

R I N A S C I T A
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À
sostegno
di questa sconfortante conclusione, lo
Jemolo reca però due argomenti che non possiamo non
trovare deboli, se non sospetti: l ' Impossibilità morale
di
andare
verso i l comunismo, a causa del suo intolle–
rabile
dogmatismo.
(«
Per
noi quel che si può
offrire i n
olocausto a una causa è l'operare, sono le azioni: i
pensieri mai; e neppure le
parole, se dovessero
tradire
i l pens i ero». «Accet tare un
dogmatismo
in cui tutto
è
imposto, ogni problema
risolto, privarci del
diritto d i
ricercare l a verità
, di poter
errare anche, ma nella
ricerca del vero, sarebbe sconsacrare la nostra uma–
ni tà »);
e la fiducia, davvero cieca (egli stesso ha rile–
vato poco prima*
*
Noti
diverremo
dunque
comunisti,
anche se questa
risoluzione
paia
chiuderci
l'ultima
speranza di poter fare qualcosa di utile, di trovare un
campo
ove agire»)
in una «sopresa
»
della storia, in
una
improvvisa palingenesi cristiana, fondata, niente–
meno,
nel
« prodigio * di un papa, « che volgesse
deci–
samente
le spalle alle vecchie classi privilegiate, a tutto
i l
passato (cominciando col licenziare anticamera no–
bile e
corpi
armati, col bandire decorazioni e tìtoli),
che
sì facesse
assertore di un .socialismo cristiano ».
•Placata la
sua ansia in questa visione, davvero
sin–
golare
per uno
storico
del suo valore,
la
cui ingenui tà
vale più
d
'ogni altra cosa a mostrarci quale
sia i l
gra–
do di sfiducia venso una soluzione razionale
che
non
sfa"
comunista, Jemolo
conclude —
come
s'è
detto
—
con
un invi to agli « uomini della ragione
»
a non per–
dersi d'animo, a
continuare
anzi a « sperare nella
loro
ora
»,
e a
consolarsi, intanto, insegnando ai giovani
a
ragionare,
come già
fecero
sotto i l fascismo. E i l quasi
involontario paragone fra quel tempo
e l
'attuale sgorga,
ancor
più spontaneo,
nel
suo candido
interrogati
vo
finale: «Perchè mai
—
egli si chiede stupito
—
dovreb–
bero abdicare oggi che possono fare molto di più? ».
L'alferndfiva de l l a cul tura i t a l i ana
Abbiamo voluto riferire con ampiezza e speriamo con
fedeltà
la
parte
esse
nziale dello
scritto di Temolo, sia
per
TimpoTtanza
documentari
a che c i sembra rivestire
e che
non deve essere ignorata dai comunisti (ai quali,
anzi,
consigliamo
l a lettura dell
'originale),
sìa
per
render
più comprensibile e giustificabile quanto ci ac–
cingiamo a dire
sui
problemi i n questione. E
un
poco
anche
per dimostrare a Vladimiro Arangio-Ruiz quanto
sìa gratuito e
poco
serio,
frutto del
suo
anticomunismo
preconcetto e
idiota, quello che egli afferma sul
Gior-
m
naie
d'Italia
del 26 agosto:
che,
del
saggio di
Jemolo,
« naturalmente
i
comunisti
(per
quella paura della
ve–
r i tà
di cui sopra)
si
guarderanno bene dal parlare e
gl i
faranno
intorno
i l più impenetrabile
si lenzio».
