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R I N A S C I T A

a tetto, ella mi disse : « Via del Corno non è una strada

adatta a noi . . . ». Poi aggiunse : « Non bisogna lasciarli

più soli in casa, i muratori

».

Ma non fu necessario: accertato che comunque ce ne

saremmo dovuti andare entro la settimana, i lavori ven–

nero sospesi. L'indomani volli vedere via del Corno, così

prossima e anche a me sconosciuta : era un vicolo escluso

al traffico e breve, ma popolato, rumoroso, assordante

rispetto a vìa de' Magazzini, con puzza di cavallo e bian-

clieria appesa alle finestre. C'era un orinatoio sull'angolo,

e mi sembrò che soltanto per questo vi si potesse sostare.

Finché, come i l muratore aveva previsto, i nostri mobili

si trovarono allineati sul marciapiede,

e

i l più giovane

dei due uscieri, un biondo, ci chiese di ringraziarlo per

averci fatto risparmiare le spese del facchino. « Sembra

uno stabile disabitato », commentò mentre insieme tra–

sportavamo l'armadio. Rivolto alla nonna disse anche

:

« Non siamo noi, è la legge ». La nonna gli dette la mano.

Ella aveva sperato in una nuova proroga, « se non firmia–

mo, lo sfratto non diventerà mai esecutivo » mi diceva,

intanto aveva dato la caparra in via del Corno. Ci sarem–

mo dovuti adattare noi alla strada, « giocoforza », dopo

che cercando e cercando, in quei sei giorni, non ci s'erano

offerte occasioni possibili o migliori.

Ora io tornavo con un carretto preso a nolo, e ì due

uscieri ci aiutarono a caricarvi la nostra roba. « Di più

non possiamo fare», disse i l biondo, «siamo in r i tardo»,

e

ci lasciarono, noi soli adesso nel mezzo di via de' Ma–

gazzini, col barroccino carico di tutta la nostra roba, tanta

da stare sul barroccino. La nonna teneva sotto i l braccio

!'* ingrandimento » della mamma, con la fotografia voltata

sul suo petto. Sembrava serena, troppo per esserlo vera–

mente, gl i occhi asciutti, i gesti ordinati, come se giunto

i l momento la sua angoscia

si

compisse, nemmeno la sua

voce tradiva un sentimento fuori dell'ordinario. Tirava le

corde che trattenevano le masserizie, per accertarsi che

reggesero, che non mancasse nulla.

«C'è tut to», diceva. «I due lettini, la cassa della bian–

cheria, i l tavolo, l'armadio, Ce la facciamo con un solo

viaggio. Ho fatto bene a vendere l'ottomana, nella camera

che abbiamo non ci sarebbe entrata. Le sedie le metteremo

in cima quando ci muoviamo, i l ritratto della mamma ce

l'ho io

(

bene . . . E ora ? ».

a Ora dobbiamo partire », dissi.

«Gi à» , ella continuò. «Le corde reggeranno, arrivere–

mo in pochi minuti, i soldi l i ho in tasca, la cassetta

delle pentole si, c'è . . , Ma tu ce la farai? ».

« I l càrico è calibrato, è leggero».

«E' tutta la nostra casa », ella disse. * E andiamo a

stare in una strada . . . Ricordati, buongiorno buonasera

e

basta, è gente con la quale noi non abbiamo nulla da

spartire, è la sventura che ci porta in mezzo a loro, ma

per poco, un mese al massimo. Con un mese di tempo

davanti a noi

(

troveremo di meglio, almeno in una strada

com'è stata questa nostra per tanti anni, tra gente per–

bene ».

Erano le dieci di mattina, via de' Magazzini silenziosa

e deserta, col suo spicchio di cielo-tra le case, l'aria int i–

rizziva le mani, i rari passanti ci rivolgevano uno sguardo

e procedevano, un ciclista scampanellò a ridosso del no–

stro carico.

« Non son riuscita mai a capire », disse la nonna, « per–

chè di qui passa sempre poca gente, in centro come siamo,

con l'angolo su via Condotta che è un via vai ».

