Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 12 - 30 dicembre 1895

178 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI e traditori, che difendevano la propria libertà. Ebbene, se possiamo mutare il valore delle parole e parlare in nome del diritto e della m raie politica noi che siamo i violatori dell'una e dell'altra in Africa, non possiamo e non dobbiamo negare - dato il criterio punico adottato - di esserci rivelati inabili sino alla iinbecillità. :-ìon discuteremo se all'Italia conveniva e convenga assicurarsi il pi·otettorato armato quale lo vagheggia il Generale Gandolfi e se esso sia agernlo a stabilirsi ; ma certo è che i nostri governanti si chiarirono inetti, privi di un programma chiaro - checchè ne dica lo stesso Generale Gandolfi, - pazzamente imprudenti e impreviggenti. In quanto al programma si poteva seguire la politica tigrina, e si poteva preferire quella Scioana. Ma c'è voluta tutta la inabilità dell' on. Crispi e dei suoi predecessori, come dimostrò Ferdinando Martini, nel suscitare le giuste diffidenze dei tigrini e degli scioani e nel riunire contro di noi quei nemici, che avrebbero dornto combattersi tra loro a nostro benefizio. La inettitudine diplomatica non è stata superata che dalla imprudenza ed imprevidenza. militare. I nemici probabili o dichiarati che avevamo di fronte erano numerosi, forti e bellicosi. Se tutta la storia - dai tempi di Roma, alla s; edizione inglese, alla sh'age degli egiziani - tali non li avesse dimostrati, la nostra esperienza doveva bastare l er renderci avrertiti dei pericoli gravi ai quali andavamo incontro stuzzicandoli e provocandoli; e la qualità e quantità dei nemici ci erano tanto note, che vennero esaltate dallo stesso gene1·ale Barattieri nel discorso di Breno - di cui fu fatto cenno nel numero precedente della Rivista -- e forse furono anche esagerate per accrescere il merito delle vittorie ottenute e di quelle che si confidava di ottenere. Se i nemici agguerriti e numerosi accrescevano le difficoltà solite delle spedizioni coloniali perchè affrontarli con tanta pemu·ia di uomini, di armi, di munizioni, di denari ? E su chi cade la responsabilità dell' averli affrontati in siffatte condizioni d'inferiorità? Che il Generale Barattieri in un primo tempo, - nel periodo che avrebbe dovuto essere di preparazione e fu di disorganizzazione - abbia ritenuti indispensabili ben altri mezzi, che non quelli fornitigli, per condurre a bene l' impresa affidatagli, risulta <lai documenti ufficiali, dal libro verde pubblicato dallo stesso governo centrale. Doj:O, il Bai·attie1·i venne in Italia e si ebbero i suoi tl'ionfi gastronomici teatrali. Non c' erano gli stenografi quando si sfabilì il pian 1 di guerra tra lui e i ministri ; ma, quali che siano stati gli accordi, tutti rimangono responsabili degli avvenimenti di Africa. Ridusse il Barattieri le sue pretese ? E i ministri hanno la colpa inperdonabile di avere affidato l' onore della bandiera a chi con tanta leggerezza mutava le sue previsioni e 1 suoi calcoli in affare di tanto momento. Le mantenne ? E non può trovare scusa il generale Barattieri che accettò <li condurre a termine una impresa con mezzi da lui riconosciuti inadeguati al fine da raggiungere: la conquista definitiva del Tigrè e la sua avversione alla colonia eritrea. Che questo era l'obbiettivo, se al ..ro non vi fosse basterebbe a 1 roval"lo l' aneddoto dell' Almanacco di Gotha, cho da solo in altri tempi e in altri paesi avrebbe schiacciato sotto il pe.so del ridicolo qualu11queministro e qualunque ministero. Nel caso in cui il Barattieri abbia insistito nelle sue prime richieste, non c'è chi non veda di quanto si accresca la responsabilità del ministero. Come si sieno passate le cose nei segreti colloquii tra Barattieri e i ministri forse non si saprà mai perchè il Barattieri può non essere in grado di difendersi vittoriosamente ' e nella parola di un Presidente del Consiglio che a volta a volta dice e disdice, accusa e difende, esalta goffamente il Barattieri e vilmente lo rinnega, e rinnegandolo lo lascia al suo posto, nella parola di un uomo siffatto, non si può contare. Esso non ha altra missione che di revocare un Battirelli pur di conservare il potere. Altro che onore della bandiera! Comunque siano andate le cose, la responsabilità politica del governo, a parte quella militare del 13aratieri, rimane enorme; poichè - ammesso pure che il governatore della Eritrea, sedotto da Sonnino, abbia rinunziato alle sue precedenti richieste certo rinunziando pure di condurre Menelih prigioniero in Italia! - non c'era bisogno di essere uomini tecnici e competenti africanisti per convincersi che c'era grande sproporzione tra i mezzi ed il fine propostosi dal ministero e che si andava incontro a pericoli gravi ed a disinganni amari. Su questo c'era una concordia di avvisi unica piu che rara. Il governo fu ripetutamente avvertito e della inevitabilità di una lotta col Negus e della sua imminenza Nessun dubb:o quanto alla prima: la lotta venne resa probabile dalla sola nostra presenza a Massaua; il nostro avanzare continuo non poteva che renderla certa e doveva rit1,nersi inevitabile e imminente quando furono note le nostre mire sul Tigrè. Menelih col buon senso e colla schiettezza, che riscontrossi nelle lettere di Re Giovanni, scrive a Re Umberto: se io mi chiamo Re dei Re di Etiopia è perche ho aggiunto il Tigt·e al mi"o regno-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==