Vi
sono, nello schieramento dell'anticomunismo,
due
forze
chiaramente individuabili ,
distinte:
v
'è
i l blocco
dell'alta borghesia, finanziaria, industriale, fondiaria,
la
vecchia classe economicamente dirigente, che difen–
de
con tenacia
i l suo secolare
privilegio
e muove, per
questo, le schiere dei suoi ausiliari e tributari ; e v
'è
i l
mondo della vecchia cultura, la classe dirigente in–
tellettuale, che è un prodotto della pr ima e che, pur
nella
difesa comune,
s i batte
sostanzialmente per con–
servare
i
propri peculiari interessi, divenuti ormai —
come poi vedremo — un
privilegio anche
essi. Ciò spie–
ga come a volte possono esistere e siano esis
titi di
fatto dissensi o addirittura contrasti fra i due gruppi,
come quando i ceti intellettuali sono messi in difficoltà
dalla predilezione che ì ceti capitalistici hanno per for–
me di reggimento politico totalitario e oscurantista.
Cosi, nella lotta attuale, che vede rinsaldarsi l'unione
di questi due blocchi, si può oggi chiaramente indivi –
duare quale dei due faccia le spese dell'alleanza; per
quale, cioè, i l cieco anticomunismo si sia mostrato più
dannoso, sospingendo più rapidamente sulla vìa del di–
sfacimento.
Che i l blocco degli intellettuali sia alla disperazione,
ce ne reca drammatica testimonianza questo saggio
dello Jemolo, i l quale
—
GÌ
tranquillizzi TArangio-Ruiz
—
non ci interessa tanto per la «t ent az ione», cui ac–
cenna, di una resa senza condizioni al comunismo,
quanto per le confessioni che contiene e per la since–
rità — rara, invero, fra gl i intellettuali sia cattolici che
crociani — con cui è messa
a
nudo e in luce l ' int ima
crisi che travaglia la vecchia culture.
E ,
davvero, noi
comunisti, non potevamo aspettarci di più da un uomo,
come lo Jemolo, che è un
-
intellettuale onesto, ma un
rappresentante integrale e incorreggìbile d i quella
cultura.
L'importanza -de] suo scritto, quindi, non si fonda,
per noi, nella denuncia e quasi nell'annuncio di con–
tinue conversioni dì intellettuali borghesi al comuni–
smo, ma nel rumore e nelle adesioni che ha suscitato
nel superstite mondo culturale; non nelle numerose am–
missioni e concessioni alla nostra ideologia
—
insolite
da quella parte,
—
ma neila fredda
e
spregiudicata
analisi con cui si ammette l'esistenza moderna d i una
sola alternativa per gl i
«
uomini della ragione » e —
ciò che è davvero impressionante
—
d i una alternativa
i n
cui l'altro dei termini non
riesce
più ad essere in–
dividuato: o comunismo o... nessuno sa dire che cosa.
I n effetti, d i fronte al comunismo che avanza e pone
sempre più avanti le
sue
rivendicazioni e
le
sue istanze
non solo economiche, ma -d i modificazione strutturale
della cultura non meno che della società, i due citati
biacchi dell'anticomunismo non riescono- a contrap–
porre niente altro che la resistenza bruta. Ed
è
evidente
in quest'unica residua possibilità di resistere su un
piano di pura e semplice conservazione, abbiano migl ior
giuoco
i
padroni del mondo economico, che a sostegno
del proprio sistema possono almeno invocare l'apparato
burocratico e militare del loro Stato, che non g l i arbi tri
del mondo culturale, i quali, contro l'assalto della
crìtica e della real tà, non hanno rinforzi da mettere
i n linea; a meno che non vogliano ricorrere, con al–
leanza leonina, all'ausilio di quello che pur
essi
con–
vengono nel chiamare «oscurant ismo clericale». Quan–
do non si riducano a questo, se vogliono evitare di dar
vinta, la partita senza tuttavia esporsi al confronto,
non resta loro che rinchiudersi nell'atto d i fede cieco,
i n un rifiuto pregiudiziale di prender parte alla lotta,
che ha qualcosa di teologico, come ammette per esplì–
cito lo Jemolo che si fa propugnatore dì questa estrema
via di salvezza.
L'eredità l i bera l e del c omu n i smo
Questa via che lo Jemolo indica è del resto la stessa
che, in pratica e da tempo, battono i liberali atei, tipo
Panfilo Gentile, i quali, pur di non prestarsi a] « giuoco