« Ma perchè è una strada interna, bisogna passarci ap–

posta, non si accorcia i l cammino, con t i pare? Un po'

come vìa del Corno. Lì c'è rumore perchè ci sono gl i

stallaggi e la gente è diversa, l'hai detto tu ».

a

Già, non può essere educata copie da noi, vìve sulla

strada, fa cento mestieri, e di che genere . . . Dunque,

c'è tutto ».

«Si, c'è tut to», io dissi, «e non andiamo poi in capo

al mondo».

a Già, gi à», ella ripeteva. Guardava sù

f

le finestre, par–

lava come al ritomo dopo una lunga assenza. « Sei nato

lì, vedi ? Quella aperta, a destra verso la doccia, erano

le undici di mattina, suppergiù quest'ora . . . Le abbiamo

lasciate aperte tutte e due, le nostre finestre . . . Tutte

te altre sono chiuse, per forza», rispose a se stessa, «fa

già freddo. Non mi ero accorta che avessero messo te

tendine. E' più buio nelle stanze, di questa stagione, con

le tendine abbassate. La tua mamma non lo voleva capire.

• Le tiene forse i l Masi? », le dicevo, « col lavoro che fa,

d'inverno dovrebbe accendere i l lume alte due . . . ».

• Ti devi decidere », le dissi. Avevo impugnato le due

stanghe e spinto avanti i l carretto, era leggero a portarsi,

come mi aspettavo. La nonna teneva i l ritratto contro il

petto, mi camminava di fianco, non si voltò più, accelerò

il passo invece, fu a ,metà del carretto, appoggiò la mano

a tutelarci i l carico. Così uscimmo, dalla nostra strada

incontro alla nuova, giù, discesa di via de* Gondi, per–

correndo i l breve tratto di Piazza della Signoria, rasente

le case.

I l i

Ancora pochi minuti prima avevo riflettuto che via de'

Gondi era in discesa, che non sarei stato capace di trat–

tenere i l carico da solo e che mi sarebbe convenuto, pure

allungando i l cammino, di passare dietro Badia, per via

del Proconsolo e Piazza Sanfirenze ; poi, l'atteggiamento

della nonna, turbato dalle sue parole (era stata una deci–

sione impulsiva) mi aveva distratto. E fu come se vìa

de' Gondi mi apparisse davanti all'improvviso, appena

voltato l'angolo, inattesa.

Subito, i l carico mi prese la mano, le stanghe mi spez–

zavano i polsi, slittai, ma riuscii a tenermi forte alle stan–

ghe, i l corpo piegato sulla catenella che le congiungeva,

quindi fu un volo, assurdo e nondimeno rispondente a

una legge fisica qualsiasi : i l carico mi trascinava e io

sapevo mantenerlo diritto, in corsa, in equilibrio, al punto

da inclinarlo per planare, non. c'è altra parola, su via

dei Leoni, miracolosamente libera di passanti di auto di

tram, fino a tentare ancora, raggiunto i l piano, la voltata

di via del Corno. Qui la ruota sinistra andò ad incastrarsi

itra piedistallo e bandone del monumentino, lo divelse, i l

carico si rovesciò, le corde cedettero, e la nostra miseria

si sciolse sul lastricato. La gente di via del Corno accorse,

mi rialzò ei mi sostenne, i l maniscalco fu pronto col suo

secchio d'acqua, una donna si fece largo sventolando un

asciugamano, prima che arrivasse la nonna e mi si acca–

sciasse a lato. Qualcuno pensò di raccogliere le sedie, ora

che ci servivano ad entrambi, già l'incidente suscitava

l'allegria. Incolume ma stordito, tardavo a rendermi conto

de] gran movimento.

« H ragazzo sbucciature, e la vecchia meglio di prima »,

gridò una voce verso l'alto.

«Sono i nuovi inquilini del Garresi».

«Nulla di grave, hanno soltanto deragl iato».

E già i l nostro carico era di nuovo in piedi, completo

di tutte le cianfrusaglie uscite dai cassetti dell'armadio,

già la nonna spiegava che la signora della fotografia era

la sua figliola, la madre del ragazzo, già gradiva un goc–

cio di vimsanto per rimettersi dall'emozione. Una donna le

diceva :

« Dalla sua camera, l'orologio di Palazzo Vecchio le sem–

brerà di averlo sul comodino ».

VASCO P I S TOL I N I

Disegno di

UMBERTO PADELLA