette interdizioni legali, che proibirono, nel modo più brutale ed assoluto, agli Ebrei di possedere beni immobili; non che gli effetti economici delle interdizioni della possidenza sulla popolazione, sul carattere, sulla morale di quel popolo, per dimostrare che « quando pensiamo che la stirpe israelitica fu per. un migliaio d'anni forzatamente tenuta nella necessità di studiare un impiego mercantile ai propri capitali, non solo non abbiamo ragione di stupirci delle sue ingenti ricchezze, ma dobbiamo piuttosto meravigliarci che non siano maggiori » ( Op. cit. vol. IV, pag. 74) (2). t. stata dunque la legislazione autoritaria dei popoli così detti cristiani che ha trasformato social- (I) Cattaneo. Op. c,t. ool. I V pag. 45 cnJ. Tacito sto,•ia l. V. 13. (2) Non posso, per amore di brevità, che accennare ai fottori sociali, i quali influirono a trasformare le attitudini d'Israele. Chi ha vaghezza di penetrare addentro alla questione può sludial'e, o'trc l'opera del Cattaneo, la Sacioloaia C,•iminale del D,·. Nopolconc CoJajanni, voi. li, cap. V, in cui la qucst.ionc della razza é ampin111cnte e dottamente ùi:scussa ùal punto di vista dei ,1101.l<:wni e più recenti studi di antropologia scientifica. mente, psicologicamente l'antico pastore, l'antico agricoltore ebreo in usuraio, in commerciante, in banchiere. E dopo aver col nostro diritto civile o canonico costretto l'ebreo a diventar quello che ò attualmente, abbiamo il triste coraggio di accusarlo, di perseguitarlo come usuraio! Dal punto di vista etnico-fisiologico il Giudeo non è il prodotto della razza, del suolo, del clima e dell'ambiente. Il Figuier osserva che i Giudei e in un senso più esatto e generale gli Ebrei, finiscono col prendere più o meno i caratteri delle nazioni in mezzo alle quali si sono fermati a lungo. « Sotto la sola influenza delle circostanze esterne e del genere di vita, scrive egli, il contatto dei popoli in mezzo a cui vivono, alterò a poco a poco il loro tipo nazionale. Nei paesi settentrionali d'Europa gli Ebrei hanno la pelle bianca, gli occhi azzurri ed i capelli biondi. In alcune parti della Germania se ne vedono con la barba rossa, in Portogallo sono bruni. Nelle parti dell'India ove sono stabiliti da molto tempo, vale a dire nella provincia di Cochin sulla costa del Malabar sono neri e tanto rassomiglianti, nel colorito, agli indigeni ché talvolta è difficile il distinguerli dagli Indù. » (1). Dal punto di vista della p8icologia sociale il Giu deo è il prodotto della storia. Due fattori princip.ali hanno dato ad Israele, sotto tutte le latitudini, un carattere speciale: l'isolamento secolare e il rituale tradizionale le nostre leggi e le sue, i nostri canonisti e i suoi rabbini, quelli murandolo entro il ghetto, questi murandolo entro il Tamucl. In tal modo il giudeo moderno è il prodotto delle leggi o delle influenze esterne nonché delle sue osservanze rituali, del suo culto religioso. Il Renan, che tanta influenza attribuisce alle razze, è costretto a riconoscere che esso è il prodotto di una tradizione, o come energicamente si esprime James Darmesteter: il giudeo è un'opera dello spirito più che della carne. La Bibbia, il Talmud, la Sinagoga, ecco i diversi crogiuoli entro i quali l'anima e la mente del giudeo sono state modellate. Il ghetto e la nostra legislazione ostile hanno costretto Israele ad entrare nel mondo tenebroso della banca, della borsa, dell'usura, mondo in cui il giudeo ha messo in moto tutte le sue energie, il su-o vigore e le sue ricche attitudini tanto complesso e flessibili. Queste nuove abitudini commerciali tanto in oppoposizione colle primi ti ve abitudini agricole, non possono giammai considerarsi come il prodotto del genio pnrticolaro della loro razza. (I) Le Rane Umane.

