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ri

R I N A S C I T A

le, disgraziati quanto si vuole: ma ci sono e non

sono pochi, E bisognerebbe proprio ricercarle e

maneggiarle quelle chiavi non bene adatte a mani

democristiane nè a quelle dei sommi sacerdoti del

liberalismo economico. Ci sarebbe l'America coi

suoi aiuti prodigiosi e generosi: ma essi non co–

noscono la strada che conduce alla scuola del po

polo: preferiscono, se mai, quella delle caserme

cui attende lo spirito guerriero del lierissimo re–

pubblicano Pacciardi.

Tuttavia della insufficienza del bilancio della

istruzione non è davvero unico

,

responsabile il go–

verno democristiano: la cui colpa impallidisce di

fronte a quella dei lodatissimi governi dei tempi

doridi iu cui il bilancio dello Stato non aveva di–

savanzi ed era tornata l'età dell'oro. Quelli erano

vecchi finanzieri sapienti, che sapevano mantenere

il pareggio o sanare rapidamente i l disavanzo, la–

sciando i l ricco padrone delle sue ricchezze e il

povero padrone della sua miseria. Poi venne i l

fascismo: quello mussoliniano, per intenderci. E

qualcosa fece certamente, perchè aveva in sè i l

bacillo socialisti!, innocentissimo bacillo, di cui

si

serviva non solo per fare da spauracchio ai suoi

finanziatori, ma perchè potesse vantare una ori–

gine plebea. Dure vicende sono passate di mezzo:

due guerre, spaventose. 'E intanto il mondo si è

diviso: est e ovest. Nell'est è avvenuto un mu–

tamento : e si sono moltiplicate le scuole e i labo–

ratori scientifici e gli organi della pubblica assi–

stenza. E ' la vasta zona della barbarie. Dall'al–

tra parte è l'ovest, la plaga delia civiltà, dove fu

tenuta a battesimo la bomba atomica, dove la clas–

se dirigente è rimasta intatta e non ha subito altro

mutamento che quello della vecchiaia.

Ma nonostante la deficienza dei mezzi finanziari

una forza onnipossente provvederà a sollevare le

sorti della scuola e della cultura italiana : questa

l'orza sarà lo « spirito cristiano », siccome affer–

mava in Senato i l 21 ottobre 1948 il prof. Samek

Lodovici il quale fra gli applausi della Destra e

del Centro gridava che u i l popolo italiano è stan–

co della scuola laica ». I l popolo italiano, di me–

ravigliosa pazienza e noncuranza, nella sua parte

degna di rispetto, dà in verità qualche segno di

stanchezza. Comincia a stancarsi, non propria–

mente della scuola laica, ma della ipocrisia, della

menzogna, del fariseismo; di codesta insaziabile

umiltà cristiana che, additando il regno dei cieli,

si nutre di tutti i succhi della terra, e in nome

della fede cerca non la fraternità ma la sudditan–

za di chi lavora e di chi soffre. Questo spirito cri–

stiano si fa operosissimo nella scuola : specie in

quella universitaria su cui opera non come sti–

molo di perfezionamento morale •—* come potrebbe

apparire a qualche candidissimo ingenuo -

—, non

come esigenza interiore di elevazione e di purifi–

cazione, ma come istinto di conservazione sociale.

Costoro, professori e scolari, che ci maledicono

quali materialisti, non si accorgono che sono pri–

gionieri della materia e che soltanto l'avanzarsi

del comunismo ha loro condito di cristianesimo

questo spirito che è soltanto fascista nel più mae–

stoso significato di questa troppo abusata parola.

Ingannarsi non giova : e possiamo convenirne tut–

ti serenamente. I l fascismo è in piedi, come mai

prima con tanta imponenza e sincerità: nell'eser–

cito, nella magistratura, nell'Università. In una

intervista concessa nel 1944 e largamente ripro–

dotta nei giornali svizzeri, Benedetto Croce de–

finiva il fascismo nè più nè meno che ce una pa–

rentesi nella storia italiana... una forma este–

riore, un modo dì vivere e un insieme d'idee che

non potevano mutare i processi di pensiero della

Nazione

»,

Non è facile comprendere come una

«forma esteriore» abbia potuto portare l 'Ital ia

politica, economica, intellettuale alla rovina delle

sue vecchie fortune, gettandola nell'onta della do¬

minazione straniera: in che modo un paese di

secolari

tradizioni abbia potuto in una parentesi di

vent'anni sommergere tutto se stesso iu una

for–

ma

esteriore

per riemergere solo nell'ora della

perdizione. Non si tratta di forma esteriore, ma

di sostanza interiore. Tanto è vero che oggi i li–

berali di Benedetto Croce domandano insistente–

mente da quattro anni quello che i l fascismo delle

camice

nere

chiedeva nel 1920 22: il bando ai

co–

munisti, lo schiacciamento delle organizzazioni

proletarie e il patronato delle armi straniere per

la sicurezza dei profìtti interni ed esterni. E la

borghesia capitalistica, impiegatizia, militaresca,

bottegaia che diede allora il randello, il pugnale

e

la impunità, che

dette

i propri denari e i propri

figli alle squadre fasciste di azione e volle accanto

a sè in questa opera infame lo scettro del

re

e i pa–

ramenti del sacerdote, ora si contenta di questi

ultimi perchè confida ne sia più solido e conso–

lante i l potere. Dico questo per notare la vanità

di quella fiducia, non di quei paramenti dei quali

ho sempre riconosciuto i l posto che essi occupano

nella storia della umanità dove è un vescovo di

Milano come Sant'Ambrogio, un filosofo come San–

t'Agostino, un dottore come San Tommaso, un

papa... Ma i papi è meglio lasciarli da parte.

CONCETTO MARCHESI

Le tradizioni democratiche

della Toscana

Diceva i l padre Spotorno, nei 1829, polemizzando nel suo

Giornale

linguìstico con i l romanticismo patriottico degli

estensori dell'Indicatore

livornese:

«Qui

i l

segreto è

caduto di bocca al romantico e In noi la benda dagli

occhi... dalla nuova scuola non

possono uscire che l i -

curghì e soloni, con la l i r a al collo e Ja spada ai fian–

chi... Fuvvi già, nei tempi andati, i n qualche parte di

Europa^ questo

concorso

di scrittori, i quali, esplorando

1 supposti segreti dei popoli, discesero ad interrogare i l

cuore dei loro fratelli, ne rilevarono i l voto

segreto, e

maturarono gl i avvenimenti che ormai tut t i conoscono*

Da questa loro letteratura, che per

poco

non divenne

europea, ne sorti una tragedia che fece spandere tor–

renti di lagrime a un' intiera nazione, ma non furono

di

quelli che si spargono con tanta dolcezza sulle .ombe

d i Agamennone, o per la morte d i Ifigenia ». Difficilmente

meglio che in queste righe del barnabita genovese anti-

romantico

e

reazionario si è espressa la preoccupazione

che nei conservatori di ogni specie suscita l a funzione

progressiva del pensiero e della cultura. E i l riferimento

al ruolo avuto nella preparazione e nello svolgimento

della Rivoluzione francese dal razionalismo i l luminista

calzava assai bene con le prospettive che l a cultura mio-

va propugnata, negli anni dal '29 al '30, prima dal

Con-

i