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39o

R I N A S C I T A

Secondo i l Rapporto delia Commissione Economica

nel Ministero per la Costituente (Parte I I , voi .

2°,

pag. 289), la distribuzione percentuale della produzione

di energia elettrica tra i vari t ipi di aziende nel 1945

era la seguente : aziende jyiva t e elettrocommerciali :

7tl %; aziende autopfoduttrici: 17/3%; azienae^muntcì -

j

&l l za f l t f i :

" f f i f f i ' f e r r ov i e dello Stato: 5^%, Pertam

anche

tenendo conto dT"^entu3! l f^póstament i avvenuti

negli ul t imi cinque anni, quasi U 90 % della produzione

italiana di energia elettrica è detenuto da gruppi pr i –

vati o che la amministrano con criteri! sostanzialmente

privatistici.

Accanto a questo elemento abbastanza noto della strut–

tura dell'industria elettrica, è necessario tenerne pre–

sente un secondo, non meno importante: sette gruppi

elettrocommercialì privati si sono praticamente suddi–

visi i l territòrio nazionale in altrettante zone, ciascuna

delle quali è riservata ad uno di essi, sia per quanto r i –

guarda io sfruttamento delle risorse Idriche,-che per la

distribuzione dell'energia. Ecco come, grosso modo, è

avvenuta la distribuzione (3):

^<**5

J

/': Piemonte e Lombardia occidentale;

^

Edison \

Lombardia, Liguria, Piemonte orientale,

Emilia occidentale, Veneto orientale;

Ì^SABE

:

Veneto, Emilia orientale, Marche;

$fLa

Centrale;

Toscana, Lazio;

m Terni ;

Umbria e zone limìtrofe;

tySME;

Italia meridionale continentale;

^Strade

Ferrate

Meridionali

: Sardegna e Sicilia.

Questa suddivisione fa si che, nel campo dell'energia

elettrica, l ' I tal ia costituisca una specie di federazione òl

stati. Essa è resa possibile da un fattore tecnico carat–

teristico del territorio italiano: la diversi tà del regime

idrologico esistente tra l ' I tal ia settentrionale e quella

centro-meridionale ed insulare; ma, a sua volta, reagi–

sce sfavorevolmente su tale fattore, esasperandone gl i

effetti a danno dell'economia nazionale.

Non è i l caso

soffermarsi qui sui particolari dì

.questa diversità di regime idrologico, per cui i l periodo

•di massima produzione -di energia elettrica corrisponde

alla fine dell'estate in Italia setteittrionale e alla fin-

1

rléll'inverno in Italia centro-meridionale (4). Giova solo

ricordare in che modo questa situazione sia ad un tem–

po sfruttata ed aggravata dall'esistenza dei

feudi

elet–

trici.

I gruppi produttori di energia, che sono anche i mo–

nopolisti locali della distribuzione, cercano infat t i di

collocare nella propria zona le intiere disponibi l i tà sta–

gionali di energia prodotta sul posto, ricorrendo ad un

complesso sistema di tariffo differenziali. Ciò rende im–

possibile — perchè non conveniente agli interessi dei

gruppi monopolistici, — un razionale ed organico scambio

di energìa tra le varie zone per sopperire alle deficienze

stagionali. Si aggrava così ulteriormente la situazione

creata dalla deficienza di impianti, mentre si crea una

differenziazione dì tariffe per zona, che costituisce un

fatto del tutto caratteristico del sistema elettrico italiano.

A ragione, quindi, è stato osservato che, noi riguardi

del problema idroelettrico, ]'"Italia si presenta come un

Paese in cui esistano due regimi agricoli complemen–

t i v.

Notizie Economiche:

n. 2 (maggio 1949), pag. 3.

(4) Uno studio documentato e compiuto in proposito si

trova sul n. 9 del 194S della

Realtà

economica.

tar i — tal i , cioè, per cui in una parte de) Paese i l rac–

colto del grano avvenga i n estate e nell 'altra parte In

Inverno — e contemporaneamente come se in ciascuna

delle due parti, funzionanti come due uni t à separate,

si segua una diversa

politica

granaria dì ammasso, dì

distribuzione e di prezzi.

G l i effetti del mo n o p o l i o

Ora, acquisito i l fatto che la questione elettrica ita–

liana

è fondamentalmente caratterizzata da una carenza

di impianti e che gl i interessi

dei possessori

di questi

impiant i sono coalizzati

in

pochi gruppi monopolistici

ben definiti, legati tra di

loro,

oltre che naturalmente

da una serie di legami finanziari,

da una politica co–

mune, quale rapporto

esiste tra l'uno e l 'altro

di que–

sti due aspetti del prob

lema?

La risposta a

questa domanda è agevole,

quando si

considerino ordinatamente

alcuni

dati elementari ab–

bastanza evidenti,

A

^ U n

primo dato è

che la

produzione di energia

idru-

f

elettrica,

cioè della quasi totalità dell'energia prodotta

in Italia, se presa

nel

suo complessa,

è una produzione

cosiddetta a costi

crescenti; è infatt} ovvio che in

un

primo tempo si sfruttano le risorse idriche più facil–

mente accessibili e solo in un secondo tempo

si

costrui–

scono impianti situati in zone di più difficile

accesso,

o che, comunque, richiedono maggiori

Investimenti a

par i tà di produzione.

y Un secondo dato, pure ovvio, è che le spese di impianto

^nel l

' indust r ia elettrica sono dì gran

lunga superiori,

specie i n confronto con quanto avviene in

al t r i settóri

industriali, alle spese di esercizio, mentre la durata

tecnica degli impiant i può raggiungere valori di

de-

k

cine di lustri ; ciò significa che, effettuati gl i investi–

menti per la costruzione degli' impiant i , n costo del–

l'energia,

in ogni singolo impianto,

tende

a valori sem–

pre più bassi per periodi di tempo

relativamente

lun–

ghi; ciò, soprattutto se nel corso di tal i periodi

si ve–

rificano diminuzioni nel valore della moneta, le quali

praticamente accelerano U proqesso di ammortamento

delle spese di impianto, sostenute in una moneta

dotata

di maggiore capaci tà di acquisto.

v un terzo dato, pure noto, ma la cuj portata pratica

non è

sempre sufficientemente valutata, è che, tra i

gruppi finanziari I tal iani ; quelli che esercitano i l mo–

nopolio ne l ^ t l o r e^ elctuocoininerc^ale sono, non

solo

i

più forti,

ma qTO f P r c n F p n ^ i

ogni

altro sono

interes–

sati, attraverso una complessa rete di legami, ad atti*

vìtà economiche estranee ; i l [uro settore: dall'agricoltura

ai trasporti, all ' industria alberghiera, alle comunicazio–

ni , alla meccanica, alla chimica, al gas, eccetera; questi

gruppi, cioè, grazie alla seconda delle caratteristiche

ecònomico-tecniche della produzione elettrica teste " r i –

cordate, ed alla loro condizione di monopolisti, hanno

potuto realizzare nel passato profitti semplicemente enor–

mi nell'industria elettrica; tal i profitti sono stati rein–

vestiti In altre at t ivi tà economiche, mentre veniva sem–

pre più a mancare, per i gruppi finanziari, la conve–

nienza ad effettuare nuovi investimenti nella produzione

di energia, dato che i l ricordato carattere crescente dei

costi di questa produzione, presa nei suo complesso,

rendeva man mano meno redditizi t a l i investimenti.

Ciò è dimostrato dal fatto che, come si disse, i l saggio