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 185 « Il genio della ,·azza, osserva acutamente il Co- ha tardato a dare il suo contingente d' imitatori 1ajanni, mutò de toto, vale a dire, smentì la sua esistenza, sotto l'influenza costante dei fattori storici e sociali, che rese gli Ebrei nella esplicazione della vita onesta e criminosa, quale li conosciamo attuar mente, e non saranno più tra non guari e in seguito alla completa emancipazione loro e alla parificazione cogli altri cittadini » (l ). Apriamo dunque ad Israele maledetto e perseguitato a torto, le porte della nostra civiltà moderna, da cui è stato tenuto lontano dai vieti pregiudizi religiosi, antropologici ed economici; riconosciamolo nostro fratello nella grande federazione repubblicana dei popoli, auspicata da Mazzini e da Cattaneo, fondata sulla eguaglianza di tutti gli uomini a qualunque culto appartengano e lasciamo ai fossili della storia e della politica questa specie di socialismo degli imbecilli che è l'antisemitismo moderno. FRANCESCO MORMINA AGGIOTAGGIO (a proposito del processo Frascara) VI. Più quà più là ebbi opportuniti cli accennare ai rapporti tra politica e aggiotaggio. Ancora una parola, su questi rapporti, premettendo, però, che male a proposito gli antisemiti negli imbrogli delle borse e delle società por azioni vogliono vedere sempre la mano degli Ebrei. Per quelle condizioni politiche e sociali, di cui si e intrattenuto in questa Rivista il ~formina Penna possono gl'braeliti dare un contingente maggiore di banchieri e bot·sisti dediti all'aggiotaggio; ma quando ci si mettono i cattolici non scherzano. E in Francia e nel Belgio ci si sono messi con vero carattere confessionale dando una triste celebrità ai Lagrand-Dum 1 rnceux, ai Bontoux, all' Union Génèrale ecc. ecc. Nè alla razza, nè alla latitudine si deve attribuire la prevalenza dei mali costumi bancari o borsisti; ma alla fase sociale che si attraversa; perciò, ad esempio, aggiotaggio crisi e oracks si svolgono più frequentemente in Francia, che in Italia e più nel settentrione della penisola, che nel mezzogiorno, dove altre forme di delinquenza prevalgono. Torino e il Piemonte, che primi in Italia hanno visto affermarsi la borghesia e il Parlamentarismo hanno del pari assistito pei primi alla triste efflorescenza degli speculatori disonesti, che hanno elevato a sistema la spoliazione del prossimo senza inciampare nelle trappole del Codice penale; e dalle regioni Ligure-piemontese con un discreto concorso dell\i lombarda e del veneto sono partiti gl' impulsi e gli uomini di affari, che hanno figurato nella 'l'iberina, nel!' Esquilino, nella Fondiaria, nell' Immobiliare, nella Società Generate, nel Mobiliare in tante e tante altre Banche e Società fallite o andate in malora. L'esempio ha fruttato e il mezzogiorno non (1) So~iologia Criminale, voi. Il pag. 300, bricconi. La politica, come dissi, e legata a filo doppio cogli uomini della Banca e della Borsa, ai cui serv1z1 sfacciatamente si mise sotto il 2° Impero. La malaugurata spedizione del Messico fu determinata dalla speculazione di Morny e Ieoker, nella quale si assicura ch'era interessato Napoleone III. Quando Mirés, il famoso milionario borsaiuolo, fu processato per gl' imbrogli commessi in una società. da lui diretta, minacciò di pubblicare la lista degli azionisti della medesima, nella quale c'erano membri della famiglia imperiale e grandi dignitari dell'Impero. Mirés, ch'era da principio un oscuro giornalista e che per arricchirsi si servì della politica e dei suoi giornali Le Pays e Le Constitutionnel, fu assolto dalla Corte di Douai. In Italia si sa che indarno chiesi la pubblicazione dell'elenco degli azionisti e correntisti della Tiberina e degli azionisti della Banca Nazionale, sebbene iprecedenti parlamentari confortassero la mia domanda, Ad ogni modo a Montecitorio si conoscono parecchi deputati che non mancarono ad una sola seduta durante la discussione bancaria del 1893 e che erano impegnati per parecchi milioni nella Banca Nazionale. Se poi si potesse