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R I N A S C I T A

3«h

hanno seguito la liberazione, sono nate riviste, rassegne,

iniziative raggruppanti intellettuali o persone animate da

particolari interessi o indirizzi culturali . I l più delle

volte si

è

trattato di "tentativi mort i per via, o disseccati,

inar idi t i ; ma che tuttavia rappresentano sforzi colle-

tivì d i gruppi culturali accomunati da un obiettivo, da

una ricerca, da un bisogno di dire, di affermare u

negare.

A Torino, nulla

di

tutto ciò; non lotta culturale, ih

nessuna direzione.

ì

in una parte degli intellettuali torinesi, uno stato

d'animo vago e oscillante, che si rifugia in astrazioni

intellettualistiche, in formule vuote — libertà, democra–

zia, ordine sociale — non storicamente e concretamente

determinate, e perciò prive d i valore di stimolo e di

guida. Questo stato d'animo facilmente conduce a su–

bire l'influenza dei ceti più ret r ivi e conservatori i n

lotta contro le forze nazionali progressive; alimenta, ad

esempio, i l « timore degli eccessi », espressione della

paura dei ceti possidenti di vedere entrare in movimento

le masse operaie e agrìcole per le loro rivendicazioni;

e, in generale, si presta a fornire una base ideologica

alle oscillanti e inconcludenti così dette «terze forze».

Agisce forse in questo senso su gl i intellettuali torinesi

anche uno dei dati caratteristici della ci t tà; Ja configu–

razione sociale di netta contrapposizione delle due classi

fondamentali, oggi ancora sottolineata dal l ' acut izzarsì

delia lotta dì classe, e che mette avanti, i n tutta la sua

efficienza, la forza organizzata della classe operaia e

ia sua straordinaria potenzial i tà di rinnovamento eco–

nomico e sociale; producendo i n mol t i intellettuali una

specie di timor panico, da non intendersi nel senso

h

di debolezza e pavidi tà morale, ma di erroneo timore di

una sopraffazione che annienti la possibilità di un pen–

siero autonomo e indipendente, e minacci la distru–

zione di valori universali e culturali ancora validi e

attuali.

Da questo orientamento di una parte degli intellet–

tuali torinesi i l gruppo dominante trae le sue ultime

risorse per la difesa della propria egemonia nel campo

ideologico e culturale.

Ma in altra parte di questo mondo della cultura tori–

nese si manifesta invece un senso di scontento, di ama–

ra insoddisfazione; e anche dì preoccupazione, che na–

sce dalia coscienza di essere risospìnt i all'indietro in

posizione servile e subalterna, d i subordinati all'estero

e mortificati dall'oscurantismo risorgente con forme

baldanzose e fanatiche.

Questo amaro e talvolta iroso scontento — che indub–

biamente è segno dì lavorio e trasformazione della co–

scienza r-r in generale, però, non si esprime, non parla

pubblicamente, non chiama a raccolta ì giovani; i quali

nell'incerto clima spirituale in cui vengono a "trovarsi

sono portati ad abbandonarsi a forme morbose di indif–

ferenza morale, di misticismo, di sensualismo, di dege–

nerazione fisica e psichica. Questo scontento, che è una

posizione polemica, d i negazione, non riesce, cioè, a

creare una corrente di cultura capace di sollecitare a

un pensiero definito, a un ' at t ivi tà che animi e muova.

Le stesse grandi correnti tradizionali non escono da

questa inerzia: nè quella del cattolicesimo, che pare

adattarsi al ruolo di « grande ipocrisia sociale »; nè

quella dei liberalismo, ristretta a pochi intellettuali che

si direbbero tacitamente disposti a capitolare di fronte

al cattolicesimo. Per cui Torino, a

una osservazione

d'insieme, appare caduta i n un relativo isolamento e

impoverimento culturale, che l a pone

in

posizione -di

inferiori tà rispetto ad altre città.

Concorrono a creare questa situazione forse anche

elementi oggettivi, quali gl i effetti dei

notevoli

danni

bellici,

che hanno

prodotto a Torino la totale

distru–

zione dei

maggiori

teatri, degli

edifici universitari,

del

Politecnico e

di al t r i

importanti

,

ce

ntri cul tural i ; e la

costante azione

governativa non

favorevole,

anzi

oppo–

sta, al superamento di queste difficoltà.

L

'elemento

de–

cisivo, però, di caratterizzazione

della vita

culturale

di

Torino non va

ricercato

In questi

ostacoli obiettivi; ma

nella

disgregazione

e inerzia del

mondo della cultura

torinese.

Come spiegare questa

inerzia?

Molti

degli

intellettuali dispersi e inquieti sentono

farsi strada nella propria coscienza

i l

dubbio

che

la

vecchia struttura in cui

si vive

non

riesca

più a

dare

soddisfazione alle nuove

esigenze,

non

apra orizzonti e

prospettive, sia diventata un

intralcio, un impedimento

allo sviluppo ulteriore della vita e dello spirito. Ma da

un tale dubbio erroneamente deducendo l ' inut i l i tà e

vani tà di ogni sforzo, di

ogni iniziativa o ricerca

di

strade ed esperienze nuove, finiscono con l'accettare

i l caos, la « cappa di piombo » e cadono nella

passi–

vità.

E l

' inerzia che

ne

deriva lascia, fra l 'altro, libero

i l passo alla penetrazione dell'americanismo

e

dell

'oscu–

rantismo clericale senza reazione degli intellettuali, di

coloro che dovrebbero essere ì più gelosi custodi delia

tradizione culturale nazionale.

Certo, non è cosa facile

per

degli intellettuali che

vivono e operano dispersi e disgregati, cercare strade

nuove. Ciò richiede non soltanto

esame

e giudizio della

real tà

concreta

che vive intorno, avendo presente

— per

usare le parole

di

Gramsci*

«

i l

processo dì sviluppo

della cultura,

i

problemi nat i

in

questo processo, per

cri t icarl i , dimostrarne i l valore

reale (se

ancora lo

hanno), o i l significato che

hanno

avuto come anelli

superati dì una catena, e fissare i problemi nuovi attuali,

o l

'impostazione attuale dei ve;cchi ' problemi »; mia

richiede anche fiducia nelle proprie

forze

intellettuali

e morali , coscienza di responsabi l i tà che impegni a

fondo; e fede, ossìa fermezza

j

che faccia gl i uomini

capaci

non

soltanto

di

giudicare, ma d i trasformare la

real tà.

Qualcosa di tutto questo, anche sotto l'apparente iner–

zia, va sicuramente maturando nella coscienza dei

migl ior i fra gl i uomini della cultura torinese: attraverso

un lavorio

profondo e duro, fatto

non soltanto di medi–

tazioni singole, ma di incontri , discorsi, critiche e auto–

critiche,

resistenze e rotture; e che già dà luogo

a

pr imi

aggruppamenti e

a prime manifestazioni aperte e

con–

crete.

Così: dinnanzi ai

ripetuti atti di intolleranza

e

di arbi–

trio del ministro degli Interni

produsse un rapido

coagularsi di

sdegno

e di protesta fra gl i intellettuali

di

Torino, espressi

apertamente nella lettera pubblica

firmata

da trentacinque esponenti della cultura e indi–

rizzata al Presidente dèl ia Repubblica; lettera che suonò

come un allarme, ed ebbe un indubbio valore di richia–

mo alla lotta contro l'oscurantismo e le sue derivazioni

di oppressióne è tirannia. E in occasione della grande

battaglia condotta dall'opposizione democratica parla-