Table of Contents Table of Contents
Previous Page  31 / 52 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 31 / 52 Next Page
Page Background

R I N A S C I T A

canieo, l'artigiano, l'operaio qualificato, E i l flus–

so dei laureati ha già cominciato a impantanarsi

in una immensa palude di gente sommersa dalla

crisi economica e sociale.

Ripeto quanto ho già detto altre volte: ridu–

ciamo la scuola classica se vogliamo che essa esi–

sta veramente e dia i suoi frutti migliori : e ri–

duciamo e concentriamo anche, per i suoi

ffflÀ

umanistici; lo

studio del latino. Perchè non bi–

sogna esagerare i l magico potere del latino sulle

capacità espressive dell'uomo colto. I l latino,

quello che si dovrebbe imparare nella scuola, non

è più una lingua viva. I l latino vivo è quello che

parliamo noi oggi. tèe dopo lungo studio, vogliamo

adoperare i l latino di un tempo, quello morto, ci

toccherà ripensare in esso i nostri pensieri e ri–

cordare frasi antiche ripescate nei libri degli an–

tichi ; e i l nostro pensiero se è vivo e originale

ha bisogno di nna lingua viva e parlata. Si dice:

i l latino si studia non per parlarlo, ma per im–

parare a scriver bene l'italiano. Da gran tempo

s i sente dire cos ì : e non a torto. Ohi ha studiato

il latino può avere imparato a dare iL maggior

peso alle parole, a conoscerne i l significato più

giusto, a collocarle più acconciamente nel perio–

do; perchè anche questa del mettere insieme le

parole è un'arte sapiente e raffinata, come quella

del sapere esporre gli oggetti nella vetrina in mo–

do che possiamo godere nel contemplarli e nelTap-

.

prezzarli tutti, uno ad uno. Ho detto « può avere

imparato », se le qualità naturali lo assistano.

