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R I N A S C I T A

377

Nar raHva c on t empo r a n e a

V e c c h i e c a r i e

- . I

Iva nonna ed io

passammo da via de' Magazzini a via

del

Corno, nell'autunno del

'26.

Eravamo

rimasti noi due

« soli sulla faccia della terra », come lei diceva;

e via de'

Magazzini, al centro della città, aveva, con gli anni,

con–

ferito

un nuovo valore alle sue case, gli appartamenti

erano

«tati venduti

uno ad uno. Un commerciante e sua

moglie

avevano

acqnistato quello

in cui

noi abitavamo: venivano

da Torino e la casa gli serviva, stavano in

albergo

nel–

l'attesa; progettavano di cambiare piancito,

di alzare un

tramezzo per i ! bagno, fra ingresso e cucina; offersero una

buonuscita che la nonna rifiutò. Lo sfratto venne

proro–

gato di Ire mesi. Ora ci sentivamo assediati : i vecchi in–

quilini dello stabile ci avevano lasciato (e i l sarto Masi,

anarchico e ottantenne, aveva fatto in tempo a morirvi,

conciliato con Dio, di crepacuore) cedendo i l posto

ai

nuovi padroni delle mura : l'ingegnere del primo piano

dirigeva di persona l'impianto della luce, del gas, Ì lavori

di rimodernamento per i l condominio. Noi resistevamo, soli

e isolati, col nostro

lume a petrolio, i l fornello a carbone,

ricevendo

sguardi di rimprovero,

di

ironia, minacce

lungo

le scale : impedivamo,

rifiutandoci

non so come, la co–

struzio

ne di una moderna fossa biologica. E

caparbia, in

tanta

apparente

ingenuità, la nonna

ripeteva loro:

« Mio marito

fece stimare la casa, poi ci ripensarono e

non ce la

vollero più vendere. Se ora si

sono decisi,

ecco

le milleduecento lire della stima

».

« Trent'anni fa », le dicevano, « adesso costa ventimila,

lei

è stata interpellata per prima ed ha lasciato cadere

l'offerta ».

,

* Non le ho forse

pagate, ventimila, in questi trent'anni

di pigiane ? ».

« Perde la buonuscita, se si oppone allo sfratto. Con la

buonuscita troverà da

sistemarsi

altrove, lei e suo nipote »,

«St iamo bene dove st iamo»,

ella rispondeva. «Ci

sono

stata

bene più di trent

'anni, e allevato

figli e... Del resto,

non si trovano case per un fitto adeguato

alla

mia borsa.

C

on la buonuscita

potrò

pagarlo un anno, due, e

poi?

Mentre quì, più di tanto

non mi possono

aumentare. Ho

già dovuto vendere i mobili del salotto per trovarmi qual–

cosa da parte, all'occorrenza».

* Vede, lo vede? », le dicevano. «Praticamente le basta

una camera vuota con l'uso di cucina; e una camera,

mo–

desta, con l'uso di cucina,

la buonuscita

gliela garantisce

per cinque anni almeno ».

« Ma in combutta con altri,

senza

più libertà, e chissà

dovje, chissà in che strada, e con che gente. Ho abitato più

di trent'anni dove sono, mj ci sono nati e morti i fi–

glioli, c'è morto mio

marito.... ».

E sempre, come un intercalare ormai, e

come un argo–

mento tanto più decisivo quanto più puerile :

E'

da

. trent'anni che sento Palazzo Vecchio battere le

ore ».

Così resìstevamo, col nostro lume a petrolio, lo scaldino

e i l campanello a tirante che non

serviva più. Avevano

messo la placca

coi bottoni

elettrici alla porta di strada,

verniciate le porte sulle scale, le targhe di

ottone, le scale

stesse

imbiancate, sostituite le lastre del lucernario. E i l

nostro

uscio^ scortecciato

allo zoccolo,

i l cartellino

su cui

avevo

scritto a

stampatello

CASATI, la griglia

impolverata

dal tempo, erano una stonatura, un

'offesa — fino alla mat–

tina che

mi

accompagnai sfregando col carbone

sul muro

delle scale

e l'ingegnere mi sorprese. Due giorni dopo,

avvalendosi di una

disposizione del Giudice che ne con–

se

ntiva i l diritto al nuovo

proprietario,

ci entrarono in

casa i muratori,

cominciarono dal salotto per aprirvi una

vetrata. Dovemmo trasportare in camera i l divano, i l

tavolo

e le

due sedie che

ancora lo arredavano. Ed erano ormai

trascorsi

i secondi tre mesi, era un novembre di gelo,

die–

tro le imposte serrate i rintocchi di Palazzo Vecchio ave–

vano un'eco lunga, sepolcrale, i l silenzio della

strada

era

spaventoso quelle notti, e i sospiri della nonna

simdi a

Disegno di

PERICLE FAZZ I N I

una soffocata agonia: restavo desto ad ascoltarla,

ragazzo,

con l'allucinato timore che ella addormentata,

cessato i l

suo lamento, i l sonno la consegnasse alla morte.

I I

Poi fu i l

24

novembre e arrivarono gli u

scieri, ci dettero

altri

sei giorni di

tempo

e siccome la nonna si rifiutò

ancora una volta di accettare l'intimazione di sfratto,

stac–

carono una delle puntine e attaccarono i l foglio

sulla

porta, sopra i l cartellino. I muratori stavano a guardare.

Se mi permette », disse uno di loro, « credo che lei

non si renda conto della situazione e

Era un

uomo

sui quarant

'anni,

dalla

pronuncia verna–

cola, i baffi tagliati corti fido agli angoli della bocca, por–

tava i l cappello

lavorando.

«Si ritroverà col letto sulla strada, cosa spera?

•.

La nonna era poggiata di

spalle

alla finestra, volgeva

attorno lo sguardo, sulla parete abbattuta, sul piancito r i –

mosso, si teneva i l labbro inferiore tra Le gengive : «

En–

trai in questa casa poco dopo sposata . . . E' perchè sono

una vecchia

sola

con un ragazzo».

« E' perché loro sono

dalla

parte della ragione »,

disse

i l muratore. « Hanno o no

comprato? ».

« Anche mio marito voleva comprare . . .

».

«S i » ,

disse j l muratore. «Quando uno più uno

faceva

due ».

E si offerse di aiutarci, sapeva di una camera

vuota,

0

con uso di cucina »,

dove abitava

un

suo parente, in

via del Corno, tra brave

persone.

* A poco

», disse. *

Non sono venali

D

.

«Così fuori di mano», dissella nonna.

I l muratore sorrise : « Vìve qui da

tanti anni e non sa

dov'è via del Corno. Ma a due passi,

si

scende via de'

Gondi e ci siamo*.

«Ah» , esclamò la nonna, «ho capito, mi ci lasci pen–

sare ».

A

sera, e d'improvviso, rompendo i l silenzio, da

letto

I