fare la storia delle cambiali po litiche presso la Banca Nazionale e della partecipazione poco pulita avuta da senatori e deputati in Banche e Società per azioni da loro addirittura svaligiate, impallidirebbe la relazi0ne del Comitato dei Sette e la lista dei deplorati assumerebbe proporzioni ben maggiori di quelle che vennero date dai soli scandali della Banca Romana ( 1). Se il mondo della Borsa in Italia non ebbe forza ed occasione di promovere nel proprio interesse una spedizione all'estero, come quella del Messico, ne ebbe abbastanza però per fare eseguire parecchie spedizioni a.Il' interno, che allo Stato costarono e costeranno centinaia di milioni, I Salvataggi - di cui non vollero sapere nè Bismark nella grande crisi tedesca del 1873, né il governo della repubblica francese in diverse gravi crisi che afflissero la Francia e Parigi nell'ultimo ventennio - furono una scandalosa specialità del!' Italia, per opera principalmente degli on. Crispi e Giolitti, arcades ambo, la cui solidarietà nel male sarà la pagina più vituperevole della storia del nostro paese (2). (1) Sia ricordato, en passant, che in Francia il Panama liquidò parecchi ministeri e mandò in galera un ex ministro. Per l'affare della ferrovia del Sud portato in Parlamento dal valoroso e caro mio amico Rouanet, il ministro Ribot - i cui membri del resto non vi erano direttamente impegnati - fu battuto. In Italia gli scandali bancari ricondussero Crispi al ministero e 'tuanto evidente si rende la sua disonestà tanto più compatta diviene la sua maggioranza. (2) Nel N.0 di Novembre 1895 del Giornale degli Economisti il Prof. Panta.leoni ha esposto colla sua solita competenza il pro e il contro della teoria dei salvataggi. Lo studio sarebbe riuscito più completo e le conclusioni più severe se egli non avesse trascurato il lato politico-morale.

186 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI VII. Questi cenni sull'aggiotaggio non possono essere meglio completati, che con pochi altri, d'indole biografica, dai quali si apprenda in qual modo e con quale profitto banchieri e borsisti seppero avvalersene per divenire milionari e miliardari. La vita di quasi tutti i banchieri celebri potrebbe servire a questo scopo ; ma basterà. ricordare alcuni casi tipici stranieri e nostrani per dare il concetto giusto ai nostri lettori dei risultati dei costumi e dei procedimenti degli uomini di Banca e di Borsa. Nel secolo scorso, ali' inizio dell'aggiotaggio, la casa Condè coi tripotages della via Quincampois, realizzò un guadagno di 60 milioni; un suicidio o un delitto fece passare la ricca eredità della casa Condè nelle mani del Duca d'Aumale. Il castello di Chantilly costruito coi milioni mala.mente acquistati, quasi a tentare la riabilitazione degli antichi fondatori e dell'ultimo proprietario, è stato donato dallo stesso ,Duca d'Aumale all'Accademia di Francia. Negli Stati Uniti del Nord-America l'aggiotaggio vi .Jia preso una estensione ed uno sviluppo formidabile. « L'elemento del monopolio di estorsione e di spoliazione, dice il George, è stato il più largo sostegno a tutte le fortune colossali ». La fortuna, di Vanderbild, il re delle navi a vapore di Mackay il re delle miniere, di Bennett, il re del giornalismo, di Astor, di Stewart ecc. ecc., sono tutte dovute al banditismo borsista e bancario. Noto che la J.,arola banditismo, che da sola basta a caratterizzare i metodi di arricchimento di questi milionari e miliardari non è mia ma del Masè-Dari un economista borghese' si, ma eh' è onesto e non ha messo la scienza ai servizi del capitalismo. Tra tutte le altre è tipica la storia di Iay Gould la cui fortuna colossale fu tutta dovuto all'aggiotaggio. Sul suo conto si narrano fatti veri e invenzioni di ogni genere; ma tutti confermano che a lui spetta il primo posto nel bl'igantaggio esercitato nelle Borse. Egli prevedendo l'accoglienza varia che la borsa avrebbe fatto allo annunzio della sua morte dal letto dove giaceva dettò a suo figlio tutte le operazioni che doveva 'intraprendere, quali titoli doveva