Perchè ci sono vecchi ed esperti studiosi del la–

tino che scrivono prolissi, impacciati, vuoti; men–

tre c'è chi, pur non sapendo una parola di latino,

sa dire frasi semplici, chiare, penetranti, ricche

di senso, di quelle che una volta udite non si di–

menticano. E non bisognerebbe fare del latino

uno strumento di apertura per tutte le Facoltà

universitarie : che anche qui i l motivo comune ha

soverchiato i l senso comune. Da un pezzo i periti

industriali si agitano per avere un accesso, come

un tempo avevano, alle Facoltà d'ingegneria. Mol–

ti, quasi tutti, nel mondo scolastico erano e sono

contro di loro, per una prevenzione irriflessiva,

per la difesa di uno di quei privilegi che sembrano

logici è naturali e perciò intangibili solo perchè

non sono stati toccati da un semplice e chiaro ra–

gionamento. Questo : che all'insegnamento supe–

riore debbono poter accedere quanti ne siano più

degni, non quanti provengano dalle sedi ritenute

più degne; e che bisogna badare all'individuo che

entra e non al luogo da cui proviene. Dei periti

industriali, del resto, i l luogo di provenienza è

quanto mai nobile e fecondo di ottimi fratti. I l

contatto con gli strumenti di lavoro, la convi-

,

venza con la macchina, i l senso quasi immediato

di realtà e di utilità non impediscono ai più va–

lenti di salire più in su e di aggiungere ai dati

della esperienza lavoratrice quelli della osserva–

zione e della speculazione scientifica. HQ già detto

più volte che bisogna non spalancare, ma socchiu–

dere le porte degli Istituti superiori per lasciar

passare solo quelli che saranno i dirigenti e i fat–

tori principali della vita economica e spirituale

della nazione. Le -Facoltà d'ingegnerìa non avran–

no a soffrire di questi ospiti che tornano a battere

alle loro porte non perchè entrino in folla, ma

perchè vogliono meritarne l'ingresso. E l'ingresso

sia accordato ai meritevoli, anche senza i l titolo

di promozione in latino. I l latino ha un gran po–

sto nella storia delle civiltà e nella educazione del-

381

lo spirito; ma non è ingrediente che si debba som–

ministrare per forza e in fretta; e bisogna aspet–

tare ancora un poco per farlo entrale, se deve en–

trare, nel circolo della cultura scolastica nazio–

nale. Per tante cose dovremo attendere. Ora i l po–

polo italiano ha una inesorabile necessi tà: quella

di portare al massimo grado di efficienza le sue

materie prime : i l lavoro e la intelligenza della sua

gente. E se ci sarà qualche ingegnere che tra le

altre cose non abbia da dimenticare anche i l la–

tino, non sarà, almeno per oggi, grave danno.

Insieme con la scuola classica riduciamo e ar–

ricchiamo anche i centri universitari di cultura

umanistica e di sperimentazione scientifica, se vo–

gliamo che scienza e cultura tornino a onore e

profitto del nostro paese. Settant'anni addietro

Francesco De

i

&anctis proponeva non di aggiun–

gere —' come sospettava l'on. Gonella — ma di

sostituire Facol tà ispecializzate alle Università.

E di questo proposito rimango convintissimo so–

stenitore. Da un pezzo le Università sono dive–

nute luogo di troppo facile goliardia

0

di bivac–

chi giornalieri per sciami giovanili di maschi e

di femmine la cui massima preoccupazione è l'esa–

me da superare mercè gli agili strumenti degli

appunti

0

delle dispense. Novissimo tempio di

Giano dove sono i cambiavalute e i mercanti della

scienza. E invece no. Le Università devono esser*?

centri di studio e di attrazione studiosa, a cui

bisognerà recarsi da vicino e da lontano, quando

non siano di ostacolo le lontananze a chi porta

con sè le offerte dell'intelligenza e la curiosità del

sapere. Centri di attrazione per i migliori che de–

vono insegnare e per i migliori che devono impa–

rare; dove la libertà della ricerca non sia isola–

mento della ricerca, ma sia apporto di scienza a

scienza, collaborazione e integrazione di risultati

più vasti e comprensivi. Sótto i portici dell'Uni

versila non risuona ancora, come dovrebbe, i l gas–

so del figlio dell'operaio e del contadino, della gen

te abituata alla dura fatica e a sentire i l lavoro

come unico sostegno e unica ragione della vita.

La. Costituzione vorrebbe farceli sentire quei pas–

s i ; ma sappiamo che laddove le braccia si mettono

in riposo perchè il cervello lavori, là entra e si

inasprisce la fame. E occorre denaro perchè que–

sto non avvenga; denaro pubblico perchè si tratta

di un pubblico bene, denaro impiegato a usura

per i l fratto che renderà. Cultura per tutti — si

annunzia — su una scala i cui gradini si offrono

a tutti, secondo là facoltà di ascesa che è in cia–

scuno.

Gli alti gradi della cultura ai più capaci.

Sembrano soltanto assennate parole, queste qui;

e sono invece tremende parole, che suppongono

non una breccia legislativa, ma una rivoluzione.

Dice l'on. ministro, dice padre Gemelli : biso–

gna aver pazienza ; il Tesoro è quello che è, e non

è facile aumentarne le entrate con un colpo di

miracolosa bacchetta-. Di anno in anno cresce l'as–

segnazione; quest'anno abbiamo un aumento di

più che trentuno miliardi: a. poco a poco saliremo

a sommo più alte. Ma — chiediamo noi — per

dare corpo ai fantasmi della Costituzione, per

dare corpo a quel comma terzo dell'art. 34 Tono–

revole Gonella troverà la somma occorrente? E

sosterrà questo eroico duello con quell'altro atle–

ta, l'on. Pella, per un trofeo di almeno cento mi–

liardi? Certamente, no. I governanti della Demo–

crazia cristiana non conoscono le chiavi che apra–

no la cassaforte dei ricchi. Perchè anche nel no–

stro paese ci sono dei ricchi : bravi quanto si vuo-