comprare e quali vendere, per profittare dello avvenimento. Ia.y Gould speculò persino sulla propria morte! In Francia, in Inghilterra, in Germania dovunque il capitalismo impera gli esempi analoghi abbondano e non c'è che la difficoltà. della scelta; ma per non andare per le lunghe mi limiterò a far menzione di vochi altri casi occorsi in Italia, tra i più noti e che non possono dar luogo a recriminazioni. Il Bombrini per tanti anni direttore della Banca Nazionale lasciò uno scoperto di sedici milioni e me:z:zo per prestiti fatti allo stabilimento Ansaldo, che poi era roba sua! I figli accettarono l'eredità con il beneficio dell'inventario, ma il Consiglio della Banca condonò il debito in vista delle benemerenze dell'antico suo direttore. L'origine della fortuna del Balduino si deve rinvenire in un primo prestito di centomila lire da lui fatto, quando la capitale era ancora a Torino ad un altissimo personaggio; non volle interessi e con ciò cattivossi la simpatia dei ministri del tempo, che a lui affidarono importanti operazioni di Borsa e di Banca; d'onda la sua ricchezza. Fu per molti anni amministratore dispotico del Credito Mobiliare e lasciò un eredità di 20 milioni; ma per precauzione non ne teneva che due impiegati nel Mobiliare. I Rotschild, che hanno saputo mettere le mani nelle finanze di tutti gli Stati - specialmente in quelle dell'Italia - e che hanno avuto parte principale quasi in tutte le emissioni e fondazioni di Banche e di Società per azioni, contribuirono nel 1856 alla trasformazione della florida Cassa del Commercio e dell'industria di Torino - d'onda in appresso nacque il Mobiliare prendendo 64 mila azioni delle 160 mila statutorie ; le azioni fecero subito un premio di L. 120 ed essi non si dettero altro incomodo che di intascare otto milioni circa di premio. Le azioni poi scesero da L. 370 a L. 70; e allora la Cassa (1863) coll'aiuto dei Pereire divenne il Mobiliare. Si emisero 100 mila azioni di L. 500 sulle quali non si versarono che sole L. 200; i Pereire ne presero metà. e le azioni salirono a L. 700 per discendere a L. 200 nel 1866. Ma quando le azioni discesero i Pereire avevano venduto quelle che possedevano ! Termino con la narrazione di questa b,·illante operazione, che si riferisce al Mobiliare la rassegna che dal Mobiliare prese le mosse. Essa costituisce la più evidente dimostrazione del modo in cui l'aggiotaggio serve ad arricchire i briganti delle borse Questi briganti arricchiscono senza esporsi ad alcun pericolo, perchè i derubati raramente riescono a reagire vittoriosamente ; le leggi e i Codici sono a loro poco benigni. Il merlo azionista non ha che il diritto di gemere inutilmente dopo eh' è stato spennacchiato. Al merlo azionista restano il danno e le beffe ; Gogò restò in Francia come il tipo dell'azionista imbecille reso celebre dal Robe,·t-Macail'e, produzione teatrale ch'ebbe grande popolarità sotto gli Orleans e che per prudenza di governanti fini coll'essere proibità. L'arte in Francia non ha solamente rappresentato al vivo la vittima; e coll'Argent di Zola non ha dato il romanzo ma la storia vera del mondo bancario e borsista ed ha creato i tipi di Saccard, di Gundermann, di Houret, di Rugon ecc. che s' incontrano nelle· Borse e nei Parlamenti di Europa e di America. Chiamai briganti questi fortunati mortali, che frequentano le borse e trescando nelle Banche e nella politica sanno accumulare milioni e milioni ; ma verso di essi non solo i Codici e le Leggi si mostrano benevoli: anche la scienza, una certa scienza almeno, ha voluto metterli sotto la sua protezione qualificandoli non veri delinquenti, ma semplici criminaloidi. Sicchè, come argutamente osserva il Sorel, chi ruba un milione è un criminaloide; chi ruba un miliardo probabilmente diviene un uomo onesto. Questi banditi che sfuggono al Codice Penale e che trovano il compatimento della Scienza antropologica incontrarono però il biasimo severo ed inesorabile di illustri scrittori, di politici e di magistrati,

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